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Partiti unici, più che altro unico partito

di Paolo Emiliani - 18/09/2007

 

Partiti unici, più che altro unico partito

La politica italiana sembra prossima a vivere momenti di grande cambiamento, almeno esteriore.
I partiti storici italiani nacquero tutti tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, comunque tutti espressione dei grandi ideali ottocenteschi. La principale dicotomia fu quella tra liberismo e socialismo intorno alla quale nacquero poi posizioni più o meno intransigenti e visioni dello Stato più diversificate, ma comunque tutte riconducibili ai due principali filoni di pensiero. In Italia si è avuta poi l’anomala crescita di un partito confessionale, espressione diretta dell’ingombrante presenza clericale sul nostro territorio, che a sua volta ha dovuto contenere il tutto.
Durante il ventennio fascista questa situazione è solo apparentemente scomparsa, perché il Pnf aveva in fondo nel suo seno tutte le componenti che precedentemente avevano avuto rappresentanza parlamentare.
Non c’è dubbio, infatti, che esistesse un fascismo di chiara ispirazione socialista e laica ed altri invece più liberisti e certamente più confessionali. Soltanto dopo l’8 settembre, con la costituzione della Rsi e la fondazione del Pfr, si avrà un fascismo decisamente più “socialista”, mentre i suoi oppositori, tutti, compreso il Pci, scelsero di collaborare con l’invasore angloamericano che portava con sé un chiaro modello capitalista e liberale.
Con la fine della guerra si tornò al modello ottocentesco, cioè allo schema destrasinistra nel quale la prima rappresentava conservatorismo e capitalismo e la seconda progressismo e socialismo, con la Dc sempre in mezzo e il Msi che avrebbe dovuto stare a sinistra (visto che in qualche modo si dichiarava erede del Pfr) ma che invece si collocò, non solo formalmente ma anche praticamente, all’estrema destra.
Le cose sono andate stancamente avanti in questo modo fino a che due eventi sconvolsero il panorama generale.
Innanzitutto la caduta del Muro di Berlino e la distruzione dell’impero sovietico fece perdere al Pci un fondamentale punto di riferimento favorendo una deriva diventata sempre più rapida verso posizioni centriste e di fatto liberiste; poi la bufera Tangentopoli che spazzò via il partito socialista (che più di altri era un riferimento ideologico importante) ma anche la Dc e i piccoli partiti laici come Pri e Pli che, al di là delle loro piccole dimensioni, portavano comunque avanti posizioni ideologiche importanti.
L’Italia si ritrovò così improvvisamente orfana di partiti con dietro le spalle un ideale di riferimento (anche il Pci diventò presto Pds e poi Ds) e lo scontro politico si spostò sulla dicotomia fasulla tra due coalizioni di fatto ideologicamente fotocopia.
La Cdl, ovvero principalmente espressione di un partito azienda come Forza Italia e di un partito in perenne crisi d’identità come An, e l’Ulivo, ovvero il mini compromesso storico tra ex comunisti e una parte di cattolici.
Non sono mancati i cespugli, sia di qua sia di là, ma sempre costretti ad alleanze coatte per sopravvivere ai nuovi meccanismi elettorali che, maggioritari o falsamente proporzionali, privilegiavano sempre le grandi ammucchiate.
La crisi di valori ideologici permane, ma i partiti si sono resi conto che qualcosa deve cambiare per cercare di arginare una montante disaffezione alla politica degli italiani.
Il centrosinistra sta cercando di costruire il Pd, una specie di partito unico al quale la sinistra cosiddetta radicale non sembra capace di rispondere con un altro partito unico.
Il centrodestra vorrebbe fare altrettanto, ma finora solo Fi e An sembrano in sintonia su questo progetto.
L’Udc punta ad un grande centro in proprio mentre la Lega non ha proprio intenzione di diluirsi in un grande calderone dove perderebbe la sua funzione di forza determinante.
Il Carroccio, infatti, a livello nazionale pesa circa il 4% del voto, praticamente è un partito minore, ma in alcune regioni è il vero e proprio ago della bilancia e di fatto ancor oggi può decidere le sorti di un’elezione.
Ecco quindi che sembra prendere corpo tra i leghisti un progetto ambizioso: il modello bavarese.
Roberto Cota, vicecapogruppo del Carroccio alla Camera e uno degli uomini più vicini a Umberto Bossi, ieri, rispondendo alla proposta di federazione del Centrodestra rilanciata da Berlusconi, ha detto: “il modello bavarese è molto interessante, perché la conseguenza sarebbe che al Nord si presenterebbe alle elezioni solo la Lega”.
Il partito di Bossi risolverebbe per molto tempo i suoi problemi, ma difficilmente Berlusconi e Fini abboccheranno a questo pericoloso amo. Lasciare il Nord adesso potrebbe pregiudicare un rientro per sempre e lasciare mano libera ad un alleato che già in passato si è mostrato poco affidabile potrebbe diventare un errore fatale.
Rimanendo però fermo il diniego leghista ad un partito unico o anche ad una federazione più strutturata, la Cdl si troverebbe davanti ad un bivio: procedere da sola sperando di vincere lo stesso (con il rischio anche di un riposizionamento leghista nel centrosinistra, improbabile davanti a certi estremismi di gente come Calderoli, ma non impossibile in questa politica impazzita) oppure ingoiare il rospo. Certo, rimarrebbe sempre una terza ipotesi: continuare così come è, cioè con una Cdl in ordine sparso.
Molto dipenderà dalle sorti del Pd. Se veramente diventerà una corazzata difficilmente Berlusconi potrà affrontarla con tre incrociatori, se invece la montagna dovesse partorire il topolino si potrebbe rimandare tutto a più favorevoli momenti, quando la Lega dovesse per esempio perdere ulteriori consensi e quindi non essere più in grado né di dettare condizioni né di rappresentare una minaccia.
Certo è che dopo i proclami trionfalistici di “messia Veltroni”, che sembrava già parlare da segretario del Pd, ora le cose sono cambiate, visto che certi sondaggi (per quel che valgono) danno il kennedyano del Campidoglio praticamente alla pari con Letta, mentre altri danno in rimonta addirittura Rosy Bindi. La sensazione è quella che alla fine Veltroni vincerà, ma non sarà plebiscito e il Pd prima di decollare dovrà a lungo sbattere le ali per cercare di amalgamare due anime troppo differenti.
In ogni caso tutta la politica italiana è oggi fatta di false contrapposizioni e il continuo muro contro muro è solo frutto di difese di piccoli interessi, non certo tensione ideale.
Insomma, cambiamenti certo presto ce ne saranno, ma saranno solo modifiche alla facciata, la struttura resterà quella di questi ultimi anni: un partito unico liberaldemocratico con tante appendici diverse.
Questo tra Prodi e Berlusconi non è uno scontro epico tra socialismo e liberismo e nemmeno il più casereccio duello tra destra e sinistra così ben descritto da Guareschi nelle sue storie con Don Camillo e Peppone, piuttosto assomiglia ad un altro noto film: Totò e Peppino divisi a Berlino.