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Il consumo di cibo locale è un dovere ecologico

di Vandana Shiva - 12/09/2007

Incredibile India
Vandana Shiva
Vandana Shiva
Il consumo di cibo locale è un dovere ecologico. Proteggere il tessuto sociale del commercio tradizionale un imperativo etico e politico
L’India è un bazar. Ogni angolo, ogni villaggio, ogni piazza si anima di vita e di colore quando i commercianti arrivano per i loro mercati settimanali e i venditori dispongono le loro merci lungo le strade. La vendita di verdura avviene anche grazie agli ambulanti, che vengono direttamente alla porta delle case, ogni mattina, con i prodotti freschi acquistati ai mercati generali. Secondo le stime ufficiali i venditori al dettaglio del paese sono circa 40 milioni. Ma questa cifra non comprende molti agricoltori che vendono direttamente i loro prodotti al mercato e molti altri commercianti privi di un negozio. La mia personale stima, in effetti, è che nel paese il commercio al dettaglio occupi circa cento milioni di persone e dia da vivere a più di trecento milioni di persone. Ed è questa la vera “incredibile India” che crea vibrazioni e colori, con la varietà che caratterizza la nostra democrazia.

Oggi però questo vivacissimo settore di attività, così come l’agricoltura, si trova sotto una pesante minaccia. Le multinazionali che si occupano di grande distribuzione alimentare si stanno infatti impegnando per sferrare un attacco commerciale e culturale al nostro paese, proprio come fanno le multinazionali dell’agricoltura industrializzata. Un significativo esempio della pervasività di questo attacco è dato da un recente articolo pubblicato su India Today in cui, con un arguto gioco di parole tra “inspiration” e “perspiration”, si spiega ai lettori che fare la spesa al mercato tradizionale è un’attività che si compone per il 90% di sudore e per il 10% di ispirazione, mentre in un moderno supermercato la proporzione si capovolge. La logica di questo e di molti altri articoli del genere è quella di presentare i mercati tradizionali, a basso costo ambientale e a misura d’uomo, come “primitivi” e di promuovere invece i nuovi centri commerciali, dove l’aria condizionata è d’obbligo, come luoghi “sofisticati”.

Anche un articolo comparso sul Time magazine l’11 giugno 2007 cerca di descrivere i nostri mercati tradizionali come luoghi primitivi. «Quando le luci del mattino iniziano lentamente a rischiarare il labirinto di strade e di vicoli intorno al mercato di Krishnarajendra, a Bangalore, compaiono i mercanti che spingono i loro carretti, sporchi di fango e di letame fino alle caviglie, e accatastano enormi quantità di foglie di cavolo e di pomodori troppo maturi». E ancora: «Delle donne si siedono tra montagne di verdure; il loro lavoro consiste nel portarle a destinazione in luoghi anche molto distanti, con profitti minimi. Il settore alimentare in India è un caos coreografico, una danza commerciale che ha indubbiamente un suo fascino pittoresco ma che comprende anche corruzione, condizioni poco igieniche e una notevole inefficienza». L’articolo del Time magazine si guarda bene, per contro, dal descrivere la situazione dell’incredibile quantità di persone la cui dignità e capacità di sostentamento viene distrutta quando si apre un nuovo mega supermercato Reliance o Walmart. Né tantomeno si preoccupa di informare i lettori degli immensi consumi energetici e delle conseguenti emissioni di CO2 in atmosfera legate alla gestione di queste megastrutture.

Tutta l’impostazione organizzativa e logistica dei grandi supermercati, in effetti, comporta altissimi consumi energetici ed è nemica della stabilità climatica. In questi negozi si cercano di rendere sempre disponibili tutti i tipi di frutta e verdura, e questo comporta un enorme aumento dei trasporti delle merci. Diversi autorevoli studi dimostrano che anche l’uso delle automobili è destinato ad aumentare vertiginosamente nei luoghi in cui si afferma il modello commerciale basato sugli ipermercati, con un conseguente aumento del traffico urbano (che in molte città indiane rapprsenta già un grave problema) e dell’utilizzo di benzina e altri carburanti di origine fossile. Secondo una stima moderata, l’apertura dei nuovi supermercati in India comporterà un aumento dei consumi di gasolio e benzina di circa un miliardo di litri all’anno e un incremento delle emissioni di anidride carbonica di oltre 7 milioni di tonnellate, aggravando la già delicata situazione ambientale del paese e del clima globale. In condizioni di instabilità climatica, il consumo e la vendita di cibo locale sono un imperativo ecologico, così come la protezione del tessuto sociale del commercio tradizionale è un imperativo etico e politico.