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La lotta per il Kosovo (novità editoriale)

di Yves Bataille - Alessandro De Rienzo - Stefano Vernole - 14/09/2007

Fonte: insegnadelveltro


Yves Bataille - Alessandro De Rienzo - Stefano
Vernole, La lotta per il Kosovo, pp. 160, E18,00

Prefazione

di Stefano Vernole

Alla fine del mese di luglio 2006, proprio mentre a
Vienna i delegati serbi ed albanesi s'incontravano per
cercare di superare le rispettive e incolmabili
differenze sul futuro status del Kosovo e Metohija,
una regione oggi teoricamente amministrata dalla
Comunità Internazionale ma in pratica sottoposta a una
massiccia occupazione delle truppe NATO, il
sottoscritto insieme all'amico Yves Bataille si è
accodato a un viaggio organizzato dal governo di
Belgrado per verificare la situazione di quella
martoriata terra.
Durante il breve soggiorno, abbiamo potuto comunque
visitare le principali enclavi serbe rimaste nella
"Terra Sacra" malgrado la pulizia etnica subita dalle
minoranze non albanesi nel 1999,  quando l'entrata dei
soldati dell'Alleanza Atlantica paradossalmente ne
avrebbe dovuto tutelare l'incolumità.
Il secondo maggiore episodio di questa  persecuzione
si è registrato nel marzo 2004, in quanto dopo aver
diffuso la falsa notizia dell'omicidio di due bambini
albanesi ad opera di ragazzi serbi, la manovalanza che
costituiva l'ex UCK ha ripreso in grande stile i
pogrom specie contro gli edifici religiosi ortodossi e
coloro che tentavano di proteggerli.
Secondo il rapporto stilato dalle Nazioni Unite, gli
scontri hanno provocato 19 morti - 11 Albanesi e 8
Serbi - e 954 feriti, ai quali bisogna aggiungere 65
feriti tra i poliziotti delle forze internazionali, 58
membri del KPS e 61 soldati della KFOR. Oltre alle 36
chiese, ai monasteri e ai siti culturali e religiosi
ortodossi, 730 case appartenenti alle minoranze,
specie Serbi del Kosmet, sono state danneggiate e
distrutte.
Le tappe toccate dalla nostra comitiva hanno
riguardato le località di Kosovska Mitrovica,
Semetiste, Gracanica, Brezenoviza e Strpce, con una
veloce appendice a Skopje, alfine di valutare anche la
"consistenza" della frontiera con la Macedonia (1).
Perché a distanza di sette anni, vogliamo mettere
ancora il Kosovo al centro dell'attenzione? In questi
due contributi, nei quali tracciamo un bilancio
storico-politico della situazione serba, io e Bataille
intendiamo mettere in guardia sulle concrete strategie
che si stanno giocando sullo scacchiere balcanico,
dove la trama della destabilizzazione antieuropea ad
opera degli Stati Uniti si è tutt'altro che conclusa.
Concedere l'indipendenza da Belgrado agli Albanesi del
Kosmet rischierebbe di creare un effetto domino in
tutto lo spazio ex-jugoslavo, le cui conseguenze
risulterebbero devastanti per la sua futura
integrazione nel Vecchio Continente.
La prima reazione al distacco di Pristina dalla
madrepatria serba sarebbe la richiesta della Republika
Srpska, che già possiede un proprio parlamento
autonomo, di staccarsi dalla Federazione Bosniaca (2);
scontri poi scoppierebbero in Macedonia (dove 1.500
Albanesi armati si addestrano a dispetto delle
preoccupazioni della maggioranza slavo-ortodossa e
della Bulgaria), nel Sud della Serbia (Valle di
Presevo, Bujanovac, Medvedevo, aree a forte presenza
albanese), in Montenegro (3) e probabilmente in Grecia
(4).
I reali motivi di questa "covert operation"
statunitense sono tutti geopolitici.
Le tre "highways", Skopje-Sofia, Sofia-Kraljevo e
Kraljevo-Pristina-Skopje, con il loro centro
strategico nella città di Nis, rappresentano uno
spazio di manovra centrale per le operazioni militari
della NATO nei Balcani. Le Alpi in Italia e i Pirenei
in Spagna, pongono un serio ostacolo ad esercitazioni
in tutte le direzioni come quelle richieste
dall'Alleanza Atlantica (5). "Per la sua posizione il
Kosovo rappresenta un'interessante retrovia per
l'azione americana nel Caucaso, nel Mar Nero e in
Medio Oriente, aree dove si concentrano gli attuali
interessi geostrategici americani" (6).
Ancora una volta, l'Europa rischia di pagare un caro
prezzo per la sua mancanza di sovranità
politico-militare.
Tutto questo mentre la piccola ma orgogliosa Serbia
continua ad essere presa di mira dai centri di potere
mondialisti, nel tentativo di spezzarne l'identità
mitica e l'anima incontrollabile.
Oggi, quando tutto sembra ormai perduto, i sondaggi
d'opinione effettuati dagli stessi Anglo-Americani
rilevano che il Partito Radicale serbo si trova oltre
il 40% delle intenzioni di voto e il suo attuale
Presidente, Tomislav Nikolic, paventa un asse
geopolitico Belgrado-Minsk-Mosca-Pechino una volta
arrivato al potere.
Perfino il "moderato" Vojislav Kostunica, nel silenzio
della diplomazia internazionale che non sa più che
pesci pigliare, ha il 28 giugno 2006 partecipato alla
rievocazione della battaglia di Kosovo Polje, che
tanta cattiva popolarità aveva procurato in Occidente
a Milosevic (7).
Non a caso, gli ultimi colloqui di Vienna si sono
conclusi con un nulla di fatto, i rappresentanti
albanesi chiedono l'indipendenza, quelli serbi sono
disposti al massimo a concedere una forte autonomia
sul modello italiano dell'Alto Adige, mentre a Nord di
Mitrovica già si prepara l'eventuale secessione.
Il 28 settembre 2006 il parlamento di Belgrado ha
adottato quasi all'unanimità la nuova Costituzione,
che nell'ambito delle definizioni territoriali prevede
due province autonome: la Vojvodina e il Kosovo e
Metohija.
In occasione del suo insediamento il presidente della
Serbia dovrà perciò d'ora in avanti pronunciare la
seguente frase di rito: "Giuro che impegnerò tutte le
mie forze per mantenere l'integrità e la sovranità del
territorio della Serbia compreso il Kosovo e Metohija
come sua parte integrante, così come mi impegnerò per
la realizzazione delle libertà e dei diritti umani
delle minoranze".
Una mano in tal senso sembra provenire dalla Russia,
che ha trasmesso al Gruppo di Contatto e allo stesso
delegato delle Nazioni Unite, Marthi Athisaari, la sua
posizione di sostegno alla sovranità serba sulla
regione.
Stando all'agenzia "Beta News", il Cremlino sostiene
che l'Unione Europea non può imporre una soluzione
definitiva a Belgrado e se necessario le trattative
sul futuro del Kosovo dovranno continuare anche nel
2007 (8).
L'Italia, che per motivi storici, culturali ed
economici, dovrebbe avere grande interesse a tutelare
la posizione geopolitica della Serbia, continua ad
essere troppo timida, con una diplomazia estremamente
attenta a non dispiacere ai padroni di Washington e
pronta ad accodarsi a interventi militari sciagurati
come quello del governo D'Alema nel 1999.
Gli Stati Uniti, che contano di aprire nel 2007, in
piena bagarre elettorale, un centro della NATO a
Belgrado, nel frattempo continuano il loro lavoro di
lenta distruzione della rete nazionalista rimasta
all'interno dell'esercito serbo, dopo aver infiltrato
e costretto allo scioglimento l'Istituto di
Geopolitica della ex capitale jugoslava.
Ma la partita, almeno qui, è tutt'altro che chiusa.




1. Per un resoconto abbastanza dettagliato di questo
giro si legga il mio Viaggio con i Serbi nel Kosovo,
tra disperazione e speranza, 4 agosto 2006,
www.eurasia-rivista.org.
2. Bosnia: Dodik minaccia nuovamente referendum
secessione RS, 5 settembre 2006, "Ansa Balcani".
Questa dichiarazione dell'attuale Primo Ministro della
Repubblica Serba di Bosnia segue peraltro la raccolta
di decine di migliaia di firme per l'indipendenza da
Sarajevo.
3. Subito dopo il distacco del Montenegro dalla
Serbia, la minoranza albanese ha iniziato a
rumoreggiare contro la politica dell'uomo forte di
Podgorica, Milo Djukanovic. Cfr. Minorities accuse
Djukanovic of Betrayal, di Nedjeliko Rudovic, su "The
Belgrade Times" del 27 luglio 2006, p. 2.
4. Una piccola zona nel Nord-Ovest della Grecia è
rivendicata dai sostenitori della "Grande Albania",
che nei casi più estremi arrivano a richiedere la
sovranità anche su Corfù, Nis e il Sangiaccato.
5. Cfr. Manojlo Babic, in Kosovo e Metohija,
challenges and responses: collection of papers
submitted at the round table, the geopolitical future
of Kosovo and Metohija, Belgrade, 1997, p. 294.
6. Cit. in Daniele Senzanonna, L'altra guerra del
Kosovo, Padova, 2006, p. 84.
7. Tra i pochi siti internet che riportano un breve
resoconto della visita di Kostunica a  Gracanica e poi
a Kosovo Polje, segnaliamo non a caso quello di "Radio
Free Europe-Radio Liberty", emanazione della CIA in
Europa, www.rferl.org.
8. Cfr. Andrea Perrone, Putin: il Kosovo è serbo,
"Rinascita", 10/10/2006,  p. 8.

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