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Pat Garrett, l'infame

di Stefano Bocconetti - 24/09/2007

Lo sceriffo buono era un traditore, venduto e vigliacco

Fa parte della banda che ha sloggiato i lavavetri dai semafori. Non è in primissima linea, stavolta, ma agli altri piace sempre fare quello che dice lui. E ancora di più sarà così dopo il 14 ottobre. Naturalmente si parla di Veltroni. L'altro giorno, nel suo tour elettorale - non quello per le politiche anticipate, quello comincerà magari dopo le primarie - in una tappa della sua campagna per farsi eleggere leader del piddì, ai giornalisti che gli chiedevano qualcosa sulla sicurezza ha risposto che a lui «non piace essere definito sceriffo». In ogni caso però, «bisogna sempre ricordare che gli sceriffi erano i buoni». Almeno nei film, ha aggiunto.
In quelli di John Wayne può darsi. Ma l'America che Veltroni ha sempre raccontato di amare, l'altra America che il sindaco giura di aver scoperto prima degli altri, racconta storie diverse. Perché parlare di sceriffi e di film significa parlare di Pat Garrett. Come ha fatto nel suo capolavoro Sam Peckimpah, 34 anni fa. Pat Garrett, allora. Lo sceriffo che si fece dare una stella di latta, e tanti soldi, per uccidere Billy The Kid. Il bandito bambino, suo amico, compagno di tante scorrerie. Il fuorilegge amato e nascosto dai messicani. Non perché fosse un Robin Hood - rubava per sè e uccideva, anche se aveva un suo personalissimo codice: mai una violenza "inutile", diceva, "mano alla Colt solo se necessario" - ma perché in qualche modo era già diventato un simbolo. E tanto più lo sarà dopo. Perché la sua vita, la sua storia svelano l'imbroglio dell'epica della frontiera. Le chances non erano per tutti. Non sono le stesse per tutti.
C'è chi non ce la fa. C'è chi è nato senza quella chance. Come Billy. Si chiamava in realtà Henry McCarty, e venne al mondo forse nel 1859, negli "slums" irlandesi, nei quartieri poverissimi di New York. Piccoli furti, una grande passione per la musica, timido. Poi, a diaciassette anni, la prima accusa di omicidio. In Arizona, un giocatore di poker, un baro che stava massacrando di botte un suo amico.
E allora la fuga, e le razzie di cavalli. Treni e banche no, invece. Nessuno sa perchè ma Billy The Kid non assaltò mai armato un vagone, nè uno sportello di qualche agenzia. Anche questo faceva parte di un suo particolarissimo codice.
Che i suoi compari invece non rispettavano. Perché Pat Garrett era ricercato quanto lui, forse più di lui. Di lui si raccontava che avesse ripulito qualche banca.
Garrett era un duro, un uomo senza principi. La persona giusta per catturare Billy. Gli misero una stella al petto e tanti soldi in mano. Con quelli corruppe Peter Maxwell, un contadino che dava ospitalità al ragazzo fuggiasco. Pat Garrett aspettò in casa Billy, al buio, e lo uccise.
Anche se la leggenda vuole che il bandito bambino non si sarebbe mai fatto sorprendere se non l'avesse voluto. Forse era stanco di scappare. Di correre.
Forse era disgustato che un suo amico, una persona di cui si fidava, fosse passato dall'altra parte. A dargli la caccia. Il «buono», lo sceriffo dovette cambiar nome, tanto era il disprezzo che lo circondava. Il «cattivo» finì così, andando bussare alle porte del paradiso, come ci ha insegnato Bob Dylan proprio in quel film. O forse no. Scappa ancora. Da un semaforo all'altro.