Antidepressivi
di redazione ECplanet - 18/12/2005
Fonte: ecplanet.com
Quelli più classici sono detti "triciclici". Possono provocare secchezza della bocca, sudorazione, stanchezza, disturbi visivi, tachicardia,palpitazioni, cefalea, sonnolenza, vertigini. A dosi più elevate possono dare tremori e anche crisi convulsive, eccitazione, stati confusionali,allucinazioni, ansia, insonnia e manifestazioni psicotiche. A questi si aggiungono una serie molteplice di "disturbi" vari, riscontrati con minore frequenza, che possono andare da problemi epatici o intestinali, alla
caduta dei capelli, sino all'infarto e all'ictus. Il 29 dicembre 1987 è stato introdotto sul mercato internazionale e successivamente su quello italiano un nuovo farmaco antidepressivo: la fluoxetina, commercializzato in Italia sotto il nome di Prozac o Fluoxeren. È stato reclamizzato come il farmaco miracoloso del XX Secolo e sono comparsi molti articoli, con una ben orchestrata campagna stampa, che lo propagandavano come "la pillola della felicità".
Dopo i primi entusiasmi sono iniziate ad arrivare le segnalazioni degli effetti collaterali: estremamente allarmanti. Non si tratta infatti della comparsa di eritemi o allergie al prodotto, quanto al fatto che l'assunzione del Prozac indurrebbe a commettere suicidio, in alcuni casi all'omicidio. È evidente che la possibilità di commettere suicidio è alta nei pazienti depressi, ma è altrettanto vero che molti depressi restano tali senza mai pensare neanche lontanamente di suicidarsi. Nel febbraio del 1990 l 'American Journal of Psychiatry usciva con un articolo scientifico dal titolo "Emergence of Intense Suicidal Preoccupation During
Fluoxetine Treatmen"; in questo studio si evidenziava che l'assunzione di Prozac può indurre pensieri e tentativi suicidari anche in coloro che precedentemente non avevano tali ideazioni ed intenzioni. Questi pensieri spariscono a distanza di due o tre mesi dalla sospensione della terapia.
L'identico fenomeno veniva descritto dal Journal of the American Accademy of Child and Adolescent Psychiatry, in un articolo intitolato "Emergence
of Self Destructive Phenomena in Children and Adolescent During Fluoxetine Treatment" del marzo 1991.
La correlazione tra assunzione di Prozac e comparsa di idee suicidarie particolarmente intense e violente, così come descritta negli articoli scientifici citati, in persone che mai prima avevano avuto tali pensieri; la scomparsa di tali ideazioni dopo la sospensione del trattamento con Prozac (in un periodo di due tre mesi dalla sospensione); le affermazioni fatte dagli stessi pazienti in terapia... non lasciano adito a dubbi.
Alcuni pazienti hanno affermato, e cito ancora una volta l'American Journal of Psychiatry: "la fluoxetina (Prozac) mi aveva reso capace di commettere il suicidio con successo", "la fluoxetina è un farmaco mortale".
Da notare che le persone coinvolte nello studio scientifico citato non solo svilupparono idee di suicidio, ma in diversi casi tentarono di commetterlo con modalità tali da cercare di evitare ogni tentativo di salvarli. Alcuni acquistarono o si procurarono armi da fuoco. Altri si sono dichiarati perseguitati da idee suicidarie così intense e violente che togliersi la vita sembrava essere l'unico modo di farle cessare. Gli effetti descritti si manifesterebbero in una percentuale di pazienti che
assumono Prozac che può variare dal 1,3 al 7,5 %. Se rapportiamo questo numero alla popolazione che fa oggi uso di questo farmaco otteniamo cifre
impressionanti. Negli Usa vi sono dai 6 ai 10 milioni di persone che assumono il Prozac. In Europa e in Italia il loro numero è in costante crescita.
Nell'arco di sei ani il Prozac ha accumulato ben 26.623 casi riportati (solo negli USA) di reazioni collaterali e 1.885 casi di tentativo di suicidio, numeri superiori a qualsiasi altro prodotto in commercio da decenni. A seguito dei tentativi di suicidi e dei suicidi avvenuti negli USA vi sono attualmente 170 cause civili e penali intentate contro l'industria produttrice del Prozac, la Eli Lilly , per i decessi o per i gravi effetti collaterali provocati dalla assunzione di Prozac. Il numero
di persone colpite è tale che si sono riuniti in una associazione spontanea di consumatori denominata "Gruppo di supporto dei sopravvissuti del Prozac".
Nel rapporto annuale del 31 dicembre 1992 della Eli Lilly ai propri azionisti (item 3 parte 1), la compagnia farmaceutica afferma che non vi è motivo alcuno di preoccupazione poiché qualsiasi sia il risultato delle azioni penali nei suoi confronti "queste non provocheranno alcun pericolo che possa avere effetto sulla nostra consolidata posizione finanziaria". Oltre ai casi di suicidio vi sono anche diversi casi di suicidio-omicidio-strage. Nel settembre del 1988 J. Wesbecker, un
tranquillo lavoratore che soffriva di depressione: durante la terapia instaurata con Prozac, dopo essersi impossessato di un'arma ha ucciso otto
suoi colleghi di lavoro e ne ha feriti altri dodici, prima di togliersi egli stesso la vita.
Nel corso del 1992 le proteste dei cittadini hanno fatto sì che la FDA (Food and Drug Administration: l'ente governativo americano che controlla
i prodotti farmaceutici) accettasse di fare una seduta supplementare e di ascoltare le testimonianze delle vittime del Prozac attraverso un
consiglio di revisione composto da una dozzina di esperti. Nonostante la drammaticità dei casi e le testimonianze raccolte i membri di quella
commissione stabilirono che il Prozac era abbastanza sicuro e rinnovarono la sua autorizzazione al commercio.
Una successiva indagine ha permesso di appurare che almeno 8 di quegli esperti sono nel libro paga della Eli Lilly (l'industria che produce il Prozac), e che ricevono centinaia di milioni l'anno a testa, da quell'industria farmaceutica, per i loro "progetti di ricerca". Grazie alla legge sulla libertà di informazione che vige negli USA, il Comitato dei Cittadini per i Diritti dell'Uomo ha ottenuto recentemente dalla FDA copia integrale dei documenti relativi alla fase di ricerca sperimentale
sul Prozac. Ho potuto avere copia integrale di questa documentazione e studiarla con cura ?
Sulla base di questi documenti si evidenzia che:
a) durante la fase sperimentale condotta sul Prozac, le procedure scientifiche sono state ripetutamente violate.
b) le linee guida dei test sperimentali sono state impostate così che ogni e qualsiasi caso di ideazione suicidaria non venisse riportato, così come qualsiasi sintomo di depressione.
c) la Eli Lilly non ha rivelato, sempre durante la fase sperimentale, la comparsa di una serie di episodi di effetti psicotici (52 episodi). In questo modo gli effetti collaterali dovuti a farmaco sono risultati molto inferiori a quanto siano nella realtà.
d) la Eli Lilly ha chiesto e ottenuto che gli sperimentatori non registrassero e segnalassero molti effetti collaterali e che questi venissero ignorati e classificati come sintomi della depressione di cui gli individui sottoposti agli esperimenti soffrivano.
e) lo studio originario della FDA sul Prozac concludeva affermando che tale farmaco non era più efficace del placebo. E' stata allora introdotta
una variazione dei parametri statistici di riferimento e lo studio è stato ricontrollato, utilizzando solo quei soggetti che prendevano anche altri
antidepressivi, mostrando così l'efficacia del Prozac.
I responsabili della Eli Lilly dichiarano che questa è una mera campagna denigratoria e che il Prozac o Fluoxetina è un medicinale sicuro. Alcuni
anni or sono la Eli Lilly aveva prodotto e venduto il Des, un farmaco che provocava il cancro; nel 1985 non denunciarono la morte di quattro persone
che avevano assunto l'Oraflex, un altro loro prodotto farmaceutico. La Eli Lilly ha prodotto in passato anche il metadone, commercializzato con il
nome di Dolophine in onore di Adolf Hitler, l'elisir di eroina contro la tosse (negli anni '30) e ha condotto per anni ricerche per conto della
CIA, su come produrre industrialmente grandi quantitativi di LSD.
Sinceramente non sono in alcun modo interessato ai profitti della Eli Lilly, ma vorrei ricordare che altri farmaci sono stati banditi dal mercato per motivi molto meno gravi.
Autore: Dott. Roberto Cestari
Fonte: tratto da "L'inganno psichiatrico" e pubblicato da disinformazione.it
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04 ) SALUTE / PEDIATRIA: - Il pianto dei bambini - di: Johann Rossi Mason
Qualche idea per calmarlo
Chiunque debba affrontare il pianto di un neonato prima o poi si chiederà se non esista una formula magica per farlo smettere. Dopo aver tentato
tutto o quasi, dopo aver dato biberon, cambiato pannolino, cullato,cantato, abbracciato, il livello di sopportazione tende a diminuire in
maniera inversamente proporzionale alla durata del pianto. Per non parlare della frustrazione di un genitore che non riesce a calmare il proprio
bambino.
Si é messo a studiare possibili soluzioni il professor dell'Università della California Harvey Karp, pediatra ed autore di un libro di pediatria
che sta riscuotendo un grande successo negli Stati Uniti. A noi alcuni rimedi sono sembrati un po' datati ma Karp garantisce che siano efficaci.
Non ci rimane quindi che provare a metterli in pratica e sperare che la scienza sia più affidabile dell'istinto. Non dimentichiamo però che il
pianto è un modo del tutto normale per comunicare le sue emozioni e i suoi bisogni e quindi invece di limitarci a farlo smettere dovremmo imparare a
'decodificarlo'.
Karp sostiene che i neonati subiscano un vero e proprio 'sfratto'dall'utero materno, vissuto come caldo e sicuro e che ciò avviene quando hanno ancora bisogno di essere carezzati e contenuti dal grembo materno che attutisce anche i rumori circostanti. Il pianto quindi alcune volte è il risultato di un senso di perdita, sia del rumore costante del battito cardiaco della madre, sia degli stimoli ormonali presenti nell'utero. Gli stimoli del mondo esterno sono molto diversi ed è normale che il neonato vi reagisce in maniera intensa, come a tutto ciò che gli è estraneo.
Studi passati hanno mostrato che in media i bambini di sei settimane trascorrono a piangere circa 3 ore e mezza al giorno (certo non di seguito) a causa di difficoltà nell'accudimento da parte dei genitori,stress coniugale e depressione post partum. Per molti anni poi si è pensato che le famigerate coliche infantili fossero provocate da problemi gastrointestinali, ma ciò non è sempre vero. Sembrano invece - a detta del professor Karp - associate al temperamento del neonato, agli stimoli ambientali e all'immaturità del sistema nervoso.
Il metodo proposto dal pediatra americano sembra abbia il potere di calmare i bambini più irrequieti ricorrendo a 5 strategie:
1 - Fasciatura - Avvolgere saldamente ma senza stringere il bambino in una copertina calda, imita la sensazione di calore e protezione dell'utero
materno. Fermare i movimenti incontrollati di braccia e gambe aiuta a controllare il pianto eccessivo. Il contenimento per diverse ore al giorno
rende i neonati più calmi. Una usanza ben nota alle nostre nonne e che per alcuni versi poteva sembrare una barbara costrizione.
2 - Tenere il bambino a pancia in giù quando è sveglio. Gli esperti sostengono che in questa posizione non percepiscono la sensazione di
cadere nel vuoto. Al contrario mai tenerli sulla pancia quando dormono.
3 - All'interno dell'utero vi è un costante suono frusciante, simile ad un sibilo: è il sangue della madre che viaggia nelle arterie. Si può ricreare
un rumore simile con CD che suggeriscono rumori di ruscello o con un phon a bassa velocità.
4 - Cullare - I neonati adorano i movimenti ritmici, cullanti, come quello del passeggino o dell'automobile.
5 - Succhiare - tenere occupata la bocca con l'attività che gli è più congeniale e naturale, la suzione. Allo scopo va bene il ciuccio, il biberon o il capezzolo della madre. Si è visto che i neonati si succhiano il pollice anche durante la vita fetale e che succhiare non è un "vizio" ma una necessità vitale: i neonati che non hanno lo stimolo evolutivo della suzione rischiano di morire. Succhiare per un neonato è consolatorio, lo calma, lo rassicura.
A proposito della fasciatura, gli esperti sostengono che i neonati saldamente fasciati potrebbero piangere di più ma basta dondolarli dolcemente sostenendone la testa che si ottiene un immediato effetto calmante. I bambini infatti trovano irresistibili suoni e movimenti ripetitivi e ipnotici. Piccole strategie che vanno sperimentate dato che per un genitore nulla è più struggente (a in alcuni momenti snervante) del non riuscire a calmare il proprio bambino che piange. Parola. di mamma.
Johann Rossi Mason
E-mail: viola81@email.it
Sito personale: Comuni-CARE
http://www.comuni-care.it/
of Self Destructive Phenomena in Children and Adolescent During Fluoxetine Treatment" del marzo 1991.
La correlazione tra assunzione di Prozac e comparsa di idee suicidarie particolarmente intense e violente, così come descritta negli articoli scientifici citati, in persone che mai prima avevano avuto tali pensieri; la scomparsa di tali ideazioni dopo la sospensione del trattamento con Prozac (in un periodo di due tre mesi dalla sospensione); le affermazioni fatte dagli stessi pazienti in terapia... non lasciano adito a dubbi.
Alcuni pazienti hanno affermato, e cito ancora una volta l'American Journal of Psychiatry: "la fluoxetina (Prozac) mi aveva reso capace di commettere il suicidio con successo", "la fluoxetina è un farmaco mortale".
Da notare che le persone coinvolte nello studio scientifico citato non solo svilupparono idee di suicidio, ma in diversi casi tentarono di commetterlo con modalità tali da cercare di evitare ogni tentativo di salvarli. Alcuni acquistarono o si procurarono armi da fuoco. Altri si sono dichiarati perseguitati da idee suicidarie così intense e violente che togliersi la vita sembrava essere l'unico modo di farle cessare. Gli effetti descritti si manifesterebbero in una percentuale di pazienti che
assumono Prozac che può variare dal 1,3 al 7,5 %. Se rapportiamo questo numero alla popolazione che fa oggi uso di questo farmaco otteniamo cifre
impressionanti. Negli Usa vi sono dai 6 ai 10 milioni di persone che assumono il Prozac. In Europa e in Italia il loro numero è in costante crescita.
Nell'arco di sei ani il Prozac ha accumulato ben 26.623 casi riportati (solo negli USA) di reazioni collaterali e 1.885 casi di tentativo di suicidio, numeri superiori a qualsiasi altro prodotto in commercio da decenni. A seguito dei tentativi di suicidi e dei suicidi avvenuti negli USA vi sono attualmente 170 cause civili e penali intentate contro l'industria produttrice del Prozac, la Eli Lilly , per i decessi o per i gravi effetti collaterali provocati dalla assunzione di Prozac. Il numero
di persone colpite è tale che si sono riuniti in una associazione spontanea di consumatori denominata "Gruppo di supporto dei sopravvissuti del Prozac".
Nel rapporto annuale del 31 dicembre 1992 della Eli Lilly ai propri azionisti (item 3 parte 1), la compagnia farmaceutica afferma che non vi è motivo alcuno di preoccupazione poiché qualsiasi sia il risultato delle azioni penali nei suoi confronti "queste non provocheranno alcun pericolo che possa avere effetto sulla nostra consolidata posizione finanziaria". Oltre ai casi di suicidio vi sono anche diversi casi di suicidio-omicidio-strage. Nel settembre del 1988 J. Wesbecker, un
tranquillo lavoratore che soffriva di depressione: durante la terapia instaurata con Prozac, dopo essersi impossessato di un'arma ha ucciso otto
suoi colleghi di lavoro e ne ha feriti altri dodici, prima di togliersi egli stesso la vita.
Nel corso del 1992 le proteste dei cittadini hanno fatto sì che la FDA (Food and Drug Administration: l'ente governativo americano che controlla
i prodotti farmaceutici) accettasse di fare una seduta supplementare e di ascoltare le testimonianze delle vittime del Prozac attraverso un
consiglio di revisione composto da una dozzina di esperti. Nonostante la drammaticità dei casi e le testimonianze raccolte i membri di quella
commissione stabilirono che il Prozac era abbastanza sicuro e rinnovarono la sua autorizzazione al commercio.
Una successiva indagine ha permesso di appurare che almeno 8 di quegli esperti sono nel libro paga della Eli Lilly (l'industria che produce il Prozac), e che ricevono centinaia di milioni l'anno a testa, da quell'industria farmaceutica, per i loro "progetti di ricerca". Grazie alla legge sulla libertà di informazione che vige negli USA, il Comitato dei Cittadini per i Diritti dell'Uomo ha ottenuto recentemente dalla FDA copia integrale dei documenti relativi alla fase di ricerca sperimentale
sul Prozac. Ho potuto avere copia integrale di questa documentazione e studiarla con cura ?
Sulla base di questi documenti si evidenzia che:
a) durante la fase sperimentale condotta sul Prozac, le procedure scientifiche sono state ripetutamente violate.
b) le linee guida dei test sperimentali sono state impostate così che ogni e qualsiasi caso di ideazione suicidaria non venisse riportato, così come qualsiasi sintomo di depressione.
c) la Eli Lilly non ha rivelato, sempre durante la fase sperimentale, la comparsa di una serie di episodi di effetti psicotici (52 episodi). In questo modo gli effetti collaterali dovuti a farmaco sono risultati molto inferiori a quanto siano nella realtà.
d) la Eli Lilly ha chiesto e ottenuto che gli sperimentatori non registrassero e segnalassero molti effetti collaterali e che questi venissero ignorati e classificati come sintomi della depressione di cui gli individui sottoposti agli esperimenti soffrivano.
e) lo studio originario della FDA sul Prozac concludeva affermando che tale farmaco non era più efficace del placebo. E' stata allora introdotta
una variazione dei parametri statistici di riferimento e lo studio è stato ricontrollato, utilizzando solo quei soggetti che prendevano anche altri
antidepressivi, mostrando così l'efficacia del Prozac.
I responsabili della Eli Lilly dichiarano che questa è una mera campagna denigratoria e che il Prozac o Fluoxetina è un medicinale sicuro. Alcuni
anni or sono la Eli Lilly aveva prodotto e venduto il Des, un farmaco che provocava il cancro; nel 1985 non denunciarono la morte di quattro persone
che avevano assunto l'Oraflex, un altro loro prodotto farmaceutico. La Eli Lilly ha prodotto in passato anche il metadone, commercializzato con il
nome di Dolophine in onore di Adolf Hitler, l'elisir di eroina contro la tosse (negli anni '30) e ha condotto per anni ricerche per conto della
CIA, su come produrre industrialmente grandi quantitativi di LSD.
Sinceramente non sono in alcun modo interessato ai profitti della Eli Lilly, ma vorrei ricordare che altri farmaci sono stati banditi dal mercato per motivi molto meno gravi.
Autore: Dott. Roberto Cestari
Fonte: tratto da "L'inganno psichiatrico" e pubblicato da disinformazione.it
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04 ) SALUTE / PEDIATRIA: - Il pianto dei bambini - di: Johann Rossi Mason
Qualche idea per calmarlo
Chiunque debba affrontare il pianto di un neonato prima o poi si chiederà se non esista una formula magica per farlo smettere. Dopo aver tentato
tutto o quasi, dopo aver dato biberon, cambiato pannolino, cullato,cantato, abbracciato, il livello di sopportazione tende a diminuire in
maniera inversamente proporzionale alla durata del pianto. Per non parlare della frustrazione di un genitore che non riesce a calmare il proprio
bambino.
Si é messo a studiare possibili soluzioni il professor dell'Università della California Harvey Karp, pediatra ed autore di un libro di pediatria
che sta riscuotendo un grande successo negli Stati Uniti. A noi alcuni rimedi sono sembrati un po' datati ma Karp garantisce che siano efficaci.
Non ci rimane quindi che provare a metterli in pratica e sperare che la scienza sia più affidabile dell'istinto. Non dimentichiamo però che il
pianto è un modo del tutto normale per comunicare le sue emozioni e i suoi bisogni e quindi invece di limitarci a farlo smettere dovremmo imparare a
'decodificarlo'.
Karp sostiene che i neonati subiscano un vero e proprio 'sfratto'dall'utero materno, vissuto come caldo e sicuro e che ciò avviene quando hanno ancora bisogno di essere carezzati e contenuti dal grembo materno che attutisce anche i rumori circostanti. Il pianto quindi alcune volte è il risultato di un senso di perdita, sia del rumore costante del battito cardiaco della madre, sia degli stimoli ormonali presenti nell'utero. Gli stimoli del mondo esterno sono molto diversi ed è normale che il neonato vi reagisce in maniera intensa, come a tutto ciò che gli è estraneo.
Studi passati hanno mostrato che in media i bambini di sei settimane trascorrono a piangere circa 3 ore e mezza al giorno (certo non di seguito) a causa di difficoltà nell'accudimento da parte dei genitori,stress coniugale e depressione post partum. Per molti anni poi si è pensato che le famigerate coliche infantili fossero provocate da problemi gastrointestinali, ma ciò non è sempre vero. Sembrano invece - a detta del professor Karp - associate al temperamento del neonato, agli stimoli ambientali e all'immaturità del sistema nervoso.
Il metodo proposto dal pediatra americano sembra abbia il potere di calmare i bambini più irrequieti ricorrendo a 5 strategie:
1 - Fasciatura - Avvolgere saldamente ma senza stringere il bambino in una copertina calda, imita la sensazione di calore e protezione dell'utero
materno. Fermare i movimenti incontrollati di braccia e gambe aiuta a controllare il pianto eccessivo. Il contenimento per diverse ore al giorno
rende i neonati più calmi. Una usanza ben nota alle nostre nonne e che per alcuni versi poteva sembrare una barbara costrizione.
2 - Tenere il bambino a pancia in giù quando è sveglio. Gli esperti sostengono che in questa posizione non percepiscono la sensazione di
cadere nel vuoto. Al contrario mai tenerli sulla pancia quando dormono.
3 - All'interno dell'utero vi è un costante suono frusciante, simile ad un sibilo: è il sangue della madre che viaggia nelle arterie. Si può ricreare
un rumore simile con CD che suggeriscono rumori di ruscello o con un phon a bassa velocità.
4 - Cullare - I neonati adorano i movimenti ritmici, cullanti, come quello del passeggino o dell'automobile.
5 - Succhiare - tenere occupata la bocca con l'attività che gli è più congeniale e naturale, la suzione. Allo scopo va bene il ciuccio, il biberon o il capezzolo della madre. Si è visto che i neonati si succhiano il pollice anche durante la vita fetale e che succhiare non è un "vizio" ma una necessità vitale: i neonati che non hanno lo stimolo evolutivo della suzione rischiano di morire. Succhiare per un neonato è consolatorio, lo calma, lo rassicura.
A proposito della fasciatura, gli esperti sostengono che i neonati saldamente fasciati potrebbero piangere di più ma basta dondolarli dolcemente sostenendone la testa che si ottiene un immediato effetto calmante. I bambini infatti trovano irresistibili suoni e movimenti ripetitivi e ipnotici. Piccole strategie che vanno sperimentate dato che per un genitore nulla è più struggente (a in alcuni momenti snervante) del non riuscire a calmare il proprio bambino che piange. Parola. di mamma.
Johann Rossi Mason
E-mail: viola81@email.it
Sito personale: Comuni-CARE
http://www.comuni-care.it/
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07 ) SALUTE / NEUROLOGIA: - Allarme depressione - redazione ECplanet
In Italia sono almeno 800 mila i giovani depressi: manifestano intenzioni di suicidio e soffrono di disturbi della personalità, di tipo ansioso o maniaco-depressivo. E il fenomeno sembra essere in aumento.
A lanciare l'allarme è l'Associazione dei docenti cattolici, preoccupata per gli effetti che le pressioni sociali o i problemi familiari possono provocare sui ragazzi. "Gli ultimi dati forniti dagli istituti di psichiatria - spiega il professor Alberto Giannino, presidente dell'Associazione - indicano un forte aumento della depressione fra i
giovani: l'8% dei giovani soffre di nevrosi d'ansia e il 5% di depressioni gravemente limitanti. Inoltre, per sette ragazzi su cento, che hanno oggi fra i 18 e i 24 anni, la malattia è cominciata prima della maggiore età".
Lo stress da competizione, i ritmi di crescita accelerati, la solitudine, gli ambienti relazionali più complessi, le minori occasioni di gioco (gli psicofarmaci, ndr): sono tutti sintomi che intaccano la vita quotidiana dei bambini e degli adolescenti e che, secondo i docenti, finiscono per avere pesanti ripercussioni sulla loro salute mentale.
"Questa sofferenza - commenta Giannino - non sempre è colta dalla famiglia, anzi ci risulta che spesso venga nascosta e non curata per vergogna o pregiudizio. Anche per questo probabilmente sono ancora pochi i casi che vengono diagnosticati in modo corretto e ancora meno quelli trattati correttamente. Dal manifestarsi dell'ansia alla cura del giovane sofferente passa molto, troppo tempo. In media da nove mesi a cinque anni, con un 30% di pazienti che non riceve cure adeguate e un 40% che non assume alcuna terapia". E ciò non fa che aggravare la malattia.
"Uno dei motivi per cui non si riconosce la depressione - precisa il professor Mario Di Pietro, psicoterapeuta e autore di numerose ricerche sulla prevenzione del disagio giovanile - è perché si associa il problema a un umore triste (presente negli adulti) mentre nei ragazzi il malessere si manifesta soprattutto con un umore collerico e irritabile e il forte calo di interesse per attività che prima li coinvolgevano". I comportamenti anomali, l'ostilità, l'aggressività possono dunque essere
avvisaglie da non sottovalutare e da prevenire, secondo Di Pietro, con screening scolastici e programmi di educazione socio-affettiva; necessari anche per distinguere i casi di depressione, da altri particolari stati d'animo pure fisiologici negli adolescenti.
"In generale, c'è un abbassamento della soglia dello stress negli adolescenti di oggi, dovuto probabilmente alle troppe ore passate davanti alla tv", commenta la professoressa Anna Oliverio Ferraris, psicologa dell'età evolutiva. "I ragazzi sono bersagliati da messaggi che li condizionano e li spingono al consumo e alla percezione di nuovi bisogni.
Ci si sente inadeguati se non si è uguali al modello rappresentato".
Che possono fare allora la famiglia e la scuola ? "Dovrebbero rendere i ragazzi più consapevoli della realtà di questi due mondi e della loro differenza - risponde la Ferraris - aiutarli a separare la vita reale da quella virtuale della tv con i suoi personaggi".
Ma la prevenzione passa anche attraverso l'attivazione di una rete complessiva che riguardi le strutture sociali e quelle propriamente scolastiche. "In ogni scuola - ricorda Giannino - c'è una Commissione Salute e una nuova figura di docente della Funzione strumentale per la salute. Ed è importante che queste realtà lavorino per attivare tutti gli strumenti di prevenzione e cura della patologia depressiva. Serve perciò una maggiore collaborazione con le Asl e con lo sportello psicologico".
Perché in questi posti, quando serve, i ragazzi trovino l'aiuto di cui hanno bisogno. Questa notizia è stata pubblicata da "Repubblica online" 28 novembre 2005.
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08 ) SALUTE / NEUROLOGIA: - Video-dipendenza -
Gli appassionati di videogiochi lo sanno bene: alcuni titoli provocano dipendenza, assuefazione. E basta una sessione di Tetris per portarsi dietro per tutto il resto della giornata fantasie di incastro. Ebbene, alcuni ricercatori della Charité University Medicine di Berlino hanno iniziato ad indagare sulla dipendenza patologica dai videogame, e sui suoi effetti collaterali.
La prima conferma sperimentale è che giocare di continuo provoca anche una dipendenza fisica. Con le dovute proporzioni, dicono gli scienziati, i meccanismi ricordano da vicino quelli innestati da numerosi stupefacenti,dove l'esperienza deviante diventa il primo cardine della successiva dipendenza chimica. "Abbiamo già numerosi pazienti e famiglie che ci chiedono aiuto", ha dichiarato Sabine Grüsser, ricercatrice presso l'Università tedesca.
Nelle persone che stanno per cadere nella dipendenza è come se scattasse un meccanismo di associazione fra il reale e il gioco. Oggetti o immagini che normalmente non provocano alcun tipo di reazione, iniziano a stimolare sensazioni e pensieri legati al gioco. Un po' come accadrebbe ad un consumatore di crack, ha spiegato Grüsser, che dà un valore particolare, o associa una sensazione, al luogo dove abitualmente consuma quella sostanza o a fatti ed elementi che glielo ricordano. Anche una volta uscito dal "tunnel" - afferma la ricercatrice tedesca - il contatto con questi ambienti sarà sempre in grado di riaccendere il desiderio deviante.
L'obiettivo dello studio, ancora in pieno svolgimento, è proprio quello di comprendere se nel videogaming si attivi o meno lo stesso interruttore. Uno degli ultimi test sembrerebbe aver confermato questa teoria. Grüsser e il suo collega Ralf Thalemann hanno selezionato 15 ventenni che hanno ammesso di avere una dipendenza da videogioco, ovvero hanno confermato che la loro passione ha ridimensionato per importanza altri aspetti del quotidiano come il lavoro e la socializzazione. Poi hanno scelto altri 15 ventenni appassionati, ma con una vita assolutamente normale.
Mostrando ad entrambi i gruppi delle immagini simboliche e chiedendo quali fossero le sensazioni conseguenti, i ricercatori hanno riscontrato reazioni assolutamente nella norma. Con la proiezione di immagini di videogiochi il primo gruppo ha iniziato a dare segni di desiderio, dichiarando di sentire il bisogno di giocare, e esprimendo la convinzione che se gli fosse stato permesso si sarebbero sentiti meglio.
In un altro test, dove sono stati utilizzati dispositivi in grado di misurare la risposta dei muscoli dell'occhio, si è riscontrato che di fronte ad immagini di videogiochi il primo gruppo non mostrava mai reazioni incontrollate. Insomma, i ricercatori hanno potuto confermare che gli hard-core gamer con assuefazione sono meno impressionabili, o comunque meno sensibili a visioni inattese. "È come se l'attivazione del sistema che fa entrare in circolo la dopamina fosse legata solo ad alcuni
particolari stimoli, come avviene in tutte le dipendenze", ha aggiunto Grüsser.
Maressa Hecht Orzack, fondatrice del servizio assistenza "dipendenze da computer" del McLean Hospital di Boston, concorda che si tratti di una assuefazione simile alle altre più comuni. "Il problema è che non ci si può semplicemente astenere dall'utilizzo dei computer, ormai sono parte integrante della nostra vita. Bisogna affrontare il problema come i disordini nell'alimentazione", ha spiegato Orzaci. Sebbene la convinzione comune è che i videogiochi non creino dipendenza come le droghe o il gioco d'azzardo, numerose organizzazioni come Online Gamers Anonymous e EverQuest Widows hanno iniziato da tempo a porsi il problema, creando
forum per almeno discutere della questione.
Nel settembre scorso in Oriente sono esplosi casi estremi di dipendenza da videogioco che hanno sconcertato l'opinione pubblica (nella Corea del Sud, un ragazzo di 28 anni è deceduto per attacco cardiaco dopo aver giocato incessantemente per 50 ore a StarCraft, un videogioco strategico-spaziale di grande successo, limitandosi a lasciare la postazione di gioco solo per qualche sonnellino e il bagno). Tanto da far decidere ai Governi di Giappone, Corea e Taiwan - e alcune aziende locali - di rispondere con specifiche iniziative volte al contenimento del fenomeno.
Ma non stupisce gli osservatori che siano i più giovani ad essere tendenzialmente vittima di una qualche forma di dipendenza videludica. "Il problema - sostiene un portavoce di Online Gamers Anonymous - è che in giovane età il controllo di queste passioni può risultare particolarmente difficile, con spiacevoli effetti collaterali sul quotidiano. Non è certamente il caso di fare dell'allarmismo, ma certamente esiste il problema, o forse bisognerebbe dire il rischio, che il piacere di
abbandonarsi ad una lunga sessione di videogioco si possa trasformare in dipendenza".
Istituzioni correlate all'articolo:
Charité Universitätsmedizin Berlin
http://www.charite.de/
McLean Hospital, a psychiatric hospital
http://www.mclean.harvard.edu/
OLG-Anon
http://www.olganon.org/
In Italia sono almeno 800 mila i giovani depressi: manifestano intenzioni di suicidio e soffrono di disturbi della personalità, di tipo ansioso o maniaco-depressivo. E il fenomeno sembra essere in aumento.
A lanciare l'allarme è l'Associazione dei docenti cattolici, preoccupata per gli effetti che le pressioni sociali o i problemi familiari possono provocare sui ragazzi. "Gli ultimi dati forniti dagli istituti di psichiatria - spiega il professor Alberto Giannino, presidente dell'Associazione - indicano un forte aumento della depressione fra i
giovani: l'8% dei giovani soffre di nevrosi d'ansia e il 5% di depressioni gravemente limitanti. Inoltre, per sette ragazzi su cento, che hanno oggi fra i 18 e i 24 anni, la malattia è cominciata prima della maggiore età".
Lo stress da competizione, i ritmi di crescita accelerati, la solitudine, gli ambienti relazionali più complessi, le minori occasioni di gioco (gli psicofarmaci, ndr): sono tutti sintomi che intaccano la vita quotidiana dei bambini e degli adolescenti e che, secondo i docenti, finiscono per avere pesanti ripercussioni sulla loro salute mentale.
"Questa sofferenza - commenta Giannino - non sempre è colta dalla famiglia, anzi ci risulta che spesso venga nascosta e non curata per vergogna o pregiudizio. Anche per questo probabilmente sono ancora pochi i casi che vengono diagnosticati in modo corretto e ancora meno quelli trattati correttamente. Dal manifestarsi dell'ansia alla cura del giovane sofferente passa molto, troppo tempo. In media da nove mesi a cinque anni, con un 30% di pazienti che non riceve cure adeguate e un 40% che non assume alcuna terapia". E ciò non fa che aggravare la malattia.
"Uno dei motivi per cui non si riconosce la depressione - precisa il professor Mario Di Pietro, psicoterapeuta e autore di numerose ricerche sulla prevenzione del disagio giovanile - è perché si associa il problema a un umore triste (presente negli adulti) mentre nei ragazzi il malessere si manifesta soprattutto con un umore collerico e irritabile e il forte calo di interesse per attività che prima li coinvolgevano". I comportamenti anomali, l'ostilità, l'aggressività possono dunque essere
avvisaglie da non sottovalutare e da prevenire, secondo Di Pietro, con screening scolastici e programmi di educazione socio-affettiva; necessari anche per distinguere i casi di depressione, da altri particolari stati d'animo pure fisiologici negli adolescenti.
"In generale, c'è un abbassamento della soglia dello stress negli adolescenti di oggi, dovuto probabilmente alle troppe ore passate davanti alla tv", commenta la professoressa Anna Oliverio Ferraris, psicologa dell'età evolutiva. "I ragazzi sono bersagliati da messaggi che li condizionano e li spingono al consumo e alla percezione di nuovi bisogni.
Ci si sente inadeguati se non si è uguali al modello rappresentato".
Che possono fare allora la famiglia e la scuola ? "Dovrebbero rendere i ragazzi più consapevoli della realtà di questi due mondi e della loro differenza - risponde la Ferraris - aiutarli a separare la vita reale da quella virtuale della tv con i suoi personaggi".
Ma la prevenzione passa anche attraverso l'attivazione di una rete complessiva che riguardi le strutture sociali e quelle propriamente scolastiche. "In ogni scuola - ricorda Giannino - c'è una Commissione Salute e una nuova figura di docente della Funzione strumentale per la salute. Ed è importante che queste realtà lavorino per attivare tutti gli strumenti di prevenzione e cura della patologia depressiva. Serve perciò una maggiore collaborazione con le Asl e con lo sportello psicologico".
Perché in questi posti, quando serve, i ragazzi trovino l'aiuto di cui hanno bisogno. Questa notizia è stata pubblicata da "Repubblica online" 28 novembre 2005.
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08 ) SALUTE / NEUROLOGIA: - Video-dipendenza -
Gli appassionati di videogiochi lo sanno bene: alcuni titoli provocano dipendenza, assuefazione. E basta una sessione di Tetris per portarsi dietro per tutto il resto della giornata fantasie di incastro. Ebbene, alcuni ricercatori della Charité University Medicine di Berlino hanno iniziato ad indagare sulla dipendenza patologica dai videogame, e sui suoi effetti collaterali.
La prima conferma sperimentale è che giocare di continuo provoca anche una dipendenza fisica. Con le dovute proporzioni, dicono gli scienziati, i meccanismi ricordano da vicino quelli innestati da numerosi stupefacenti,dove l'esperienza deviante diventa il primo cardine della successiva dipendenza chimica. "Abbiamo già numerosi pazienti e famiglie che ci chiedono aiuto", ha dichiarato Sabine Grüsser, ricercatrice presso l'Università tedesca.
Nelle persone che stanno per cadere nella dipendenza è come se scattasse un meccanismo di associazione fra il reale e il gioco. Oggetti o immagini che normalmente non provocano alcun tipo di reazione, iniziano a stimolare sensazioni e pensieri legati al gioco. Un po' come accadrebbe ad un consumatore di crack, ha spiegato Grüsser, che dà un valore particolare, o associa una sensazione, al luogo dove abitualmente consuma quella sostanza o a fatti ed elementi che glielo ricordano. Anche una volta uscito dal "tunnel" - afferma la ricercatrice tedesca - il contatto con questi ambienti sarà sempre in grado di riaccendere il desiderio deviante.
L'obiettivo dello studio, ancora in pieno svolgimento, è proprio quello di comprendere se nel videogaming si attivi o meno lo stesso interruttore. Uno degli ultimi test sembrerebbe aver confermato questa teoria. Grüsser e il suo collega Ralf Thalemann hanno selezionato 15 ventenni che hanno ammesso di avere una dipendenza da videogioco, ovvero hanno confermato che la loro passione ha ridimensionato per importanza altri aspetti del quotidiano come il lavoro e la socializzazione. Poi hanno scelto altri 15 ventenni appassionati, ma con una vita assolutamente normale.
Mostrando ad entrambi i gruppi delle immagini simboliche e chiedendo quali fossero le sensazioni conseguenti, i ricercatori hanno riscontrato reazioni assolutamente nella norma. Con la proiezione di immagini di videogiochi il primo gruppo ha iniziato a dare segni di desiderio, dichiarando di sentire il bisogno di giocare, e esprimendo la convinzione che se gli fosse stato permesso si sarebbero sentiti meglio.
In un altro test, dove sono stati utilizzati dispositivi in grado di misurare la risposta dei muscoli dell'occhio, si è riscontrato che di fronte ad immagini di videogiochi il primo gruppo non mostrava mai reazioni incontrollate. Insomma, i ricercatori hanno potuto confermare che gli hard-core gamer con assuefazione sono meno impressionabili, o comunque meno sensibili a visioni inattese. "È come se l'attivazione del sistema che fa entrare in circolo la dopamina fosse legata solo ad alcuni
particolari stimoli, come avviene in tutte le dipendenze", ha aggiunto Grüsser.
Maressa Hecht Orzack, fondatrice del servizio assistenza "dipendenze da computer" del McLean Hospital di Boston, concorda che si tratti di una assuefazione simile alle altre più comuni. "Il problema è che non ci si può semplicemente astenere dall'utilizzo dei computer, ormai sono parte integrante della nostra vita. Bisogna affrontare il problema come i disordini nell'alimentazione", ha spiegato Orzaci. Sebbene la convinzione comune è che i videogiochi non creino dipendenza come le droghe o il gioco d'azzardo, numerose organizzazioni come Online Gamers Anonymous e EverQuest Widows hanno iniziato da tempo a porsi il problema, creando
forum per almeno discutere della questione.
Nel settembre scorso in Oriente sono esplosi casi estremi di dipendenza da videogioco che hanno sconcertato l'opinione pubblica (nella Corea del Sud, un ragazzo di 28 anni è deceduto per attacco cardiaco dopo aver giocato incessantemente per 50 ore a StarCraft, un videogioco strategico-spaziale di grande successo, limitandosi a lasciare la postazione di gioco solo per qualche sonnellino e il bagno). Tanto da far decidere ai Governi di Giappone, Corea e Taiwan - e alcune aziende locali - di rispondere con specifiche iniziative volte al contenimento del fenomeno.
Ma non stupisce gli osservatori che siano i più giovani ad essere tendenzialmente vittima di una qualche forma di dipendenza videludica. "Il problema - sostiene un portavoce di Online Gamers Anonymous - è che in giovane età il controllo di queste passioni può risultare particolarmente difficile, con spiacevoli effetti collaterali sul quotidiano. Non è certamente il caso di fare dell'allarmismo, ma certamente esiste il problema, o forse bisognerebbe dire il rischio, che il piacere di
abbandonarsi ad una lunga sessione di videogioco si possa trasformare in dipendenza".
Istituzioni correlate all'articolo:
Charité Universitätsmedizin Berlin
http://www.charite.de/
McLean Hospital, a psychiatric hospital
http://www.mclean.harvard.edu/
OLG-Anon
http://www.olganon.org/