Una base in meno, un parco in più
di Angelo Alberi - 19/09/2007
Sabato 15 settembre si è svolta a Vicenza un’ importante e partecipata manifestazione organizzata
dal movimento popolare
NO DAL MOLIN. Questa contestazione, che chiudeva tre intensi giorni dilotta organizzati nell’ambito del No Dal Molin Festival ( protesta a camp Ederle, al consiglio
comunale ed a Rutelli ), aveva lo scopo, carico di significato simbolico, di piantare alcune decine di
alberi nell’area destinata ad accogliere la nuova struttura militare USA. Come le precedenti
manifestazioni, anche questo evento si è svolto senza il minimo incidente e nella calma più
assoluta. Alla testa del coloratissimo corteo, donne e bambini con le piante che da li a poco
sarebbero state messe a dimora nel campo, all’ interno del perimetro della base , che
l’ALTROCOMUNE
, espressione popolare nata dalla delegittimazione dell’attuale pessima giunta dicentro-destra che governa la città, ha scelto di destinare a parco pubblico.
A rovinare la variopinta scenografia, offendendo veramente lo spirito dell’iniziativa e delle migliaia
di persone presenti, l’imponente spiegamento di forze di polizia e militari messe in campo dalle
istituzioni. Non più mastini da guardia, ma forza investita di un potere che molto spesso ( e dopo
Genova lo abbiamo visto!) li “autorizza” a comportamenti che, ad essere magnanimi, definirei poco
democratici ed oltremodo arroganti, come il diniego a due parlamentari italiani ( Valpiana e
Cacciari )di entrare nella base per assistere allo svolgere delle operazioni. Solo l’intervento del
questore, avvenuto parecchi minuti dopo, ha permesso loro di varcare i cancelli dell’aeroporto. Ma
si sa, questo movimento racchiude al suo interno pericolosi brigatisti e terroristi che, a viso
scoperto, sfilano ai cortei con figli, cagnolini e nonni al seguito e quindi destinati a strettissime
misure di sicurezza. Tali episodi sono chiare dimostrazioni del completo fallimento, sul piano
democratico, del rapporto che il governo Prodi ha instaurato con i cittadini. Come non ricordare,
durante la visita del premier a Trento, la sua espressione vuota ed imbarazzata, l’incapacità di
sostenere il dialogo con la rappresentante del movimento No Dal Molin? Silenzio, un grave e
colpevole silenzio è stata l’unica risposta che il presidente del consiglio ha saputo dare alla sua
interlocutrice. Segno chiarissimo che la crisi di rappresentanza di questo governo e di tutte le forze
politiche nazionali è arrivata all’apice della sua gravità e la frattura tra le istituzioni ed i cittadini sta
diventando incolmabile. Una classe oligarchica, autoreferenziale, collusa con i grandi gruppi
industriali e bancari, e di conseguenza manovrata, interessata solamente alla posizione di potere
acquisita non può certo farsi portavoce e garante del bisogno di democrazia, coerenza e pari diritti
che il popolo chiede. Troppe sono le promesse fatte in campagna elettorale, puntualmente
disattese da questo governo sordo ed immobile, e solo un marcato cambiamento di rotta in alcune
scelte politiche ( spese e servitù militari, pensioni, precariato, servizi sociali … ecc..), permetterà
all’esecutivo di non affondare. C’è, comunque, un’altra possibilità: mantenere potere ed impegni
internazionali presi ( forse il termine “ricatti” in questo caso è più appropriato) usando, per così
dire, la “mano ferma” e questa, più che una possibilità, mi sembra una scelta che il governo Prodi
ha già fatto. Chiusura totale con i movimenti popolari, intimidazioni ed uso massiccio delle forze
dell’ordine durante le manifestazioni lo stanno a dimostrare. A Vicenza, la mia città, la partita è
ancora aperta e le decine di comitati sorti per contrastare la costruzione di questa nuova base
USA, ennesimo bastione di una politica imperialista dissennata e guerrafondaia, promettono
un’opposizione durissima. Qui, come in moltissime altre realtà, si sta provando a costruire un
mondo diverso, un mondo libero dalla guerra e dalla tirannia di potenti lobby, rispettoso della terra
e delle sue risorse, un luogo dove l’uomo sia attore principale e regista della propria vita perché, a
dispetto delle dichiarazioni del premier, non tutti i cittadini sono lo specchio della nostra classe
politica. Utopia? Intanto mettiamoci in cammino, se a sognare si è in tanti ci sono buone probabilità
che il sogno si avveri.