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Il nostro è il tempo del cambiamento

di Claudio Proietti - 10/09/2007

 

il nostro è il tempo del cambio di paradigma, ovvero la nascita di un nuovo modo di pensare e di vedere il mondo. Molto simile alla rivoluzione concettuale che Galileo e i principi della fisica quantistica hanno introdotto nel mondo della scienza e rivoluzionato il modo di vedere la realtà studiata fino a quel momento.

 

Credo che sia impellente fare un ribaltamento concettuale, se vogliamo davvero ribaltare anche l'attuale sistema.

Come diceva Einstein, non possiamo risolvere un problema con la stessa mentalità che lo ha creato. Lo strumento è inadeguato.

Per cambiare il sistema occorre cambiare il punto di vista e di azione. Smettere di credere che sia il sole a girare intorno alla terra ha un solo scopo: ridare la giusta dimensione e collocazione alle cose. Un po' come quando Grillo ci viene a dire che i politici sono i nostri dipendenti. A livello concettuale lo sapevamo già, li abbiamo votati noi, ma occorre VERAMENTE VIVERLO sulla nostra pelle per rimettere le cose a posto. E' per questo che insistiamo a chiamarli così, perché nessuno se lo dimentichi. Le persone che stanno al potere purtroppo assumono un'aura di intoccabilità, di rispettoso timore e inducono le pecore a belare e a lasciarsi tosare.

 

Noi dobbiamo rifarci ad un modello naturale di emissione

L'aria che respiriamo proviene dall'elaborazione di miliardi su miliardi di microorganismi presenti su tutta la superficie delle acque marine (e per un 30% anche dalle foreste). Allo stesso modo il sangue, che trasporta nutrimento in andata e tossine al ritorno per le nostre cellule, proviene da organi quali il fegato, la milza, i reni, il midollo spinale, i polmoni. Il compito fisico del cuore è semplicemente quello di spingere fino ai più reconditi recessi del nostro corpo questo nutrimento e mezzo di scambio energetico. Non è il cuore a produrre il sangue.

Allo stesso modo non spetta ad una banca il compito di produrre moneta. La banca dovrebbe limitarsi alla funzione di pompaggio nei grandi canali venosi ed arteriosi del sistema circolatorio.

 

Il sistema naturale, nella vita planetaria (la Terra vista come unico organismo vivente che si autoregola, vedi ipotesi Gaia, più che un'ipotesi è una realtà), così come nella vita cellulare del singolo organismo, tende sempre all'equilibrio delle energie: nessuna cellula, nessun organo od apparato di organi assume un ruolo dirigenziale od organizzativo in senso stretto; nessuno ha, di fatto, il potere, ma tutti sono collegati ed in grado di rispondere, in base alle loro caratteristiche specifiche, alle necessità ed ai bisogni atti a salvaguardare l'intero sistema. Questo perché ogni cellula ha una sorta di "coscienza costante" dello stato di salute dell'intero sistema, attraverso una rete altamente efficiente di comunicazione. Quindi, nessun potere centralizzato e nessun conflitto di interessi all'interno dell'organismo.

Questo sistema è stato elaborato ed adottato dalla Natura da milioni di anni e pare che sia il metodo migliore.

 

Allora... Perché un sistema naturale funziona ed un sistema umano no? La risposta la troviamo nello scopo per cui l'uomo si muove ed opera.

Qual'è lo scopo per cui ognuno di noi lavora? Per il mantenimento dell'organismo sociale? No, questo è un sottoprodotto. Noi stiamo lavorando per la nostra individuale sopravvivenza. Senza soldi non si mangia, quindi noi lavoriamo principalmente per il nostro tornaconto e secondariamente per qualcos'altro.

Allora, il motore che muove il sistema è prioritariamente l'interesse individuale, che si deve muovere in un certo equilibrio insieme a quello di tutti gli altri. Ma non esiste una comunicazione sufficientemente efficace che mette in contatto il singolo con il corpo sociale e viceversa e l'intero corpo è praticamente insensibile ai richiami del singolo, a meno che non si muova una certa massa di singoli che mette in pericolo l'equilibrio fra gli interessi, ma è pur sempre una società insensibile all'uomo, in quanto valore primario. E sappiamo tutti quanto questi interessi siano miopi, indifferenti agli interessi di altri gruppi sociali e del pianeta in generale.

 

Ma dobbiamo chiederci:

Chi detiene il vero potere economico?

 

L'uomo,

il contadino, l'operaio, il muratore, il falegname, il fruttivendolo, coloro che creano vera ricchezza...

 

Purtroppo non ne sono consapevoli. Loro stanno lavorando per la pagnotta quotidiana, o meglio, per il denaro che permette loro di tirare avanti. Un denaro che è dato per scontato, come l'aria che respiriamo. Nessuno si chiede da dove viene e come viene emesso e gestito. E alla sera hanno solo il tempo per "rilassarsi" davanti alla tv e andare a dormire.

Ma dietro l'emissione e la gestione di quel denaro "ufficiale" tanto sudato ci sono degli uomini (per loro, la parola "uomini" è un complimento). Gente che nel corso del tempo e delle generazioni, ha perfezionato un sistema per fare il proprio interesse a scapito di tutti gli altri, approfittando della nostra ignoranza e incapacità di organizzazione rivolta ad un bene comune.

Sapere questo farebbe già una piccola differenza. Organizzarsi per creare una moneta propria, farebbe già una bella differenza, perché significherebbe ragionare in termini di insieme, di collettività, di energie tangibili, messe a disposizione da una comunità.

 

Quando incontri la gente in un cerchio, come invito tutti a fare almeno una volta nella vita (Manitonquat ha 78 anni, affrettatevi!), comprendi il significato delle parole: "Io non ho la soluzione ai problemi del mondo, ma NOI l'abbiamo". E' quel NOI che ribalta il sistema e che non ci fa più tornare indietro (quale orfano, dopo aver ritrovato le proprie origini, la propria famiglia, desidera ritornare indietro?). NOI siamo il mondo ed è nell'essere insieme che potremmo fare la differenza.

 

Pare che il sistema tribale di società, che si rifà alla struttura naturale dei complessi viventi, sia l'unico sistema che possa convivere in armonia durevole ed efficace con gli altri esseri umani e con la vita sul nostro pianeta. Il prezzo da pagare? Il nostro orgoglio, il nostro nazionalismo, la nostra avidità, la nostra paura, la nostra sete di potere, di dominio, di grandezza. Io sono ben felice di lasciare andare tutto questo. Ma, nati in seno ad una cultura di competizione e di dominio, siamo abituati a ragionare con razionalità e a pensare che avere ragione sia più importante della relazione stessa che stiamo instaurando con il nostro prossimo. Troviamo conforto e riparo nelle formule matematiche certe, sicure, inattaccabili, inaffondabili da chi consideriamo più grande e più forte di noi.

 

Ma ora dobbiamo ragionare in termini di INSIEME e ritrovando soprattutto la perduta unione di cuori.