Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Mounier, attacco al nichilismo

Mounier, attacco al nichilismo

di Marco Roncalli - 15/09/2007

Il dominio della tecnica genera una nuova paura: l’«artificiale» fagocita l’umano. Esce ora un libro con gli scritti profetici del filosofo francese

Tra le paure del tempo che abitiamo, una ha lo stesso volto celato da tante maschere: l'«artificiale». Volto un po' diverso, specie per la rapidità con cui muta, da quello bifronte della «tecnica» della quale si discuteva all'alba del Novecento. Ma pur sempre qualcosa che ci fa interrogare sul senso di possibilità affidate a macchine che da una parte liberano l'anima dell'uomo, dall'altra finiscono per costituire - e non più in senso metaforico - prolungamenti o protesi del suo corpo. Interrogativi che si accompagnano ad angosce nuove, ma anche antiche, a illusioni rassicuranti che restano tali, e ai consueti traumi provocati da ogni «separazione», a cominciare da quella della natura. La paura dell'artificiale. Progresso, catastrofe, angoscia è il titolo con il quale Città Aperta manda in libreria, preceduti da una ricca introduzione di Franco Riva, alcuni interventi di Emmanuel Mounier apparsi nel 1949 sotto il titolo La petite peur du XXe siècle e svolti pochi anni prima, più o meno gli stessi in cui Martin Heidegger esibiva -contrapposta a quella di Prometeo - l'icona dell'uomo «pastore dell'essere». Si tratta di un'edizione accurata di quello che può essere ormai considerato un classico, corredata di una bibliografia degli scritti citati (redatta da Maria Pastrello, pure autrice della nuova traduzione), di indici onomastici e analitici. Quanto può servire insomma, non solo a capire i riferimenti culturali del grande pensatore o la sua concezione sul rapporto dell'uomo con la macchina e della macchina con l'uomo (oggetto di capitoli quasi divinatori nel romanzo Erewhon di Samuel Butler non a caso citato da Riva all'inizio della sua introduzione), ma anche per riflettere - oggi - su macchine sempre più somiglianti all'uomo e in un dibattito in cui le distinzioni tra «naturale» e «meccanico», tra «umano» e «artificiale», cancellata ogni prerogativa, sembrano scomparire dentro ricorrenti tautologie, lasciando posto a paure. Che in ogni caso restano dell'uomo.
Cer to, ogni epoca ha avuto le sue paure, diverse o già viste. Ogni periodo storico - ad ogni latitudine - ha conosciuto il timore di sorti immaginate con tratti apocalittici. «Sotto i nostri occhi si raccolgono gli elementi storici e psicologici del terrore dell'anno 2000, ma la prospettiva di fondo è completamente diversa dall'importante attesa del 1000. Non nasce da una profezia profondamente ottimistica, ma dallo smarrimento generale delle credenze e delle strutture. La crisi delle credenze è la conseguenza del crollo massiccio e quasi contemporaneo delle due grandi religioni del mondo moderno: il cristianesimo e il razionalismo…». Questo l'approccio - datato 1948 - di Emmanuel Mounier. Approccio di constatazione su dati sociologici, senza ipotecare né il valore né la durata di questo crollo, e con uno sguardo proiettato sul futuro. Lo sguardo di un filosofo, gli occhi di un credente. Lo scrittore infatti, ad esempio nel testo Per un tempo d'Apocalisse, indagata la differenza tra il sentimento apocalittico dell'Europa all'indomani della seconda guerra mondiale e il senso biblico dell'Apocalisse, si spinge poi ad una disamina sulla tipicità dell'angoscia contemporanea nel suo rapporto con il nichilismo attivo (non quello teorico, quanto piuttosto quello dotatosi nella realtà di armi devastanti) e con il terrorismo (che è, in nuce, lo stesso oggi accettato da mentalità di massa, predicato persino come prassi collettiva). In sintesi - come ricorda Riva - Mounier affronta qui «l'altra faccia di una cultura della libertà che trova nell'artificiale e nella domanda sull'umanità le sue corrispondenze più immediate». Non è propriamente questo però l'«artificiale» sul quale Mounier argomenta nello scritto La macchina sotto accusa. Alle origini psicosociali dell'antitecnicismo.Qui invece il fondatore di Esprit scandaglia indugiando su dettagli non irrilevanti tra comportamenti reattivi e polemici nei confronti della tecnica («Mi viene fatto notare che il musulmano di fronte a lla macchina, stavolta per ragioni teologiche, non prova né stupore né spavento, ma una sorta di sacra indifferenza per un oggetto che non merita né la sua ammirazione né le sue preoccupazioni»).
Sosteneva Mounier quasi sessant'anni fa: «Viviamo in una società nella quale i concetti cristiani impregnano anche coloro che non ne accettano le implicazioni religiose, e in cui essi, di rimando, si sono ampiamente imbevuti di influenze esterne. Paradossalmente, questo cristianesimo diffuso e corrotto ispira spesso il disprezzo del lavoro e della materia, mentre il cristianesimo autentico riabilita l'uno e l'altra». Lo stesso discorso - secondo Mounier - riguarda il rapporto con la modernità e la cultura. E non vi è per nulla incompatibilità tra queste e il cristianesimo.



Emmanuel Mounier
La paura dell'artificiale
Progresso, catastrofe, angoscia
Città aperta. Pagine 160. Euro 14,00