Così la natura inghiottirà in poco tempo millenni di fatiche umane
di Stefano Pistolini - 14/09/2007
C’
è un’atmosfera di malinconia e fatalismonelle pagine del libro che svolge
un’eccellente idea: “The World Without Us”
di Alan Weisman, giornalista scientifico del
New York Times. “Il giorno dopo che gli
umani scomparvero, la Natura si risvegliò e
cominciò immediatamente a fare pulizia in
casa. O meglio: a ripulire tutte le case dalla
faccia della Terra”. Weisman, intervistando
un gran numero di studiosi – biologi, archeologi,
scienziati della materia eccetera – stende
la suggestiva rappresentazione di cosa accadrà
subito dopo (e molto dopo) la dipartita
dell’ultimo uomo dal pianeta, allorché fossimo
noi a perdere la corsa della sopravvivenza,
ma comunque le cose dovessero procedere,
e la Terra ci sopravviva e cominci a
elaborare spontaneamente il lutto per la nostra
dipartita. In tempi di allarmi ambientalistici,
di presa di coscienza del ruolo individuale
nella conservazione e d’identificazione
delle responsabilità, questa lettura diventa
un reality show della crudeltà: “Pensavamo
di essere noi a dire l’ultima parola ma le
cose sono andate diversamente”. C’è sadismo
in un saggio così, confortato da pareri
eminenti, tutti laconicamente concordi nel
dire che, al di là delle battaglie che l’uomo
combatterà, finirà come racconta Weisman,
e gli scenari che nessuno vedrà saranno
quelli virtuali ipotizzabili lasciando interagire
gli sviluppi di una serie di dinamiche e
di conseguenze inarrestabili, allorché in circolazione
non ci saranno più uomini – unica
specie connotata dall’ostinazione di modificare
il corso naturale degli eventi. E allora?
Prendiamo New York. Due giorni dopo l’ultimo
uomo (o quando l’ultimo interessato al
problema avrà sloggiato), le acque invaderanno
le gallerie della metropolitana e le
avenue cominceranno a collassare. Nel giro
di vent’anni dove passava la Lexington correrà
un fiume veloce, mentre i grattacieli si
UN SAGGIO DI ALAN WEISMAN SUL MONDO SENZA DI NOI
sbricioleranno sotto l’assalto del vento e dei
fuochi. Basteranno poche settimane perché i
441 impianti nucleari sparsi per il pianeta comincino
a liquefarsi, dando vita a formidabili
lagune radioattive, mentre gli impianti petrolchimici
si muteranno in fiammeggianti
geyser costretti a sputare veleno nell’aria.
Questi saranno gli “hot spots”, come li chiama
Weisman, i roventi foruncoli di crisi. Altrove,
sulla superficie che fu civilizzata, le cose
procederanno meno drammaticamente e
a temperature più basse. La natura si riprenderà
tutto, ingoierà, con le forze che le restano,
ciò che le si è appiccicato sulla crosta, e
le foreste o le acque invaderanno le città, sradicheranno
marciapiedi e asfalti, ricopriranno
case e monumenti. Diabolicamente Weisman
cataloga gli effetti del dopo, il viaggio
di ritorno, la restituzione a forme risonanti
con quelle selvaggie e originali, nel mondo
MOLT A IDEOLOGIA E POCA SCIENZA ALLA CONFERENZA SULL’AMBIENTE
“Serve un’alleanza con la natura”, Prodi vuole allargare la maggioranza
C
on toni da apocalisse si è conclusa ieri aRoma la prima Conferenza nazionale sui
cambiamenti climatici, con tanto di Manifesto
per il clima presentato dal ministro Alfonso
Pecoraro Scanio al premier Romano Prodi.
Gli italiani in questi giorni sono stati subissati
di iperboli e immagini da fine del
mondo sui giornali (lande desolate di terra
secca solcate da crepe, tipo buccia d’arancia),
hanno sentito dire che se non facciamo qualcosa
ci aspetta un futuro prossimo di malattie,
carestie, zanzare grosse come tigri che si
aggirano fameliche mietendo vittime, fame,
sete e via predicendo. D’altra parte, se lo dicono
quelli della Conferenza nazionale, vuoi
che non sia vero? Se anche Fabio Mussi si improvvisa
climatologo e dice che “la nostra civiltà
è di fronte a un’alternativa legata all’ambiente:
o salta per aria oppure progredisce”,
viene voglia di spegnere l’auto, prendere la
bici e staccare il frigo, e ridurre una volta per
tutte questi maledetti gas serra che fanno aumentare
la temperatura globale.
O no? La cosa sicura è che è difficile capirci
qualcosa. Per Paolo Togni, capo di gabinetto
del ministero dell’Ambiente nella passata
legislatura, “le premesse della Conferenza
sono sbagliate. Dire che il riscaldamento deriva
da cause antropiche è falso. In questi mesi
la commissione Ambiente del Senato ha
avviato un’indagine conoscitiva del problema
e affidato la relazione al presidente di Legambiente,
Francesco Ferrante, il quale ha
lasciato in secondo piano uno studio del professor
Antonino Zichichi, che diceva che l’impatto
dell’attività antropica sui processi dei
cambiamenti climatici può essere valutato in
un dieci per cento della variazione”. Per capire:
se la temperatura aumenta di un grado,
la responsabilità dell’uomo è di 0,1 gradi al
massimo. Si viene così a sapere che la somma
delle emissioni di anidride carbonica di origine
antropica arriva al quattro per cento della
quantità totale di CO
2 che va nell’atmosfera.Il resto è dato da eruzioni vulcaniche,
scambi chimico-fisici tra mare e atmosfera ed
emissioni “gassose” degli animali.
Epperò alla Conferenza hanno citato ben
altri dati. Anche contraddicendosi nelle
stesse relazioni, in verità. Ma basta con le
discussioni: l’ha detto anche Achim Stainer,
direttore esecutivo dell’Unep (il programma
delle Nazioni Unite sull’ambiente), il quale
ha esordito in conferenza stampa con un
inequivocabile “il 2007 segna la fine del dibattito
sui cambiamenti climatici, anche l’Onu
ha dichiarato che senza dubbio essi sono
dovuti all’uomo”, seguito a ruota dal presidente
del Consiglio Romano Prodi per cui
“il fatalismo di chi dice che si tratta di cicli
è ormai privo di consensi”.
Secondo il professor Renato Ricci, presidente
onorario della Società italiana di fisica,
“chi afferma una cosa del genere nemmeno
conosce il metodo scientifico. Dovrebbe
avere il pudore di dire almeno che l’International
Panel sui cambiamenti climatici sostiene
che è ‘molto verosimile’ che il riscaldamento
sia dovuto a cause antropiche”. In questi
giorni alla Conferenza viene sempre citato
proprio l’Ipcc che, secondo Togni, è “stato
creato per dimostrare l’origine antropica del
riscaldamento globale e riunisce gente pagata
solo perché non cada questa ipotesi. E’
chiaro che difendono quella teoria: senza non
avrebbero uno stipendio”. Il cittadino medio,
che magari ha seguito parte della Conferenza
su Internet, ha però visto fior fiori di esperti
spiegare che non si potrà più sciare a Sestriere
e che si farà il bagno in mare a Bologna
(in quell’Adriatico che sta diventando
una palude). “Basta leggere i nomi di chi interviene
– dice Ricci – per capire che c’è poco
di scientifico: mancano alcuni dei massimi
esperti italiani di climatologia”. In effetti il
fratello del premier, “uno dei più autorevoli
climatologi italiani, Franco Prodi”, potevano
invitarlo. Continua Ricci: “Penso a Guido Visconti
o al professor Fiocco. Scienziati autorevoli
che non la pensano nei termini tragici
dei promotori della Conferenza”. E’ tipico
dell’Italia, sostiene Ricci: quando si parla di
tali argomenti c’è quasi sempre solo un risvolto
politico. In effetti non interviene nessuno
della Società italiana di geologia, né
Antropologie
La proposta di Alesina&Giavazzi
sull’età dei dirigenti pubblici
(ma Polito continui a scrivere)
Incendi
Il fuoco dei Balcani e la domanda
dei croati: il verde di un’isola
disabitatavalevaundicipompieri?
della Società di fisica né di quella di chimica.
Quindi? Quindi si capisce poco, e creare
allarmismo catastrofista “fa il gioco di chi
vuole avere un controllo su decisioni strategiche
per la costruzione di opere come fabbriche
o autostrade”, secondo Togni.
Ieri Prodi (Romano, non Franco) ha chiesto
“un’alleanza con la natura”, e i media
continuano a convincerci che fa caldo, caldissimo,
che il Polo nord si scioglierà e il
mondo sarà sommerso. Poi però si pensa ad
Archimede, al fatto che il ghiaccio che galleggia
in un bicchiere non fa aumentare il livello
dell’acqua quando si scioglie, e si è più
tranquilli. Ma in Antartide è diverso: è un
continente, se si scioglie quello sono guai.
Già, ma la Nasa ha detto che una parte del
ghiaccio del Polo sud si sta ritirando e un’altra
aumenta. Risultato? Equilibrio dinamico.
Come è sempre stato nella storia. Dai tempi
di Eric il Rosso, che nell’anno 1000 viveva
nella verde Groenlandia e coltivava uva nell’oggi
desolato Labrador, passando per il
1814, quando il Tamigi si ghiacciò. Però l’acqua
sta finendo. “Nemmeno per idea” dice
Togni. “Quella è e quella rimane. Ci saranno
problemi di ubicazione. Ma con le nuove tecnologie
possiamo risolverli: col trasporto o
con la desalinizzazione dell’acqua di mare”.
Di sicuro non è certo che i gas serra facciano
aumentare la temperatura, mentre “ridurli
del venti per cento vuol dire ridurre
del trenta per cento il commercio mondiale”
dice Togni. Niente innalzamento dei mari
ma sicura recessione economica.
I dati frastornano. Ognuno ne cita a sostegno
della propria tesi. Soprattutto chi cerca
di vendere come imminenti cambiamenti che
avvengono, da sempre, in migliaia di anni. Intanto
la sera comincia a fare fresco. Starà mica
arrivando l’autunno?
(pv)vegetale e tra i superstiti di quello animale.
Da uno studioso dei fenomeni di estinzione,
Weisman riceve la diagnosi definitiva: “L’unica
cosa certa è che la vita continuerà dopo
l’uomo. E che sarebbe interessante osservarne
il corso”. Ma proprio questo è lo sberleffo:
niente soddisfazione per quell’istinto a sapere
e a desiderare, che ci rende unici, strani e
destinati a effimero destino. Siamo speciali,
e perciò narcisisti e preoccupati, scrive l’autore,
che non travalica mai gli interrogativi
religiosi pronti a essere pronunciati. Finiremo
come esito del nostro stile di vita iperattivo,
contraddittorio, fallace, autoreferenziale.
Finiremo anche perché non abbiamo seguito
il corso – che comunque ci avrebbe costretto
a finire lo stesso – ma abbiamo insistito
nel modificarlo, e nel tentativo abbiamo
sbagliato troppo e ci siamo occupati delle cose
sbagliate. I ritratti sul monte Rushmore ci
sopravviveranno per sette milioni di anni e
saranno visibili quando non ci sarà più traccia
della nostra biomassa (sei miliardi di uomini
potrebbero essere “discaricati”, come
trascurabile immondizia, in un solo ramo del
Gran Canyon, secondo il biologo E. O. Wilson).
Anche la piramide di Khufu sarà ancora
al suo posto a quel tempo, anche se non
sarà granché piramidale. I musei o i forzieri
delle banche invece saranno stati inghiottiti
dagli elementi. Migliore fortuna avranno le
ceramiche, chimicamente simili ai fossili.
“Di qui sarà passato un popolo pazzo per la
ceramica”, concluderà qualcuno, “ma anche
una specie incapace di organizzare un ciclo
seriamente lungo di residenza”. Perciò, un
esperimento trascurabile, anche se in circolazione
si coglieranno ancora sciami di onde
elettromagnetiche emesse, con tutta probabilità,
da masse cerebrali un tempo operative.
Stormi vaganti nelle distese interstellari, in
cerca di sorridenti intercettori.