Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Le ripercussioni del bio-carburante

Le ripercussioni del bio-carburante

di Bart Mongowen - 22/09/2007



L’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo (OCSE) ha pubblicato un rapporto molto critico in merito all’utilizzo dei biocarburanti, richiedendo, ai paesi aderenti all’Organizzazione, un brusco taglio ai sussidi e alle leggi commerciali che favoriscono i produttori degli stessi. In Europa, l’associazione “Amici della terra” ha accolto positivamente il rapporto, sostenendo che questo ha giustamente focalizzato l’attenzione sugli aspetti negativi derivanti dall’utilizzo di biocarburanti, mentre i gruppi liberali di entrambi i lati dell’Atlantico hanno applaudito alla richiesta di tagliare i sussidi.

Il rapporto dell’OCSE è solo uno dei tanti interventi volti a sgonfiare il sostegno a favore dell’uso dei biocarburanti, sia negli Stati Uniti sia in Europa. Un crescente numero di associazioni, specialmente in Europa, sta cominciando a contestare l’opportunità dell’attuale approdo verso l’utilizzo dei biocarburanti, quali sostituti, almeno parziali, della benzina e del diesel per i veicoli a motore. Queste associazioni contestano il fatto che l’utilizzo dei biocarburanti offra pochi benefici e d’altro canto presenti numerosi svantaggi. Nello specifico, ad essere messa in dubbio è l’opportunità di bruciare colture alimentari al fine di creare carburante. A titolo d’esempio viene indicata la “crisi delle tortillas” in Messico, causata dall’aumento del prezzo del grano, come in Francia la “crisi del pane” riconducibile alla medesima causa. Inoltre in Cina l’inflazione sta superando il tasso del 6% principalmente per l’aumento dei generi alimentari.

In altre parole la reazione negativa contro i biocarburanti è in piena ascesa. Ma i critici, sia negli Stati Uniti che in Europa, si scontrano con le potenti lobbies degli agricoltori, le quali hanno con successo messo al primo punto della loro agenda la questione dell’utilizzo dei biocarburanti. I rappresentanti degli agricoltori sostengono che l’etanolo, il biodiesel e gli altri carburanti non derivati dal petrolio, riducano l’inquinamento, aiutino a combattere il mutamento globale del clima e aumentino la sicurezza nazionale, facendo diminuire il grado di dipendenza dal petrolio straniero. Sebbene numerosi statisti trovino queste argomentazioni convincenti, la questione dell’utilizzo di biocarburanti non sarebbe così al centro dell’attenzione politica senza l’intensa attività di pressione svolta dai rappresentanti del settore agricolo.

Infatti il destino stesso dei biocarburanti e la velocità con la quale i paesi industrializzati li renderanno disponibili direttamente alle pompe di rifornimento, sarà largamente determinato dagli interessi del settore agricolo. Le implicazioni nell’utilizzo dei biocarburanti sono forti e durature sia per i paesi in via di sviluppo sia per i paesi industrializzati. Inoltre i progressi tecnologici nella ricerca sui biocarburanti potrebbero convertire alcuni degli attuali critici in sostenitori.

Carburanti di origine vegetale

Il termine “biocarburanti” si riferisce ad un certo numero di combustibili liquidi derivati da vegetali che possono essere utilizzati per creare energia. Lo sviluppo dei biocarburanti è principalmente diretto all’utilizzo nel settore dei trasporti, dove vengono considerati un’alternativa alla benzina ed al diesel. Attualmente le fonti principali dalle quali si ricavano biocarburanti sono l’etanolo, che può derivare dal mais (soprattutto negli USA) e dallo zucchero (principalmente in Brasile) e l’olio di semi di colza, utilizzato principalmente in Europa per la produzione di biodiesel. Fra le altre fonti di biocarburanti attualmente disponibili ci sono l’olio di palma e l’olio di soia e diversi prodotti di scarto utilizzabili per la produzione di biodiesel. Nel futuro i ricercatori sperano di ottenere l’etanolo dalle parti di scarto dell’agricoltura, come, ad esempio, l’etanolo cellulosico che viene ricavato dagli steli del grano e dagli scarti del processo di lavorazione del legno.

La creazione di biocombustibili produce quantità di inquinamento notevolmente differenti, a seconda della pianta utilizzata. L’etanolo è il medesimo e la sua capacità di combustione è molto simile a prescindere dalla sua fonte, ma l’inquinamento e le emissioni associate con lo specifico ciclo di produzione della pianta, possono variare sensibilmente. Ad esempio l’etanolo da mais produce emissioni inferiori di gas serra fino al 3% rispetto alla benzina, purché per entrambi vengano presi in considerazione i cicli di lavorazione che per l'etanolo sono dati dalla semina, dalla fertilizzazione dei campi e dalla mietitura, mentre per la benzina consistono nella raffinazione e nel trasporto, che, nel migliore dei casi, richiede una condotta di tubature ed anche un trasferimento via terra.

L’etanolo da zucchero del Brasile, durante il suo ciclo vitale, produce dal 5% al 70% in meno di emissioni di gas serra rispetto alla benzina. Le prime informazioni sostengono che la prossima generazione di etanolo cellulosico produrrà oltre il 90% in meno di emissioni rispetto alla benzina durante il suo ciclo vitale, sebbene ci siano notevoli ostacoli tecnici e strutturali alla realizzazione di una tecnologia così innovativa.

Secondo la FAO le nazioni del Sudest Asiatico, dell’Africa Centrale e del Sud America, in particolar modo il Brasile, hanno il più alto potenziale nella raccolta di legname di rapida crescita che sarà utilizzato nella prossima generazione di biocarburanti. Sul lungo termine i biocarburanti potrebbero emergere come un mezzo conveniente che permetterebbe a diverse nazioni povere di raggiungere una solida posizione, grazie alla crescita del settore agricolo e alla diversificazione dell’economia nazionale. Questo naturalmente avverrà solo se la maggior parte dei paesi consumatori importerà i loro carburanti.

Attualmente negli Stati Uniti e in Europa la gran parte dell’etanolo viene prodotta dal mais. L’Europa ha recentemente adottato una regolamentazione restrittiva che richiede una maggiore percentuale di biocarburanti nel carburante destinato ai mezzi di trasporto. Per questo si guarda, al di là del mais, verso altre fonti come, ad esempio, l’etanolo da zucchero del Brasile, sebbene una soluzione del genere - che porterebbe benefici agli agricoltori brasiliani ma offrirebbe pochi vantaggi a quelli europei - sia molto discutibile.

Inoltre, negli Stati Uniti all’etanolo importato viene applicata una tassa pari al 53% al gallone, il che rende i biocarburanti provenienti dall’estero logicamente poco competitivi.

Politiche sull'etanolo

La proposta di legge sull'energia, discussa in agosto dalla Camera dei Rappresentanti, include una richiesta per più di 7,5 miliardi di galloni di biocarburanti da vendere negli USA dal 2009, fino ad arrivare alla quota di 36 miliardi di galloni nel 2022. Il problema è che la maggior parte dell'etanolo nel 2022 dovrà essere ottenuto da fonti “avanzate”, e ciò equivale a dire che verranno ricavati da processi di nuova generazione del cellulosico (la prossima politica europea presenterà una condizione simile).Le stime previste probabilmente verranno ridimensionate in seguito all’intervento della specifica commissione d’esame, ma l’esigenza di incrementare l’uso dei biocarburanti andrà sicuramente avanti. Una volta discussa e ratificata la proposta di legge,i biocarburanti avranno un ruolo fondamentale tra le varie risorse energetiche a livello nazionale.

Tra gli aspetti più interessanti della battaglia politica sull’utilizzo dei biocarburanti, troviamo l'uscita di scena della lobby delle associazioni ambientaliste. Messa alle strette, dice generalmente di appoggiare la campagna a favore dei biocarburanti e enfatizza l'importanza delle risorse di prossima generazione. Questa è una svolta importante perchè nei precedenti 20 anni gli ambientalisti hanno osteggiato le richieste degli stati produttori di cereali che intendevano incrementare l'uso del carburante derivante dal mais. Le principali associazioni ambientaliste sono fra gli enti che hanno commissionato e portato all’attenzione dell’opinione pubblica studi che dimostravano un impatto ambientale negativo in seguito all’utilizzo dell’etanolo.

L'appoggio degli ecologisti nella campagna in favore dell’utilizzo del biocarburante è strettamente collegato al loro sostegno ad azioni volte a prevenire il cambiamento climatico. Per gli ambientalisti,imporre un limite alle emissioni di gas serra degli Stati Uniti è l’obiettivo primario. Gli ambientalisti ritengono la diminuzione delle emissioni di carbonio come l’obiettivo da raggiungere, e pensano che qualsiasi effetto collaterale negativo che si venga eventualmente a creare nel raggiungimento dell’obiettivo possa essere risanato successivamente.

Per ottenere l’imposizione di un limite alle emissioni di carbonio,i sostenitori hanno riconosciuto che c'era bisogno non solo dell'appoggio politico dei legislatori della Costa Ovest e del Nordest,ma anche di un certo sostegno dal centro della nazione. Era improbabile coinvolgere i politici del Michigan, del West Virginia e del Colorado nella loro campagna, avendo questi stati interessi economici collegati alle industrie automobilistiche ed energetiche. Invece stati come l’Iowa, il Nebraska e il Sud Dakota non hanno grandi interessi economici in aziende che determinano il cambiamento climatico; così le associazioni che combattono il cambiamento climatico hanno avuto la possibilità di offrire miliardi di dollari in sussidi e di garantire un mercato sicuro per l'etanolo da mais. Questo è il tipo di sostegno che i senatori che rappresentano gli stati a maggioranza agricola hanno potuto dare.

I problemi sono stati simili nell'Unione Europea, anche se la politica adottata è stata leggermente differente. La lobby delle associazioni ambientaliste, pur essendo molto più forte rispetto a quella statunitense, è costretta a soccombere di fronte al potere della lobby dell'industria agricola. In Europa, le maggiori problematiche energetiche riguardano la sicurezza degli approvvigionamenti e il cambiamento climatico.
Gli ambientalisti sono stati impotenti quando la lobby dei cereali ha mostrato i muscoli durante le più importanti discussioni di politica energetica, ottenendo un notevole incremento dell'uso di biocarburante, proprio facendo leva sia sulla sicurezza energetica, sia sul processo di cambiamento climatico. Sebbene gli ambientalisti fossero fortemente irati, per i politici europei è stato facile prendere una decisione: appoggiare gli agricoltori, giustificando il sostegno alle loro richieste con l’esigenza di un’azione volta a diversificare le risorse energetiche. Come negli Stati Uniti, il supporto verso i biocarburanti è stato un artificio retorico che ha permesso a politici e gruppi di interesse di raggiungere importanti obiettivi.

La politica di sostegno per l’utilizzo del biocarburante sta già pagando i dividendi sia in Europa che negli USA. Il prezzo dei cereali è cresciuto in un anno del 40%, malgrado una crescita del 15% del costo della semina. Il crescente prezzo dei cereali ha comportato una riduzione della superficie coltivabile a frumento, e ciò nello stesso momento in cui una terribile siccità ha colpito l’Australia e mentre il dollaro era in continua discesa. Come risultato,i prezzi del frumento sono duplicati nello scorso anno, arrivando a 9 dollari per bushel (1) per la prima volta in assoluto (addirittura 10 dollari in Francia).

Questo è un ottimo periodo per i produttori di cererali, e l'etanolo ha un importante ruolo in questo processo.

In Europa gli ambientalisti sono molto più diretti nel manifestare il loro discontento – come suggerisce il chiaro sostegno dell’associazione “Amici della Terra” al rapporto dell’OCSE – sebbene molti siano tuttora convinti di aver quanto meno ridotto le percentuali di utilizzo di derivati del petrolio nel settore dei trasporti, il che per molti è molto meglio di una vittoria di Pirro.

La sfida del Brasile

Per il Brasile le barriere all’importazione dei suoi biocarburanti rappresentano una grande sfida. Il paese sudamericano ha investito molto nella ricerca e nello sviluppo dei biocarburanti ed ha perfezionato un sistema che permette di sostituire la benzina ad un prezzo competitivo e con una sensibile diminuzione dei gas serra (l’etanolo derivato dal mais offre pochi se non nessun beneficio nella riduzione dei gas serra). Il Brasile sta convertendo all’uso dell’etanolo il suo parco automobilistico circolante, che sfrutterà quindi gran parte della produzione interna di etanolo, ma ha comunque sviluppato le capacità per l’esportazione del biocarburante.

Con le esportazioni di etanolo bloccate dagli Stati Uniti e dall’Europa il Brasile sta comprendendo che la sicurezza energetica e le variazioni del clima rappresentavano solo una parte delle motivazioni per le quali alcune nazioni guardavano ai biocarburanti. Sicuramente questi fattori sono stati importanti, ma se non fosse stato per il peso politico degli agricoltori negli Stati Uniti ed in Europa, una così forte richiesta di biocarburanti non ci sarebbe stata.

Il Brasile ha risolto molto semplicemente il problema del quale i politici discutevano, sviluppando un carburante capace di ridurre le emissioni di gas serra ed assumendo una posizione politica stabile ed amichevole sia nei confronti degli Stati Uniti che dell’Unione Europea. In questo modo, risolvendo la questione da sé, senza offrire la possibilità di un intervento politico, il Brasile ha messo in una posizione difficile sia i militanti ambientalisti statunitensi che i politici europei, non per questo riuscendo a conquistare i mercati.

Il maggior problema nella questione dei biocarburanti, un problema che l’OCSE svela, ma non indica esplicitamente, è rappresentato dal fatto che sia gli Stati Uniti che l’Europa, hanno ben pochi interessi ad affrontare e ridimensionare gli interessi del settore agricolo.

Traduzione di Massimo Janigro.

Nota:
(1) Il bushel è un’unità di misura statunitense, corrispondente a 35.239072 litri.

Fonte: Strategic Forecating Co., www.stratfor.com