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Il commercio talebano e l'infido Musharaf

di Amir Madani - 19/09/2007





 

I taleban (= seminaristi) continuano a resistere e nonostante le apparenze controllare vaste aree del territorio nel sud e nell'est dell'Afghanistan. Ciò nonostante la massiccia presenza delle forze internazionali e le devastanti campagne belliche delle forze Nato nelle quali un numero sempre maggiore di civili insieme ai talebani o presunti tali perde la vita. Vista la continuità del loro resistere sorge spontanea la domanda sulla loro forza effettiva e la logistica.

Nelle province del sud e sud-est che confinano con il Pakistan , i talebani hanno radici molto profonde tra la popolazione Pashtun che vive sui due lati del confine, una linea per loro mai esistita.

Dall'altra parte del confine, in Pakistan che è nato come stato confessionale, ci sono le scuole teologiche dini madrasa- di stampo deobandi (da nome della località Deoband vicina Dehli) che si nutrono sia ideologicamente che finanziariamente dal wahabbismo saudita che interpreta la religione in modo molto ortodosso all'insegna del primitivismo e della chiusura più assoluta.

Queste scuole ogni anno sfornano più di 3000 talebani capaci di emettere le fatwa o giudizi su ogni aspetto della vita quotidiana, per costruire una società conforme ai precetti della fede. Questi talebani, con il supporto dei proventi dell'oppio, delle armi e attraverso il controllo delle vie di comunicazione e la logistica dei servizi segreti pakistani, e in considerazione della struttura tribale dell'Afghanistan, riescono a dominare le menti, controllare la struttura socio-economica delle zone dove sono ancora insediati e aspirare di nuovo al potere politico, totale e totalizzante.

Tra il Pakistan e l'Afghanistan nelle aree tribali di sette distretti (Khyber, Kurram, Orakzai, Mohmand, Bajaur, Nord Waziristan e Sud Waziristan) 27 mila chilometri quadrati e 6 milioni di abitanti, dove de facto è assente un'autorità, nella zona di Rafia o Vazirestan sembra che siano riparati Bin Ladin e Ayman al-Zawahiri. In quest'area prosperano vari seminari che educano seminaristi - guerrieri - contrabbandieri provenienti da più di 25 paesi (uzbeki, ceceni, cinesi, ...) . A parte gli afgano – arabi, la presenza dei taleban stranieri nelle aree tribali è tale che nei mesi scorsi in un scontro armato tra i taleban locali, il mollah Nazir e le milizie del taleban uzbeko Taher Youldashev ci sono stati 106 morti.

Il talibanismo come un fenomeno extranazionale è sostanzialmente un prodotto saudita - pakistano che ha avuto il sostegno e il benestare anglo-americano, anche se il suo oscurantista progetto è stato e viene applicato in Afghanistan .E' proprio in Pakistan che tuttora i talebani hanno i loro maggior sponsor altolocati come Eejaz, il figlio del defunto dittatore del Pakistan Zia-ol-Hagh che è il ministro degli affari religiosi del governo Musharaf. Come dimostrano le vicende della moschea La'al di Islamabad, il talebanismo risiede nel cuore del Pakistan che è nato come stato confessionale. Il sostegno di vasti strati del feudal - militarismo pakistano come i servizi di sicurezza (ISI ) alla loro creatura taleban è tale che secondo quel che scrive Amin Saikal su International Herald Tribune (Venerdi, 9 Giu, 2006) lo stesso generale Musharaf può fare poco . Anzi all'occorrenza Musharaf con la collaudata pratica di attentati come è stato fatto con il suo potente predecessore generale Zia potrebbe essere tolto di mezzo.

Le città pakistane di Quetta e Peshawar sono tuttora i centri delle adunate e delle riunioni dei padrini talebani. Proprio a Quetta si è visto più volte mullah Omar del quale Karzai, il presidente afgano dice: abbiamo dato anche il suo indirizzo e il numero di cellulare al generale Musharaf ,… ma non c'è la volontà di combattere il terrorismo (intervista con Fareed Zakaria Newsweek 2- Ottobre 2006).

Anche se il Pakistan di Musharaf e dei generali possessori dell'atomica e gestori del redditizio bazar del materiale nucleare si dichiara alleato del presidente Bush in quella che viene chiamata “guerra al terrorismo” e il suo esercito fa ripetute incursioni nel territorio afgano contro le scuole taleban , in realtà lo spettacolo serve per sostenere i Pashtun e rafforzare i talebani a livello locale, sopprimendo la testa di al-Qaida e il talebanismo fuori controllo, in quella misura che è indispensabile per sopravvivere.

Ma al di la del supporto saudita – pakistano, i talebani hanno una propria struttura economico- finanziaria che è autonoma dagli stati ed è basata da un lato sul traffico d'armi e dall'altro sul narcotraffico ma anche sul contrabbando di ogni genere di beni di largo consumo, dai combustibili agli elettrodomestici . Tutti questi traffici necessitano del trasporto e del controllo della rete di comunicazione che a sua volta necessità del controllo del territorio. Vista la povertà estrema e il tessuto culturale, questo controllo vede una partecipazione attiva e massiccia della popolazione locale che beneficia dei proventi dei traffici. Cosi gli autoctoni essendo beneficiari dei traffici illeciti de facto abbracciano gli oscurantisti precetti e dogmi talebani, divenendo la loro base sociale e danno un contributo essenziale a quella miscela esplosiva che è l' integralismo come risultante dell'unificazione del sacro con il profano.

A parte il controllo su buona parte delle vie di comunicazione, i taleban grazie alla partecipazione della popolazione locale hanno messo a disposizione della mafia del trasporto una rete viaria tutta privata . Infatti molte campagne belliche, insieme alla diffusione dei precetti della fede, hanno come obbiettivo quello di garantire la sicurezza viaria per la mafia del trasporto che in un'economia come quella afgana che vive sostanzialmente di aiuti internazionali, gestisce ingenti somme.

La mafia dei trasporti movendosi dalle città pakistane di Quetta e Peshawar trasporta beni come elettrodomestici dal Pakistan verso l'Iran e da lì contrabbanda verso il Pakistan e l'Afghanistan i combustibili. Ma gli introiti ingenti rimangono quelli delle armi (anche materiale nucleare) e soprattutto quelli dell'oppio. In Afghanistan, che produce più dell'90% dell'oppio mondiale, la produzione della materia, secondo le fonti russe (Igor Ivanov) è aumentata di 9 volte (Russianews). E proprio da questa produzione, secondo un comunicato della Ue (memo 04/33 13-02.04) proviene il 90% dell'eroina smerciata nelle strade europee dando “un alto contributo al tributo annuo di 20mila vittime di droga e ai crimini associati nell'area Schengen, la più sicura della Ue".

I percorsi delle carovane di droghe sono due: l'oppio grezzo viene prodotto in Afghanistan ma trattato nei laboratori delle aree tribali o in Pakistan. Partendo dalle città pakistane di Peshawar e Quetta si arriva con i carichi di droga nell'Afghanistan Occidentale, nella zona di Shindad e nel distretto della città di Herat, per arrivare in Europa via Turchia o attraverso l'Iran, che secondo i rapporti dell'Onu, nonostante un alto tributo di sangue combatte duramente il traffico delle carovane di droga ( anche di qui la forte contesa Iran-talebani), oppure segue la direzione dell'Asia Centrale (qui supporto è fornito dagli uzbeki), del Caucaso (sono i ceceni a garantire il passaggio), Turchia e infine l'Europa. Questa potente mafia dei trasporti e del contrabbando che è protetta dai talebani, oltre ai regolari contributi economici, paga anche la tassa religiosa (zakat) . In questa mafia dei trasporti, come è fisiologico, molti capi taleban insieme a molti militari pakistani, hanno i loro benefici privati . Ai tempi del potere taleban la tassa di passaggio per ogni camion tra Peshawar- Kabul era di 150$. Per capire le dimensioni del traffico basti sapere che dalla sola città di Chaman possono partire più di 300 camion al giorno in varie direzioni .

Ai tempi del potere taleban sono state le pressioni di questa mafia dei trasporti a convincere i taleban ad attaccare e occupare Herat per mettere sotto controllo le vie di comunicazione verso l'Iran da un alto e verso il Turkmanistan e l' Uzbakistan dall'altro. Anche dopo l'abbattimento del regime con le forze multinazionali a Kabul, quando un comandante vicino ai taleban cioè Amanollah Khan ha attaccato le forze di Ismail Khan il governatore di Herat l'obbiettivo in realtà era il controllo delle vie di comunicazione.

Anche le pressioni contro il contingente italiano di stanza nell'ovest dell'Afghanistan (nell'ambito della missione Onu Isaf che rimane però sostanzialmente ostaggio della missione Usa Enduring Freedom) per le quali il ministro degli Esteri Massimo D'Alema, aveva lanciato l'allarme nei mesi scorsi, annunciando momenti difficili per l'arrivo della guerriglia a Herat, sono opera di questa mafia dei trasporti che ha tutte le intenzioni di tenere saldamente sotto controllo le vie di comunicazione verso l'Iran e l'Asia Centrale per poter continuare i traffici delle merci nella regione e della droga verso l'Europa.