Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / L'abisso: intervista a Gianluca Morozzi

L'abisso: intervista a Gianluca Morozzi

di Simone Olla - 13/09/2007

   
 

Si intitola L’abisso (Fernandel) l’ultimo libro del prolifico Gianluca Morozzi, una storia che rimanda sottilmente alla crisi di senso dei nostri tempi, dove tutto è differibile e le responsabilità possono sommergerti fino a farti sprofondare.
Abbiamo incontrato Gianluca Morozzi e con lui abbiamo parlato della sua ultima fatica e non solo.

Il tuo ultimo libro L’abisso può essere interpretato come il differimento perpetuo – se fosse possibile – delle proprie responsabilità. Il protagonista del tuo libro è l’esempio italiano di trentenne che verrà? Ti sei mai ritrovato in un abisso simile a quello che hai descritto nel libro?
Mi sono trovato in un vero e proprio abisso a ventinove anni, quando mandavo racconti alle riviste e le riviste li rifiutavano, cercavo di scrivere un romanzo e il romanzo non mi usciva, non avevo un lavoro fisso e neanche lo cercavo, convinto com’ero di voler fare lo scrittore, trascinavo l’università oltre il limite dell’umano, il concorso da bibliotecario (il mio unico contatto con il mondo dei concorsi non letterari) non l’avevo passato... e a un certo punto, letteralmente sulla soglia dei trent’anni, sono stato al punto “o la va o la spacca” e ho mandato il mio primo romanzo a un editore (“Despero”, all’editore Fernandel). Se fosse andata male... boh, forse avrei fatto il benzinaio o l’edicolante, chissà... 

Gli scrittori spesso trovano ispirazione nel quotidiano che vivono, nelle strade che percorrono e nelle genti che incontrano. Sapevi che a Cagliari tanti anni fa c’è stato un caso simile a quello che hai descritto nel tuo libro? Solamente che lui c’è riuscito. Non solo ha uccellato i familiari dicendo che si era laureato, ma poi è riuscito pure a farsi assumere al Comune. Tornando a noi: quanto la tue storie sono influenzate dal mondo che vivi, dal mondo di Morozzi Gianluca?
Guarda, sto presentando L’abisso su e giù per l’Italia da sei mesi e ovunque vado qualcuno mi dice “sai che è successa proprio la stessa cosa a qualcuno che conosco?” Si vede che di finti laureandi (e finti laureati!) ce ne sono tanti...
Il mondo in cui vivo mi influenza tanto, com’è ovvio... il rock, il calcio, i fumetti e i libri che mi sommergono, i miei cd, i gruppi in cui suono, le ragazze che ho avuto, gli amici... qualcosa filtra sempre dalla vita alla pagina.

Nella parte finale de L’abisso è presente una “stilettata” nei confronti di Marianna, donna-bussola per il protagonista del romanzo, che quando viene meno la sua presenza inizia l’abisso di Gabriele. La mia testa è questa qua dice Gabriele concludendo il libro. Avrebbe potuto dire che la vita ideale non esiste se non in ognuno di noi? E ancora: quello di Gabriele è un abisso necessario per ritrovare un minimo di equilibrio?
Be’, L’abisso è un romanzo in cui si parla delle aspettative di vita che qualcuno (mamma Gelida) ci crea intorno contro la nostra volontà, e in fondo Gabriele è un po’ uno Zelig, che riesce ad essere il bravo fidanzatino per Marianna e il finto studente modello per sua madre e il compagno di bravate di Drugo e Scaglia, anche perché ha una personalità abbastanza fluida...
L’abisso di Gabriele non credo che lo porti all’equilibrio, tanto che alla fine tutto quello che ottiene è di aver guadagnato tempo... uno come lui l’equilibrio non lo troverà mai...

Quali autori hanno influenzato la tua scrittura?
Tantissimi... ogni volta che mi fanno questa domanda do una risposta diversa, non perché cambio idea tutti i giorni, ma perché mi vengono in mente solo alcuni nomi alla volta. Come influenze direi Paolo Nori, Stephen King, John Fante, Peter David, ultimamente David Sedaris. Poi ci sono autori che amo molto anche se non mi hanno influenzato, come Philip Roth, ad esempio...

Per te scrivere è una necessità?
Certo. Non avrei potuto fare nient’altro nella vita, e se non ho il mio computer a portata di mano divento pazzo. Io che viaggio sempre leggerissimo, quando vado in vacanza per più di tre giorni mi carico il portatile nello zaino, pur di averlo con me...

Esiste a tuo modo di vedere la letteratura giovanilista? Cosa rispondi a chi ti addita come scrittore giovanilista?
Be’, due o tre anni fa io e il mio amico e collega scrittore Marco Rossari siamo stati sottoposti a un processo per giovanilismo dall’associazione culturale I libri in testa di Roma. La precisa e puntuale requisitoria del Rossari ha dimostrato che anche John Fante e l’insospettabile Philip Roth potevano essere tacciati di giovanilismo, in base ai capi d’accusa. E siamo stati assolti.
Detto questo, be’, se giovanilista vuole dire che i miei protagonisti spesso si aggirano intorno ai trenta, trentacinque anni e che parecchie volte cito nomi di gruppi rock, ah, allora sono giovanilista. Dato che al momento non ho intenzione di scrivere un romanzo di ottocento pagine sulla lenta morte di un anziano che guarda dalla finestra il lento, meraviglioso lavorio delle formiche nel suo cortile, probabilmente lo resterò ancora per un po’.