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Home / Articoli / Umberto Veronesi show: il pensiero magico di uno scienziato in lite con se stesso.

Umberto Veronesi show: il pensiero magico di uno scienziato in lite con se stesso.

di Nicoletta Tiliacos - 12/09/2007

Il professor Umberto Veronesi è fantastico.

Senza mai dismettere gli autorevoli

paramenti dello Scienziato Informato sui

Fatti, non ci risparmia profezie sempre più

mirabolanti, e pazienza se qua e là affiora

qualche incongruenza.

A metà agosto, per esempio, Veronesi

prefigurava un futuro immancabilmente

bisessuale per l’intera specie umana, l’avvento

di un’era felice e semplificata in cui

prevarrà un “modello unico” di sesso, nella

quale gli accoppiamenti saranno del tutto

svincolati da ricadute riproduttive e la

generazione affidata esclusivamente alla

fecondazione in vitro e alla clonazione.

Il professore è di certo molto occupato,

non può star dietro con attenzione ai suoi

stessi pensieri, e così quel piccolo particolare

della clonazione se l’è evidentemente

dimenticato. In una lunga intervista sul

Corriere della Sera di lunedì, infatti, dopo

aver affermato che, grazie ai progressi

scientifici, le bambine nate “in Germania

o in Italia” nel 2007 hanno un’aspettativa

di vita di 103 anni (non 102 o 104, proprio

103), difendeva l’approvazione inglese degli

embrioni ibridi uomo-animale perché

essi sarebbero “un ulteriore passo avanti

nell’ottica di evitare rischi di clonazioni a

fini riproduttivi”. Se “finora l’etica della

scienza non ha mai portato a un clone umano”,

ha detto, il timore che accada “viene

annullato del tutto dalla tecnica approvata

dagli inglesi: usando un uovo di mucca o di

pecora e inserendo in esso il Dna del paziente”

si arriva a produrre staminali “senza

alcun rischio di clonare a fini riproduttivi”,

perché sarebbe in ogni caso la Natura

a provocare l’aborto degli esseri così

creati. Insomma, a metà agosto Veronesi

dava per scontato che i bebè del terzo millennio

usciranno tutti, prima o poi, da una

provetta, e che la clonazione umana sarà

scontata, addirittura necessaria per la continuazione

della specie. Lunedì scorso ecco

che la stessa clonazione riproduttiva

umana nelle parole di Veronesi torna a essere

un’aberrazione eticamente disdicevole,

dalla quale ci dovrebbero salvare (ma

perché?) proprio gli embrioni-chimera.

L’occasione dell’ultima esternazione del

professore è stata offerta dal discorso con

cui Benedetto XVI ha messo in guardia

contro la scienza che perde “il riferimento

a Dio”. Quando questo accade, ha detto sabato

scorso Papa Ratzinger nel santuario

austriaco di Mariazell, le “grandi e meravigliose

conoscenze della scienza diventano

ambigue” e possono “diventare una terribile

minaccia” per l’uomo. Veronesi, naturalmente,

non ci sta. La scienza, per lui,

è una lineare marcia verso “un progresso

della civiltà sempre benefico”. E porta a

esempio la possibilità (sempre grazie a embrioni

umani o semi-umani) di avere una

“banca di staminali proprie”, grazie alla

quale si potrà “intervenire per bloccare

Parkinson, Alzheimer, diabete e in genere

tutte le patologie degenerative, ormai vero

problema di un’umanità” altrimenti “destinata

a una vita ultracentenaria”. Ma il

professor Veronesi, l’abbiamo già detto, è

molto indaffarato e la cura riservata al

mensile di cui è promotore e garante (“Ok,

la salute prima di tutto”, che – scientificamente,

per carità – spiega nell’ultimo numero

perché le coppie scoppiano più frequentemente

in agosto), non gli lascia il

tempo di leggere, per esempio, il pezzo forte

del bimestrale Darwin (numero di settembre-

ottobre) del cui board editoriale

lui stesso fa parte. E’ sempre in tempo per

recuperare e per scoprire, in una lunga review

sullo stato dell’arte del capitolo clonazione

dieci anni dopo la pecora Dolly,

che la ricerca sulla clonazione terapeutica

è finora un’antologia di totali delusioni.

La banca di staminali personalizzate di

cui favoleggia il professor Veronesi è dunque

ancora lontanissima, forse irraggiungibile

per la via che lui prospetta. Mentre

è già realtà, e questo al professore piace

molto, la diagnosi preimpianto che in America

e in Gran Bretagna è disponibile per

le donne che hanno una mutazione dei geni

Brca1 e Brca2, mutazione che predispone

(non condanna) a un tipo di tumore al

seno. La scienza che piace al professor Veronesi

offre dunque alle donne che vogliano

evitare di avere figlie con la stessa predisposizione

di eliminare in vitro gli embrioni

di femmine con quelle mutazioni.

Confessiamo che non vediamo dove sia il

progresso benefico, nell’eliminare, oggi,

embrioni considerati “difettosi” perché potrebbero

trasformarsi in donne candidate

(forse) ad ammalarsi. Vediamo, piuttosto,

un modo sensazionalistico e molto poco

scientifico di presentare successi mirabolanti

quanto inesistenti, e di cui i commenti

entusiastici all’embrione-chimera (che

per ora nemmeno gli inglesi sanno come

definire, come spiegava ieri Assuntina Morresi

su questo giornale) sono solo l’ultimo

esempio.