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Il disegno di Legge Mastella: un doppio pericolo, giuridico e culturale

di Renato Borzone/Gisella D'Ambrosio - 21/09/2007



L’Avvocato Renato Borzone è il Segretario dell’Unione Camere Penali italiani, istituita come si legge nel sito con lo scopo di “picchettare la legalità” contro le ritornanti ”intollerabili aggressioni” ai principi dello Stato di diritto, soprattutto – ma non solo - da parte del ceto politico. L’anno ufficiale di nascita è il 1983, quando si svolse a Napoli, Castel dell'Ovo, il primo congresso nazionale; nei fatti la sedimentazione e giuridizzazione definitiva si ebbe nei due congressi di Bari e di Amalfi, 1987 e 1989. Nelle sue battaglie l’UCPI ha svolto un importante ruolo di sensibilizzazione dell’opinione pubblica contro le disfunzioni e persino certi abusi del potere giudiziario. Una battaglia difficile, stretta fra la debolezza del ceto politico di fronte a Poteri forti della “seconda repubblica”, e l’alleanza di ferro fra grande stampa e alcuni settori della magistratura: “Ben presto – si legge ancora nel sito, con riferimento alla svolta degli anni Novanta - constatammo tutti quello che per molti non era una novità: nemmeno una struttura processuale ben connotata poteva resistere alle "interpretazioni" giurisprudenziali. Alcuni magistrati organizzati, pochi in verità, ma vigorosi grazie ad un'interessata alleanza con la stampa, furono sostenuti da agguerrite propaggini parlamentari. Quindi, approfittando anche del silenzio perplesso o indignato dei loro colleghi, avevano finito col far prevalere nel processo penale il loro imperativo assoluto...”.



D’AMBROSIO: Avvocato Borzone, lei ha maturato una conclamata esperienza di avvocatura nel campo del diritto penale, come considererebbe l’iter giuridico sinora compiuto in Italia in relazione ai diritti della libertà di stampa ed espressione, contenuti nell’art 21 della nostra Costituzione?
AVV. BORZONE: Più che di iter giuridico bisognerebbe parlare di interpretazioni giurisprudenziali su un blocco di leggi che continuano ad esistere, tra cui quelle che mantengono la punibilità per alcuni reati d’opinione.
Il giudizio è insoddisfacente, poiché, in un modo o nell’altro, persiste l’armamentario che – se necessario - può essere impiegato, magari con interpretazioni “creative” per perseguire le opinioni anche a prescindere dai comportamenti. Senza contare le recenti proposte del ministro della giustizia: il mio giudizio sul disegno di legge Mastella è radicalmente negativo.
D’AMBROSIO: Esiste un principio giuridico contenuto nel Codice penale, il quale potrebbe legittimare qualsiasi azione repressiva nei confronti del diritto espresso dall’art 33 della nostra Costituzione? In altri termini, quale “ostacolo”normativo può incontrare una libertà costituzionale inerente al libero insegnamento?
AVV. BORZONE: Vale la risposta precedente. Nel codice penale fascista, mantenuto in vita per una parte dal legislatore repubblicano, gli strumenti possono essere trovati. Fortunatamente non sempre accade, ma il problema è che ciò è possibile. E a volte anche la libertà della scienza e dell’arte può farne potenzialmente le spese. Specie per opinioni “impopolari” …
D’AMBROSIO: Se lei fosse un esponente di un organo politico dell’Unione Europea, come valuterebbe “lo stato di salute” dei diritti sopra elencati, nel suo Paese in rapporto agli altri Paesi membri?
AVV. BORZONE: Non ho mai approfondito comparatisticamente la situazione, ma poiché sono di natura un pessimista credo che potenzialmente il pericolo per la libertà di espressione, di studio, di ricerca etc. non sia limitato ad un solo paese. Il problema è duplice: v’è n’è uno giuridico, e cioè evitare che gli “strumenti” nelle mani del potere giudiziario siano tali da consentire di perseguire opinioni in ipotesi sgradite, ed uno culturale, che appartiene alla necessità di sapere accettare tutte le opinioni e le idee tranne quando sconfinino nella aggressione della altrui libertà o nella violenza. In definitiva, purtroppo, lo “stato di salute” deriva da contingenze e opportunità, e già questo suscita preoccupazione.
D’AMBROSIO: Come giudica l’azione di un mezzo interattivo come Internet, nella veste di grande forum dove migliaia di utenti si scambiano quotidianamente opinioni? Esiste un limite oggettivo, che il Diritto penale potrebbe soddisfare nella libera proliferazione di contenuti?
AVV. BORZONE: Difficilmente il diritto penale è adeguato al “controllo” delle opinioni “in rete”. Ciò non toglie che sia possibile ledere la personalità degli individui compromettendone la reputazione e la personalità, il che deve trovare rimedio anche su Internet.. Ma ciò riguarda profili eventualmente diffamatori: quanto alle opinioni, a mio avviso dovrebbero essere assolutamente libere e ragionare delle stesse in termini di diritto penale è già inquietante.
D’AMBROSIO: Il primo comma dell'art 33 reca questa dicitura: "L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento." Si sono purtroppo verificati casi di violazione di questo diritto, nella esperienza accademica e di attività di ricerca di molte persone. Allora vorrei domandarle: la libertà accademica rischia di ledere qualche principio penale, e in che senso in particolare?
AVV. BORZONE: La domanda è provocatoria, e la risposta è “ovviamente no”. Se è accaduto non capita solo per la malvagità degli uomini: è anche necessario non fornir loro gli strumenti giuridici per farlo.