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Afghanistan: ma quale missione di pace?

di Tatiana Genovese - 06/09/2007

 

Afghanistan: ma quale missione di pace?

Che la missione italiana in Afghanistan non sia di pace, ma una missione di guerra, è oramai un fatto consolidato, così come è ormai evidente che i nostri militari, impegnati nella zona, rischiano ogni giorno di morire come accade durante un vero e proprio conflitto.
Non dovrebbero stupire dunque gli agguati che nello scorso fine settimana hanno colpite le nostre truppe. Quello di sabato nella provincia di Farah, nella parte meridionale della regione sotto il comando italiano, dove tre militari sono rimasti feriti, e quello di domenica notte, quando nella valle di Musahi, a circa 15 chilometri a sud di Kabul una pattuglia italiana, “nel corso di una normale attività di perlustrazione” è stata bersagliata da colpi di arma da fuoco, a cui ha prontamente risposto, e colpita da una bomba a pressione posta sotto un blindato. Bilancio dell’incidente: tre militari feriti.
Adesso però, se oramai gli italiani sono ben consci che quella in Afghanistan è una guerra a tutti gli effetti, ciò che stupisce è l’atteggiamento di questo governo di centrosinistra che atavicamente contrario alla guerra dal punto di vista ideologico, una volta raggiunte le poltrone di palazzo, ha ritirato le truppe dall’Iraq, ma ha rifinanziato la missione in Afghanistan, con il beneplacito dei deputati della sinistra radicale che non hanno poi dimenticato di mostrare pubbliche lacrime da coccodrillo.
Come accade sempre però gli agguato dello scorso fine settimana, plausibili in una zona di guerra in cui le truppe italiane, volenti o nolenti, rappresentano gli invasori, hanno dato adito alla solita sterile polemica politica.
A dare avvio al teatrino, stavolta il capogruppo vicario della Democrazia cristiana per le Autonomie alla Camera, Giampiero Catone che ha rinnovato l’invito al Governo a “riferire in Parlamento sull’accaduto”, in quanto ritiene che “nella zona interessata dal nostro contingente siano venute meno quelle condizioni di sicurezza iniziali”. Anche Elettra Deiana, del Prc, vicepresidente della commissione Difesa alla Camera, chiede a Prodi di “riferire al più presto in Parlamento su quanto sta accadendo in Afghanistan e su rischi che corrono le nostre truppe” e, come se in realtà già non fosse evidente, la comunista domanda “chiarezza sul ruolo reale” ricoperto dai militari italiani nelle zone più a rischio.
Più concreto forse, ma sempre ipocritamente istituzionale, il discorso di Iacopo Venier, responsabile Esteri del Pdci , che oltre a dirsi convinto che “serve una radicale svolta nella gestione militare e soprattutto in quella politica” e ad annunciare che il 20 ottobre scenderanno in piazza, esprime “tutta la solidarietà ai soldati feriti e l’angoscia per i rischi a cui sono inutilmente esposti per una missione ormai fallita”.
Più coerente forse con la linea politica del suo partito, ma assolutamente poco obbiettivo Pasquale Giuditta dell’Udeur, segretario della commissione Difesa della Camera che oltre a chiedere la non strumentalizzazione politica dell’incidente in Afghanistan dichiara, forse non conoscendo assolutamente l’attuale realtà afghana, che “al momento appare non fondata la richiesta al governo, avanzata da Rifondazione, di riferire in Parlamento. In quel Paese i nostri militari stanno svolgendo un ottimo lavoro per garantire la sicurezza e gettare le basi per un maggior sviluppo della democrazia”.
Il centrodestra coglie invece l’occasione per attaccare la maggioranza e, attraverso le parole di Margherita Boniver, componente del direttivo del gruppo di Forza Italia della Camera dei Deputati e della commissione Esteri di Montecitorio, punta il dito contro la frammentazione del governo Prodi, anche in politica estera: “Si sapeva - ha chiosato la Boniver - delle tante linee in politica estera, ma ancora una volta c’è da rimanere stupiti dei giochi di equilibrio necessari per far rimanere incollati alle loro sedie ministri con idee così divergenti”.
Nulla è cambiato dunque: i nostri militari continuano a rischiare la loro vita in Afghanistan, e questo governo non si rende conto che l’unica soluzione ovvia sarebbe quella di ritirare le truppe italiane.