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I nuovi mostri

di Stefano Di Ludovico - 05/09/2007

     

 

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La settimana scorsa in una fattoria del New England si sono dati convegno sei famosi scienziati, tra cui la star incontrastata della genica mondiale Craig Venter, quello che anni fa annunciò al mondo la prossima mappatura completa del genoma umano e che di recente si è vantato di aver per primo trapiantato il genoma di un batterio in un altro - praticamente la riprogrammazione artificiale di un essere vivente. Dall'amena fattoria americana il guru della manipolazione genetica afferma ora che tale riprogrammazione “non solo è possibile anche per l'uomo, ma addirittura desiderabile”. Tale espressione, a guardar bene, contiene la quintessenza della mentalità tecnocratica che domina l’Occidente: ciò che è tecnicamente possibile, è anche desiderabile. La tecnica, da semplice mezzo com’era sempre stata nelle società del passato, è diventata fine. Ed essendo diventata fine, il suo sviluppo non conosce appunto fine. E il dominio della tecnica altro non significa – come ben esemplificano le parole di Venter - che dominio della “programmazione”. Nella nostra società, infatti, che si vanta essere fondata sulla libertà, tutto è in realtà programmato: la megamacchina tecno-industriale programma i nostri bisogni, i nostri desideri, la nostra istruzione, la nostra salute e financo il nostro tempo cosiddetto libero: tutto viene programmato, pianificato, tanto che l’individuo è stato espropriato ormai di qualsiasi possibilità di filarsi la propria vita come meglio gli aggrada. Ora, come se ciò non bastasse, per Venter e i suoi amici sarebbe venuto il momento di programmare addirittura il suo stesso genoma, le sue stesse caratteristiche genetiche. Pensate che bello: tutti al supermercato ad acquistare la nuova identità genetica che una sapiente campagna di informazione scientifica e di pubblicità-progresso avrà ritenuto opportuna per ciascuno! E tutto ciò sarebbe “desiderabile”! La paranoia programmatrice di cui anche Venter ci sembra inconsapevole vittima non conosce limiti. “Chi potrebbe – afferma infatti lo scienziato – avere qualcosa contro persone con un’intelligenza geneticamente aumentata?” Già, chi? Ebbene, caro Venter, noi. Noi che non siamo ancora coglioni a tal punto da ritenere desiderabile una mostruosità del genere. Noi per cui ciò che rende affascinante la vita è proprio la sua non-programmabilità, ovvero la sua indeterminatezza, la sua imprevedibilità, il suo mistero. Il suo essere aperta, indefinita. Il suo essere enigmatica come il mondo che la circonda. Caro Venter, ciò che noi desideriamo sono il nostro mistero e il nostro enigma. Ovvero la nostra libertà.