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La tecnologia al posto della religione?

di redazionale - 07/09/2007

Fonte: indranet

Gli essere umani hanno sempre sentito il bisogno di darsi a qualcosa di più grande della propria individualità: all'arte, a un amore, ad una causa, alla verità, a un guru, a Dio. Quando ci dedichiamo a qualcosa di più grande trascendiamo noi stessi, oltrepassiamo il nostro piccolo ego narcisista che vorrebbe sempre stare al centro delle attenzioni. La dedizione ci annienta da una parte e allo stesso tempo ci eleva da un'altra.

Ci diamo, ci affidiamo e ci annulliamo nella tecnologia. Siamo religiosamente devoti agli oggetti della tecnologia, che assorbe la maggior parte del tempo di un numero crescente di persone. Come scrisse McLuhan, “Ricevendo continuamente tecnologie ci poniamo nei loro confronti come altrettanti servomeccanismi.”

Gli essere umani hanno sempre sentito il bisogno di darsi a qualcosa di più grande della propria individualità: all'arte, a un amore, ad una causa, alla verità, a un guru, a Dio. Quando ci dedichiamo a qualcosa di più grande trascendiamo noi stessi, oltrepassiamo il nostro piccolo ego narcisista che vorrebbe sempre stare al centro delle attenzioni. La dedizione ci annienta da una parte e allo stesso tempo ci eleva da un'altra.

Il bisogno di dedicarsi a qualcosa che va oltre noi stessi è insito in ogni animo umano, e viene vissuto a diversi livelli a seconda dello sviluppo dell'individuo, dal diventare fanatici di una squadra di calcio fino all'incontro col divino. Il bisogno di abbandonare la nostra limitata personalità individuale per unirsi a qualcosa di più ampio è un bisogno evolutivo spirituale, che però può esprimersi anche a livelli più convenzionali. Il risveglio spirituale o illuminazione avviene quando l'ego, con tutti i suoi meccanismi e convinzioni mentali, si svuota e lascia posto all'infinito, abbandonando ogni struttura mentale costruita durante la vita.

Ti troverai in pace solamente quando cadranno tutte le tue idee sulla consapevolezza ed inizierai a funzionare come un computer. Devi essere come una macchina, funzionare automaticamente in questo mondo, senza mai mettere in discussione le tua azioni prima o dopo che si sono presentate. U.G. Krishnamurti. Edizione Italiana: La mente è un mito, Aequilibrium, Milano, 1990.

U.G. è un non-insegnante spirituale che gioca con la provocazione. La sua affermazione, che a prima vista sembrerebbe un'istigazione al rincoglionimento, nasconde un altro messaggio. Il risveglio spirituale avviene quando abbandoniamo ogni idea, ogni punto di vista, giudizio e condizionamento ricevuto, quando la nostra mente funziona in accordo alla realtà del momento e non come reazione basata sui meccanismi acquisiti nel passato. Quando la nostra mente opera meccanicamente, senza più strutture di pensiero privilegiate, senza giudizi, in modo naturale, questa modalità di funzionamento non implica altro e non alimenta ulteriori pensieri, lasciando la mente vuota da ulteriori pesi e strutture.

Anche l'essere umano non risvegliato funziona in modo meccanico come viene affermato da tutti i maestri spirituali, tra i quali Gurdjieff è uno dei più conosciuti in occidente. Ma se il meccanicismo del non risvegliato è un'incessante e perlopiù inconscia interpretazione della realtà sulla base dei condizionamenti ricevuti, l'essere un meccanismo da parte del risvegliato è una semplice azione basata sulla realtà del momento senza i fardelli provenienti dal passato.

La scienza cognitiva stessa e la neurofisiologia stanno chiedendosi se esista una personalità individuale che controlliamo e di cui siamo agenti consapevoli, osservando le reazioni automatiche del nostro cervello senza che vi sia intenzionalità cosciente. In altre parole, anche la scienza sta avvicinandosi a dire che ci illudiamo di essere gli agenti delle nostre azioni e di possedere un Io ben definito che crede di determinarle. Ma come vedremo questa affermazione assume un senso molto diverso da affermazioni analoghe dei maestri spirituali.

Nisargadatta Maharaj descrive il suo stato di realizzato dove il corpo e la mente sono guidati dall'esistenza stessa e non più da una illusoria volontà o personalità:

Parrebbe che io ascolti, veda, parli ed agisca, ma per me succede solamente, come per te avviene la digestione o la traspirazione. La macchina del corpo-mente bada a ciò, ma non mi lascia coinvolto. Così come non necessiti di preoccuparti della crescita dei capelli, allo stesso modo io non necessito di preoccuparmi delle parole e delle azioni.  Queste accadono semplicemente e mi lasciano noncurante, in quanto nel mio mondo non c’è mai niente che vada storto. Nisargadatta Maharaj. Io sono quello. Astrolabio. 2001.

Nisargadatta Maharaj mette sullo stesso piano l'azione della crescita dei capelli che avviene senza il nostro intervento cosciente, con la sue azioni e le sue parole. Ma la prospettiva che la nostra mente e le nostre azioni funzionino in modo meccanico senza poter dare loro una direzione è a dir poco terrorizzante per la nostra civiltà che identifica le qualità più elevate dell'essere umano con la mente e i prodotti da essa generati. Le tradizioni spirituali orientali (e in parte occidentali) non condividono tali timori, riconoscendo proprio al di là delle mente le potenzialità più elevate dell'anima. La nostra mente, fonte di orgoglio, è allo stesso tempo un peso per l'anima, pur senza scendere nelle psicopatologie. La mente ci giudica, ci limita, ci conduce verso comportamenti ripetitivi che ci portano infelicità e spesso ci gioca brutti scherzi. Spesso sembra che non controlliamo la nostra mente, che sia un'entità a noi ostile o sconosciuta, non "noi". E in qualche modo è così.

Osho, commentando le Ishavasya Upanisad, le antiche scritture indiane ne Il battito dell'assoluto afferma che la scienza nel suo progredire dimostra che l'essere umano si comporta in modo meccanico e che questo progredire distrugge l'orgoglio e l'ego dell'uomo e benchè questi siano molto insignificanti e miseri, "quando la scienza li distrugge, intorno nasce una profonda oscurità: nessun sole sorge al loro posto". Invece, la Ishavasya Upanisad da una parte:

Essa estingue le vostra fioca e piccola luce e spazza via il vostro stupido ego, dicendo: "Spegniti! Tu non esisti e la tua paura è inutile!" dall'altra fa nascere un supersole. Nello stesso momento, da un lato dice: "Tu non esisti", e dall'altro, immediatamente, ti pone nella posizione di Dio. Da un lato ti butta via e ti annulla completamente e dall'altro ti colloca sopra ogni cosa. Spegne la piccola lampada terrena dell'ego, la minuscola fiamma del puzzolente e fumoso petrolio, per offrirti al suo posto la luce radiosa del sole. Spazza via l'"io", l'ego, ma ti porta a esistere nell'"io" supremo; Dio! E' questa la differenza fra la dimensione della religione e quella della scienza. La scienza afferma gli stessi fatti che la religione sostiene, ma ponendo l'enfasi sulla meccanicità. La religione, discutendo delle stesse cose, pone la propria enfasi sulla consapevolezza, sulla saggezza, sulla vita; e questa differenza è fondamentale. Se trionferà la scienza occidentale, l'uomo diventerà una macchina; se invece trionferà la religione orientale, l'uomo, alla fine, diventerà Dio. Entrambe demoliscono l'ego, ma la scienza, in questo processo, degrada l'uomo. Osho. Il battito dell'assoluto.

Se la scienza occidentale non concepisce alcunchè al di là dell'ego e della mente, neppure nelle scienze umane quali la psicologia (con la piccola eccezione della psicologia transpersonale), allora l'abbandono dei contenuti della nostra mente equivale ad una disfatta totale. Il nichilismo così è sempre alle porte in occidente. Ma per la spiritualità le cose stanno in un altro modo. L'abbandono dell'ego è equivalente alla metamorfosi del bruco in farfalla.

Abbandonare il nostro ego è insito nell'ego stesso proprio come la farfalla è insita nel bruco. Così come il bruco perde tutti i suoi riferimenti nella metamorfosi, la mente deve abbandonarsi in fiducia a qualcosa di più grande.

Come civiltà ci rifiutiamo di seguire maestri, guru e autorità, e la via della devozione non è per niente attuale. Vogliamo determinare le nostre vite e controllarne lo sviluppo, senza farci guidare da niente e da nessuno. Non vorrei essere frainteso: i principi di libertà individuale ed autodeterminazione della nostra civiltà sono stati un'importante conquista sociale e storica. Poter determinate le nostre vite a livello individuale rappresenta un’importante evoluzione rispetto alla dedizione al signore medioevale piuttosto che alle religioni organizzate, a qualche dittatore o ad una ideologia, benchè questi poteri tutt'ora non sono del tutto scomparsi. Questi e analoghi poteri hanno manipolato il bisogno interiore di affidarsi a qualcosa di più ampio ridirigendolo verso loro stessi. Ma pur nella conquistata individualità il bisogno di trascendere il nostro ego e di essere devoti a qualcosa di più ampio rimane, e se il bisogno non si esprime nella ricerca spirituale si esprime come può, compatibilmente con ciò che offrono i tempi.

Riflettendo su come si esprima questo bisogno a un livello diverso dalla ricerca interiore, mi sono tornate in mente le parole di McLuhan:

Ricevendo continuamente tecnologie ci poniamo nei loro confronti come altrettanti servomeccanismi. E' per questo che per poterle usare dobbiamo servire questi oggetti, queste estensioni di noi stessi, come fossero dei o religioni minori. Un indiano è il servomeccanismo della sua canoa, come un cowboy del suo cavallo o un dirigente del suo orologio. Sul piano fisiologico, l'uomo è perpetuamente modificato dall'uso normale della tecnologia (o del proprio corpo variamente esteso) e trova a sua volta modi sempre nuovi per modificarla. Diventa insomma, per così dire, l'organo sessuale del mondo della macchina, come lo è l'ape per il mondo vegetale; gli permette il processo fecondativo e l'evoluzione di nuove forme.  Marshall McLuhan. Marshall McLuhan. Gli strumenti del comunicare. NET. 2002

Ci diamo, ci affidiamo e ci annulliamo nella tecnologia. Siamo religiosamente devoti agli oggetti della tecnologia, che assorbe la maggior parte del tempo di un numero crescente di persone. Tra le ore passate a guidare un'automobile, quelle passate di fronte a un computer o smanettando un cellulare, un palmare o una fotocamera, arriviamo alla maggior parte delle ore di veglia. Non c'è quasi modo di vivere senza tecnologie perlomeno in una situazione urbana occidentale. Talvolta i gadget tecnologico diventano veri e propri oggetti devozionali.

Il servizio Mechanical Turk di Amazon non può fare a meno di ricordarmi un servomeccamismo:

Gli sviluppatori possono azionare questo servizio in modo da costruire intelligenza umana direttamente nelle loro applicazioni. Mentre la tecnologia dei computer continua a migliorare, vi sono tutt’ora molte attività che gli esseri umani possono essere molto più efficaci dei computer, come ad esempio l’identificazione degli oggetti in una foto o in un video, riconoscere dati duplicati, trascrivere registrazioni audio o ricercare dettagli di dati.

Nell'edizione di Luglio 2007 Wired introduce Luis von Ahn, il creatore del sistema Captcha. Luis von Ahn progetta giochi dove vengono utilizzate le capacità dell’intelletto umano per risolvere problemi che il computer non sa fare, come ad esempio il riconoscimento di immagini. Egli afferma: "Nel momento in cui l'umanità entra online, diventa un'estrema unità di elaborazione, avanzata e su larga scala."

La storia umana è costellata di connessioni tra umani e strumenti tecnologici, e l'utilizzo degli strumenti è stato un salto fondamentale nello sviluppo umano come estensione delle nostre possibilità, ma ora siamo di fronte a qualcosa di diverso.

Con Mechanical Turk e progetti simili, prima si trasformano tutte le attività umane in digitale, anche quelle che richiedono immaginazione, intuizione e visione che vanno oltre le capacità del computer. Quindi si utilizzano le risorse del cervello umano per decodificare ciò che la macchina non sa fare bene, in una moderna catena di montaggio dove invece della ripetizione fisica e manuale vi è la ripetizione di una banale attività mentale, quale il riconoscimento di una immagine e la sua classificazione oppure la trascrizione di un testo parlato.

Poichè tutta l'attività umana viene tradotta in digitale, necessitiamo di rifornire al computer la potenza umana degli esseri umani, più estesa e omnicomprensiva, per far sì che lo strumento stesso possa estendere le sue possibilità, non più tanto solo come estensione delle capacità umane. Si può affermare che alla fine chi si avvantaggia di questa connessione tra umani e computer sono gli umani e sono ancora questi che decidono cosa elaborare. E' vero da una parte, ma la tendenza è quella di digitalizzare anche ciò che non è elaborabile da un computer, nonostante richieda un massiccio intervento umano. A questo riguardo gli esseri umani diventano sempre più servomeccanismi della tecnologia.

Dalla tecnologia ci aspettiamo la guida e la grazia, la soluzione ai problemi. Ha sostituito guru, passioni, ideologie, in alcuni casi anche connessioni di tipo sentimentale. Nel nostro rapporto con la tecnologia ci abbandoniamo, ci lasciamo guidare e non mettiamo in dubbio l'importanza del suo sviluppo. Possiamo prendercela con i costruttori di tecnologie scadenti, ma non contestiamo la necessità dello sviluppo tecnologico stesso.

Tuttavia nell'affidarci alle tecnologie non abbandoniamo l'ego per incontrare parti più profonde di noi stessi. Al contrario, da una parte, interagendo con lo strumento tecnologico come oggetto di relazione privilegiato, c'è il tentativo di costruire l'ego stesso e dall'altra, lasciandoci guidare da strumenti che sono meno evoluti della nostra mente, regrediamo ad uno stato precedente il consolidamento di un ego che guide le scelte della nostra esistenza. Pur essendo la direzione conferita dall'ego un'illusione basata sui condizionamenti ricevuti, lo sviluppo di una personalità definita è una fase necessaria allo sviluppo più generale dell'anima.

La dedizione alle tecnologie allora diventa uno spostamento del bisogno di trascendenza su un piano più rassicurante per l'ego. In questa interazione con la tecnologia la mente non viene trascesa, piuttosto entra in un ciclo compulsivo di auto-sostentamento dove vengono usate solamente alcune parti della mente, quelle necessarie all’interazione con lo strumento. Vengono di conseguenza impoverite le capacità della mente che sono di ausilio all’osservazione e alla trascendenza della mente stessa, tra le quali la riflessione profonda, il silenzio interiore, l’attenzione sostenuta e focalizzata, il sentire il corpo.

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