Il Ritorno di Gelli
di Rita Pennarola - 18/12/2005
Fonte: lavocedellacampania.it
Licio Gelli, l’Onu, il Parlamento Mondiale di Palermo, la polizia parallela di Riccardo Sindoca e l’ambasciata mondiale macedone per i bambini: tutti insieme, con un manipolo di esponenti partenopei. E tutti in business. Quella che vi raccontiamo è la storia di un mix esplosivo, che porta alla luce la trama di nuovi intrecci paralleli per il controllo dell’ordine mondiale e per la gestione delle risorse, anche e soprattutto quelle “umanitarie”.
Partiamo dalle celebrazioni svoltesi lo scorso 12 novembre in quel di Pomigliano d’Arco, popoloso comune vesuviano, per le rituali assegnazioni di premi ai “poeti dell’anno”. La rassegna, che da oltre un decennio viene organizzata «dalla vulcanica Tina Piccolo, poetessa di fama internazionale (come lei stessa ama definirsi nel dettare le sue note biografiche, ndr)», si era già “distinta” nel 1996 per aver premiato un poeta illustre come il venerabile Licio Gelli. Nel 2005 la manifestazione - che si fregia «dell’alto patronato della Presidenza della Repubblica» e sarebbe realizzata «in collaborazione con il Comune di Pomigliano d’Arco e con
Maria Rosa o Maria Grazia?
Sono tanti e sorprendenti. Nel 1991 la signora o signorina fonda ad Arezzo la srl Vali, 20 mila euro in dote oggi, dedita ad operazioni immobiliari, finanziarie e di leasing in genere, di cui Maria Rosa è attualmente amministratore unico. I soci della Vali srl sono solo tre: accanto alla “poetessa” siedono infatti i due figli maschi del venerabile. Si tratta di Raffaello Gelli, 58 anni, e di Maurizio Gelli, classe 1959, che possiede la maggioranza delle quote. Una sinergia perfetta ed un’intesa incomparabile, dunque, fra i tre Gelli. Va ricordato che il gran maestro, di figli, ne aveva tre: oltre a Raffaello e Maurizio, anche la bella Maria Grazia, protagonista del rocambolesco sequestro avvenuto all’aeroporto di Fiumicino nel luglio 1982, quando la polizia trovò nel doppio fondo della sua valigia, per la prima volta, il Piano di rinascita nazionale elaborato da suo padre nel 1976. Che ne era stato, in seguito, di Maria Grazia?
A febbraio 2004 il superpentito di mafia Angelo Siino racconta fra l’altro al sostituto procuratore della capitale Luca Tescaroli di aver utilizzato per un certo periodo
E le analogie non sono finite. Come Licio, anche Maria Rosa pubblica regolarmente articoli e poesie sul periodico locale di area massonica Il Piave. Spesso le collaborazioni si ritrovano vicine, una accanto all’altra. E il legame societario sembra ora chiudere il cerchio. Chi è davvero Maria Rosa Gelli? Intanto, seguendo le sue tracce – e, soprattutto, quelle di Raffaello Gelli – ci ritroviamo ancora una volta nello “Stato Parallelo” (vedi
UN GELLI ALL’ONU
Torniamo a Raffaello Gelli e al suo ruolo alle Nazioni Unite. Era stato lui stesso a parlarne, dopo il clamore suscitato all’epoca dalle prime notizie di stampa, nel corso di un’intervista rilasciata al quotidiano
Ad aprile di due anni fa il pm barese Lorenzo Lorario lo iscrive nel registro degli indagati per contrabbando internazionale di sigarette con il Montenegro. Un’accusa che si perde poi nel porto delle nebbie. Più recentemente il nome di Raffaello Gelli rimbalza tra le pagine del libro di Charles Duchaine, ex giudice istruttore nel Principato di Monaco (poi dislocato in alta Corsica, a Bastia, perché accusato di “lesa maestà”). Nel corso di un’inchiesta sul “blanchiment” dei capitali, Duchaine si era imbattuto in una nota riservata della Procura di Asti nella quale si spiegava che Daniel Ducruet – all’epoca marito della principessa Stephanie di Monaco – aveva creato un consorzio denominato Segetra, nel quale era presente anche Raffaello Gelli. L’inchiesta adombrava l’ipotesi che il consorzio fosse dedito al riciclaggio di capitali della mafia russa.
Ma le sorprese sono appena cominciate. Perché nella Commission of Human Rights - Sub-Commission on Promotion and Protection of Minorities, attiva presso le Nazioni Unite nel 1999, insieme a Raffaello e Marta Gelli sedevano altri due personaggi che ci portano dritto dritto in Macedonia, dentro le fila di una strana sigla umanitaria transnazionale, a sua volta collegata col Parlamento Mondiale di Palermo. Si tratta di «Mr. Dragi Imijanack» e «Ms. Loretta Bianchi».
Cosa è cambiato da qualche settimana a questa parte? Almeno in apparenza, tutto. A pochi giorni dall’uscita in edicola della Voce di ottobre (e dalla pubblicazione sul sito dell’inchiesta sullo “Stato Parallelo”, contenente molti fra i nomi dei destinatari di cariche e passaporti, così come apparivano fino ad allora nei documenti ufficiali dell’Embassy di Skopje),
UN DILETTO AMBASCIATORE
Al Centro Direzionale, Isola G1, Diletto gestisce un ente formativo fra quelli che aspirano ad incarichi dalla Regione per i lucrosi corsi di formazione periodicamente appaltati con fondi europei. Risulta infatti rappresentante italiano dell’UEEF, Unione enti europei di formazione, benché sulle pagine bianche preferisca definirsi “consulente del lavoro”. Nell’estate 2003 l’ambasciatore Diletto rilascia un’intervista ad un periodico partenopeo. Apprendiamo così che quella di Napoli «è l’unica sede ufficiale dell’Ambasciata diplomaticamente riconosciuta in Italia dalla Repubblica di Macedonia», anche se sul territorio nazionale esistono numerosi consolati. Inoltre l’ “ambasciata” capitanata da Diletto «collabora con istituzioni locali come
Altro collaboratore di sua eccellenza Diletto è poi tale «Avv. Salvatore Mariani», nominato sul campo «consigliere diplomatico alle pubbliche relazioni e addetto stampa». Delle gesta di Mariani si compiace
Di maggiore rilevanza la figura del «consigliere diplomatico economico-giuridico», carica attribuita da Diletto a Giovanni Pascone. Ex magistrato del Tar Lazio, a lungo rappresentante in giudizio della Siae, la società degli autori ed editori, Pascone fa parte del cda della Bagnoli Futura. Ma alla tormentata compagine partenopea non potrà dedicare molto tempo: Pascone è attualmente in forze a Palazzo Chigi come consigliere giuridico di Silvio Berlusconi.
STAMPA “DEL CUORE”
Sempre pronta ad intervistare in ginocchio gli artefici di iniziative “umanitarie”, senza farsi troppe domande sulla loro reale matrice, la stampa campana ha portato negli ultimi tempi più volte alla ribalta sia Antonio Diletto che alcuni fra i suoi sodali, tutti intenti a raccogliere fondi per sanare le piaghe del mondo. Ancora il 15 luglio di quest’anno Daniela De Crescenzo ricordava sul Mattino la generosità di «Antonio Diletto, responsabile della prima ambasciata dei bambini nel mondo Medjashi, una ong riconosciuta dall’Onu», corso in aiuto di un piccolo cardiopatico maranese con la sua organizzazione macedone. Non meno “pompate” le gesta di Agostino Conte, sedicente scrittore partenopeo ed organizzatore, sempre per l’ambasciata macedone, di “partite del cuore” a base di neomelodici. «Manifestazioni – aggiunge un addetto ai lavori – in cui, per promuovere la cospicua raccolta di fondi, Conte é riuscito a coinvolgere perfino una star come Simona Ventura». Il 26 maggio di quest’anno è ancora una volta il quotidiano diretto da Mario Orfeo a tramandare le magnifiche sorti del sodalizio macedone Antonio Diletto-Agostino Conte. La coppia era al tavolo degli ospiti d’onore per la notte del beach golf celebrata l’estate scorsa all’Arenile di Bagnoli «Tra i tavoli – scrive Marco Lobasso – tanta bella gente. Furoreggiava l'artista Franco Esposito, che nella vita fa il sosia di Marco Columbro. Ha firmato decine di autografi e si è divertito a scherzare con i campioni del golf. Con lui, al tavolo, l'ambasciatore della Prima Ambasciata Bambini nel Mondo delle Nazioni Unite, Antonio Diletto, appassionato di golf, e Mario Cirino Pomicino». Non è finita: «Gli organizzatori del Campionato italiano dell'Arenile hanno ricevuto in dono dal manager Agostino Conte, la maglia della nazionale di calcio ”Star del Cuore”, quella con il numero 10 della capitana Simona Ventura». A luglio, in occasione di una partita della Nazionale del Cuore a Sarno, è sempre il Mattino, con un articolo di Antonio Orza, a sottolineare le benemerite intraprese di «Children for peace e
A Napoli Children for Peace, la creatura “umanitaria” di Agostino Conte, ha sede in via Filippo Cavolino, presso lo studio del fiscalista Pasquale Toscano. Il “poeta” Conte, intanto, dedica un sito (childrenforpeace.it) a propagandare le sorti del suo omonimo libro che – spiega sul sito – è stato pubblicato da Mondadori. Peccato che alla blasonata casa editrice berlusconiana nessuno ne sappia nulla. Poco importa: grazie alla sua “favola umanitaria” Conte – stando ai suoi racconti – sarebbe stato ricevuto addirittura da Giovanni Paolo II. Merito, probabilmente, di quelle partitelle “del cuore” in cui, oltre ad uno stuolo di neomelodici, scende in campo anche la corpulenta “Lady Chioccia” (vedi foto), definita “responsabile casting”. Non ci scherza, quanto a mole corporea, neppure un altro esponente diplomatico Mejashi “epurato” dopo l’uscita del nostro articolo. Si tratta del «Sen. Ciro di Costanzo, General Consul in Italy», come pomposamente veniva definito nei vecchi elenchi. Il barbuto Ciro è titolare di una palestra per arti marziali in quel di Volla, oscuro comune alle porte di Napoli. E chiudiamo il cerchio partendo dall’inizio: nella giuria del premio letterario di Pomigliano d’Arco siede infatti il «deputato Pietro Fratantaro», Esponente del Parlamento Mondiale di Palermo. Leggiamo qualche passaggio dalla sua autobiografia: «Barone Cav. Pietro Fratantaro: Il barone Pietro III° Fratantaro, cavaliere dell’unione Cavalleria Cristiana Internazionale, presidente della Febac (Federazione Europea Beni Artistici Culturali), presidente del Premio Tindari, è stato eletto Deputato al Parlamento Mondiale fra gli Stati per
Da Skopje a Casal di Principe
Non solo Napoli: anche Milano ha un “cuore” grande così. Lo scorso 13 novembre all’Hotel Novotel del capoluogo lombardo vengono infatti sfornati alcuni “ambasciatori” nuovi di zecca, tutti pronti a combattere per la corazzata umanitaria di Skopje. Si tratta di «Silvio Sabba, Mikeal Kenta, Max Bertolani, la ‘Talpa’ Diego Conte, il naufrago Daniele Interrante, il musicista Ricky Portera e l’ex bomber rossonero Daniele Massaro. Tra tutti – scrive la rivista Gossipnews – anche due ‘comuni mortali’: il p.r. Ferdinando Martone e l’industriale Massimo Manto», nominati anche loro sul campo «consiglieri diplomatici della Prima Ambasciata dei Bambini del Mondo – Megjashi – Repubblica di Macedonia, riconosciuta dal 1990 dalle Nazioni Unite». Una investitura non certo insolita per questo tipo di compagini a cavallo fra beneficenza & business, sempre con un manipolo di massoni in cabina di regia. «Vanno alla ricerca – spiegano gli studiosi del potere occulto – di volti noti che prestino la loro immagine per attirare nuove sottoscrizioni e distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica». «Così accadde a Nicoletta Strambelli, in arte Patty Pravo – aggiungono – quando accettò la nomina di ambasciatore del Parlamento Mondiale di Palermo dalle mani di “Sua Beatitudine” Vittorio Busà». Torniamo ai neo-diplomatici freschi di incoronazione sotto
Perché proprio quello di Massimo Manto è un nome tutt’altro che nuovo alle cronache locali “della bontà”. Gestore di sale giochi a Frattamaggiore, Casoria e Santa Maria Capua Vetere con la sua Partenope Bingo srl, Manto è stato più volte al fianco di Agostino Conte e Antonio Diletto come sponsor di iniziative targate Megjashi destinate alla raccolta fondi. Napoletano, 39 anni, studi all’Istituto Denza di Posillipo, residente nello stesso quartiere, a via Manzoni, Massimo Manto è titolar anche delle srl Emozioni, New Service, Società di Progettazione e Realizzazione SPR, e Net-Com, ora in liquidazione. Suo socio nella Partenopea Bingo è il cinquantanovenne Vincenzo Natale da Casal di Principe, amministratore unico della società. La vocazione per gli affari è una tradizione di famiglia, in casa Manto: suo padre Nicola, che produceva apparecchiature telematiche, era fornitore della Sip. Suo fratello Andrea Manto è stato a capo dei giovani industriali della Campania fino allo scorso anno.
NEL NOME DI LICIO
Non se ne stanno certo con il compasso appeso al chiodo Maurizio e Raffaello Gelli, i due rampolli del venerabile. Partiamo dal maggiore, l’ormai cinquantottenne Raffaello: oltre all’aretina Vali srl, in cui lo troviamo (vedi articolo principale) come socio di maggioranza insieme al fratello Maurizio e alla “poetessa” Maria Rosa Gelli, Raffaello risulta titolare di quote in Omega, srl da 15 mila euro di capitale, con sede sempre ad Arezzo, e soprattutto in Progest immobiliare. Con cento milioni di vecchie lire in dote, anche Progest è iscritta in origine al registro imprese aretino, ma sposta poi la sede prima a Milano in via Borgogna, poi a Putignano, in provincia di Bari. Socio di minoranza (con il 30 per cento delle quote) di Raffaello Gelli in Progest è Fabrizio Serrai, classe 1954. La società, che realizza interi quartieri e strutture alberghiere, risulta molto attiva anche in Sicilia. Scarne le notizie sul socio Serrai, costruttore col “vizietto” dell’amianto: poco tempo fa ha patteggiato a Palermo una condanna per aver interrato una pesante lastra di amianto durante la costruzione di 204 alloggi nel Palermitano. Preferisce le auto il giovane Maurizio Gelli, 46 anni, che troviamo in pista con le aretine Sport Car, 78 mila euro di capitale, Queimada e Vip Car, tutte srl. Insieme alla moglie Serena Paci, Maurizio Gelli fu arrestato a Vienna nel 1999, su mandato dell’autorità giudiziaria austriaca, con l’accusa di riciclaggio.
Le più recenti notizie “ufficiali” su di lui le fornisce Dagospia l’11 ottobre dello scorso anno: «Stamattina alle ore 10 e 50 camminavano tranquillamente per via Ludovisi, nei pressi dell'hotel Ambasciatori un individuo che assomigliava moltissimo a Licio Gelli, in arte ex padrone d'Italia, con un sosia del figlio Maurizio Gelli. Il sosia del primo lobbysta della storia Italiana si appoggiava su un bastone con manico d'avorio che raffigura una gorgone». Mentre i figli si dedicano al business, il venerabile dà libero sfogo alla incontrollabile vena poetica. La stessa che nel ‘96 mise in fibrillazione le massonerie internazionali, riuscite a strappare per il gran maestro aretino addirittura una candidatura al Nobel per la letteratura. Da Stoccolma a Sant’Anastasìa: da qualche mese Licio Gelli cura una rubrica di poesia su un mensile della zona vesuviana, Il Cittadino, diretto da Francesco De Rosa. «Nei prossimi numeri – scrive Gelli nel primo articolo, ad aprile di quest’anno – rifletterò con voi sui versi delle mie poesie. Ma non solo. Il numero d’esordio lo dedicato (lo strafalcione è probabilmente della redazione, ndr) ad un libro che ho pubblicato da poco e il cui titolo è “Ho finito l’inchiostro”».
Poi il venerabile si lascia andare ad alcune considerazioni poetiche sui «caduti di Nassirya»: «Le parole di pace si fanno foglie sull’acqua quando il fiume dell’odio trascina l’uomo tra i meandri impalpabili e sconosciuti e lo trascina tra le rive di una vita ignota». Francesco De Rosa è fra gli organizzatori del premio letterario partorito in quel di Pomigliano d’Arco da Tina Piccolo. Nel 2002, quando ad aggiudicarsi il palmarés fu Licio Gelli,