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Turismo impazzito: il mondo invaso dai rifiuti

di Redazionale - 10/09/2007

 

Ogni anno ritornando dalle vacanze, lasciamo nelle acque tropicali o nelle verdi località alpine un mare di spazzatura. Sotto accusa il boom dei voli low cost e dei trasporti terrestri. L'Organizzazione mondiale del turismo ha stilato un codice contro l'inquinamento. Però crescono viaggi «etici» e «solidali»

Sacchetti di plastica, bottigliette, polistirolo. Ma anche accendini, giocattoli, palloni. Non ci sono solo i souvenir che i turisti si portano a casa dalle vacanze, ma anche quelli che abbandonano nei luoghi di villeggiatura in ricordo - senza dubbio poco gradito - della propria permanenza. Ogni anno, quando dalle acque tropicali o dalle verdi località alpine facciamo ritorno a casa, lasciamo dietro di noi un mare di rifiuti. Letteralmente, se consideriamo che la più grande discarica del mondo galleggia nel nord del Pacifico: tra le Hawaii e la California, nel «mare di nessuno» dove una gigantesca spirale d'aria crea un'alta pressione perenne, si è formata una distesa di spazzatura grande come l'Europa orientale, il cui peso è sei volte quello del plancton nella stessa zona. Il turismo inquina. Non solo il cielo - il boom del trasporto aereo conseguente all'affermarsi dei voli low cost genera gas serra che costituiscono, a seconda delle stime, dal 2 al 5 per cento delle emissioni globali - ma anche la terra e le acque.

A rischio gli eco-sistemi marini: il caso Galapagos
Gli spostamenti di massa che negli ultimi anni non hanno mai smesso di crescere (oggi a viaggiare per svago è quasi un miliardo di persone all'anno) hanno infatti, in molti casi, effetti nefasti sull'ambiente e minacciano l'equilibrio di ecosistemi particolarmente delicati, quali sono quelli che caratterizzano numerose mete turistiche. Come, ad esempio, alcuni paradisi marini un tempo incontaminati. Nell'arcipelago delle Galapagos, 100 mila visitatori all'anno (aumentati del 150 per cento in tre lustri) disturbano i ritmi biologici di tartarughe giganti, leoni di mare, albatros e favoriscono l'introduzione di specie nuove, che mettono in pericolo l'equilibrio ecologico sulle isole che stregarono Darwin. In Brasile, invece, nello splendido arcipelago di Fernando de Noronha, nemmeno l'istituzione di un'ecotassa sui visitatori, una ventina d'anni fa, è riuscita a bloccare l'invasione dei turisti e l'anno scorso le acque di sei spiagge erano diventate non balneabili.
Ma anche sui lidi nostrani, da Porto Venere all'Isola d'Elba, il moltiplicarsi degli abitanti di piccoli borghi marittimi in coincidenza con il periodo estivo - oltre alla mancanza di impianti adeguati per gestire le quantità aggiuntive di rifiuti - è causa del forte inquinamento di spiagge a calette, mentre in Croazia è allarme per le navi che scaricano in mare enormi quantità di liquidi e oli. «Ogni anno - denuncia l'associazione Eko-Kvarner di Krk - registriamo 250 perdite di petrolio, che creano una macchia grande come Cres». A proposito di natanti, ai Caraibi il boom del turismo croceristico ha provocato un forte aumento di rifiuti solidi e liquidi (70 mila tonnellate circa ogni anno) da smaltire nei porti di approdo. Lo scarico di questa spazzatura nelle acque limitrofe provoca l'inquinamento delle scarse riserve d'acqua dolce, il deterioramento dell'ecosistema marino, la distruzione delle barriere coralline e l'erosione delle coste.

L'inquinamento ad «alti livelli»: dall'Everest a Macchu Picchu
E non va meglio in montagna, dove gli appassionati di trekking e alpinismo lasciano dietro di sé una scia di rifiuti, dalle scatolette di latta fino alle bombole d'ossigeno e l'equipaggiamento da campeggio. Il turismo di massa, con il suo carico di consumi e scarti, è arrivato fino ai piedi dell'Everest, dove a favore dei 700 mila escursionisti che passano ogni anno dal campo base sono sorti come funghi ristoranti e internet café, mentre i rari alberi vengono abbattuti per riscaldare l'acqua per i pasti e le docce dei turisti. E se alcuni percorsi particolarmente battuti nelle Ande peruviane e in Nepal sono stati ribattezzati «il sentiero della Coca-Cola» e «della carta igienica», fa un certo effetto il fenomeno per cui uno dei ghiacciai del Monte Bianco - preso d'assalto annualmente da 30 mila amanti delle cime - a fine stagione risulta regolarmente ingiallito a causa dell'urina dei campeg giatori... Il sovraffollamento delle mete turistiche - che sta mettendo in pericolo lo stesso sito archeologico Inca di Machu Picchu, dove le 2.500 presenze giornaliere hanno incentivato una deforestazione che ha già provocato i primi cedimenti del terreno - rappresenta soprattutto una minaccia sempre più grave per quella destinata a essere la risorsa chiave del secolo: l'acqua. Non solo perché le strutture ricettive fanno un uso sfrenato dell'oro blu per piscine e campi da golf - secondo l'organizzazione britannica Tourism concern la quantità d'acqua utilizzata quotidianamente per un green standard potrebbe soddisfare i bisogni di 60 mila persone - ma anche per il sovrautilizzo d'acqua per l'igiene personale da parte dei villeggianti: da cinque a dieci volte quello delle comunità locali. Una contraddizione aggravata dal fatto che i picchi di presenze turistiche coincidono generalmente con i periodi di stagione secca, in zone del globo - dal bacino del Mediterraneo all'Asia meridionale - già caratterizzate da un clima che rende normalmente pressante il problema della scarsità d'acqua. Insomma, dai paradisi caraibici fino all'Antartide (che accoglie ben 30 mila visitatori all'anno…), i turisti sembrano rappresentare una minaccia ambientale e sociale.

Il Codice «etico» e le soluzioni «alternative»
Ma l'unica soluzione è davvero quella di restare a casa? Di avviso opposto è l'«Organizzazione mondiale del turismo», il cui Comitato mondiale per l'etica del turismo (istituito nel 2003) ha stilato un Codice globale che punta a sensibilizzare tutti gli attori coinvolti nell'industria delle vacanze, dagli operatori del settore fino ai governi, senza dimenticare naturalmente gli stessi globe trotter. I quali, in misura sempre maggiore, si stanno dimostrando interessati all'opportunità di viaggiare in modo responsabile e sostenibile. Lo dimostra la forte crescita, anche nel nostro Paese, non solo dei tour operator dedicati espressamente ai viaggi solidali - rispettosi de ll'ambiente e delle comunità locali - ma anche la nascita di settori riservati ai viaggi «etici» nei cataloghi di alcuni operatori tradizionali. A riprova che i vacanzieri dell'era globale non sono solo quelli che buttano via, insieme alle bottigliette di plastica, anche il futuro del Pianeta.