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Solo un goccio di diossina nello yogurt

di Luca Fazio e Giorgio Salvetti - 25/09/2007

 Ci siamo mangiati la diossina? Se c'e' una emergenza per la salute pubblica o c'e' solo il rischio di un enorme danno per l'immagine delle principali multinazionali alimentari, lo diranno le analisi (che comunque non sono state rese pubbliche). Fatto sta che in Europa, almeno dalla scorsa estate, circola un ingrediente contaminato da diossina (la gomma di guar) che viene utilizzato per la preparazione di molti prodotti alimentari.
 
In vari paesi europei alcuni sono stati ritirati. In Italia, invece, tutto tace. Eppure il ministero della Salute ammette che una partita di guar gum contaminata è sbarcata anche al porto di Genova. E tra i prodotti a più alto rischio di contaminazione c'è l'alimento «sano» per eccellenza, quello che in assoluto registra il più consistente aumento di vendite nel mondo. Lo yogurt. Deve essere per questo...
che la riservatezza è d'obbligo.
 
Del resto lo yogurt fa bene. O almeno devono esserne convinti i consumatori di tutto il pianeta che nel 2006 hanno versato nelle casse delle aziende produttrici 7,7 miliardi di dollari. Per spiegare il fenomeno più sbalorditivo dell'industria alimentare, Jane Perrin, vicepresidente della più famosa azienda specializzata in ricerche di mercato (Ac Nielsen), dice che «i consumatori stanno cercando di coniugare salute e nutrizione con il desiderio di convenienza e risparmio». L'anno scorso, il prodotto di punta, lo yogurt bevibile, a livello mondiale ha registrato un incremento delle vendite del 18,4%. In Italia, dove da anni si registra una contrazione dei consumi alimentari, lo yogurt, presente sugli scaffali con 82 marche e 250 referenze, ha messo a segno un aumento pari al 10% delle vendite, primo di tutti i prodotti alimentari (l'acqua minerale si è piazzata al secondo posto con un più 3,5%). Sensazionale l'incremento degli yogurt da bere (probiotici o salutistici) con un più 40% registrato nel 2006. Insomma, 3 italiani su quattro (più le donne degli uomini) consumano yogurt regolarmente.
 
Beviamoci l'indicazione terapeutica di due tra i probiotici più venduti: l'Essensis di Danone, leader mondiale del settore, e il BenEssere LC1 di Nestlé). Il primo - 7,98 euro al chilo - «nutre la tua pelle dall'interno» perché è arricchito con ProNutris (omega 6 dell'olio di borragine, antiossidanti al té verde, vitamina E e fermenti lattici esclusivi), il secondo - 5,48 euro al chilo - «protegge l'intestino dai batteri indesiderati» e «va consumato ogni giorno» (contiene un «esclusivo» probiotico Lactobacillus jonhsonii La1, uno speciale fermento lattico selezionato tra oltre 4000 ceppi batterici). Un terzo incomodo - 8,77 euro al chilo - sta dando filo da torcere ai due colossi e si chiama Yakult, azienda leader della produzione di probiotici con sede a Tokyo e presente in 28 paesi: la sua bottiglietta bianca e rossa contiene lactobacillus casei Shirota, è un capolavoro di design industriale e assomiglia a un medicinale in stile realismo socialista.
Gli italiani vogliono star bene e consumano 290 milioni di chili di yogurt all'anno, eppure non sembrano granché interessati a leggere posologia e indicazioni per l'uso dei probiotici: secondo una recentissima indagine commissionata proprio da Yakult, solo il 20% sa di cosa si tratta mentre ben il 91% conosce almeno un marchio e il 41% li acquista. Non per caso lo yogurt è il prodotto alimentare più pubblicizzato su tutti i media.
 
Proviamo allora a immaginare cosa accadrebbe se qualche decina di picogrammi di diossina dovesse per errore finire in uno degli alimenti più venduti sul mercato proprio in virtù delle sue presunte proprietà benefiche. In Europa scatterebbe l'allarme, comincerebbero i ritiri e i consumatori verrebbero informati da stampa e televisione. In Italia, quasi niente.
 
Lo scorso 25 luglio, come documentato da un'ottima inchiesta del settimanale Il Salvagente, che nessuno ha voluto riprendere, la Commissione europea ha trovato tracce di diossina e pentaclorofenolo in 117 lotti di guar gum. Un addensante ricavato da una pianta tipica dell'India e del Pakistan che si utilizza principalmente nei preparati di frutta per yogurt e in molti prodotti dietetici, segnalato sulle etichette con la sigla E412; ma anche in gelati, dolci, surgelati, formaggi, preparati di carne, salse e bevande. Era stato venduto in Austria, Repubblica Ceca, Francia, Germania, Danimarca, Polonia, Ungheria, Finlandia e Regno Unito. Proveniva dall'India, era prodotto dall'azienda Glycos e importato in Europa dalla svizzera Unipektin, che ha ammesso di aver importato e venduto per ben due anni partite contaminate (Unipektin non è l'unico importatore in Europa).
 
In seguito all'allerta comunitaria, le multinazionali hanno ritirato e analizzato le partite sospette, Danone ha temporaneamente interrotto la distribuzione di yogurt alla frutta in Romania, in Finlandia sono state ritirate dal mercato 30 mila cartoni di una crema da cucina, risultata contaminata fin dallo scorso aprile. La catena svizzera Migros ha ritirato tre creme a marchio. In Ungheria sono stati tolti dagli scaffali in via precauzionale prodotti di trentadue aziende, tra cui Danone, Nestlé, Coca Cola e Ceres. E in Italia?
 
Solo per scrupolo, spiega il dottor Silvio Borrello, direttore generale della sicurezza degli alimenti e della nutrizione del Ministero della Salute, a giugno è stato analizzato un carico di guar gum nel porto di Genova: conteneva diossina al di fuori dei limiti consentiti per legge. «Questa partita è stata scoperta per caso, poiché l'allerta europea diceva che la partita contaminata non era entrata in Italia. Invece abbiamo svolto un'indagine presso lo stesso importatore coinvolto e abbiamo scoperto nel porto di Genova una partita contaminata. Era già stata venduta al grossista italiano, e da qui sono partite indagini che sono tutt'ora in corso per risalire alle aziende che hanno utilizzato il prodotto. Noi abbiamo allertato tutti i servizi regionali e tutti gli operatori del settore alimentare affinché attivassero le procedure di autocontrollo per la verifica dei contaminati».
 
L'ultima circolare del Ministero della salute (30 agosto 2007) allarga l'allarme e «invita all'autocontrollo» non solo le multinazionali alimentari ma anche Federfarma e la Federazione Ordini dei Farmacisti, poiché il guar gum, oltre che nello yogurt, viene utilizzato soprattutto come integratore in diversi prodotti dietetici; si impiega per consentire un più rapido assorbimento gastrico ed è utilizzato in molti prodotti dietetici dimagranti e antifame, e alcuni sono proprio a base di guar. Ma a questo punto è difficile immaginare un farmacista che procede autonomamente all'analisi di un prodotto sospetto.
 
Autocontrollo è la parola chiave. Le aziende sono chiamate a controllare se stesse, mentre i consumatori sono tenuti all'oscuro di tutto. I carabinieri dei Nas dicono di non essere stati attivati, e sembra che la grande distribuzione non abbia ritirato nessun vasetto dagli scaffali. «Fino ad ora - afferma Maurizio Zucchi, responsabile controllo qualità Coop-Italia - non c'è stata nessuna richiesta ufficiale da parte di alcuna azienda per ritirare prodotti. Noi, per svariati motivi, effettuiamo un ritiro al giorno, ma in queste settimane non c'è stato alcun ritiro di yogurt. Abbiamo controllato solo i nostri prodotti a marchio e sono risultati esenti da contaminazione». Le Asl regionali ammettono di aver trovato solo due lotti contaminati di un'azienda in provincia di Bolzano (in scadenza il 25 agosto, per cui già fuori dal mercato). Dopo la notizia del ritiro dei suoi prodotti in Romania, solo Danone Italia ha sentito il bisogno di precisare - sia sul suo sito che con una nota interna destinata alla grande distribuzione - che «non è stata coinvolta in nessun modo alla vicenda, in quanto i propri fornitori di preparati di frutta non utilizzano guar gum della ditta indiana interessata».
 
Resta il fatto (inquietante) che il guar gum intercettato al porto di Genova da qualche parte dovrà pur essere finito. Dove, e quali marche lo hanno utilizzato, probabilmente non si saprà mai (senza considerare la sconcertante dichiarazione che la Unipektin ha rilasciato a Il Salvagente sulle importazioni relative agli ultimi due anni). Qualcosa di più si è lasciato scappare il direttore del laboratorio di analisi Chemical Control di Madonna dell'Olmo (Cuneo) che fa parte del gruppo Eurofins, uno dei più importanti centri di analisi alimentari del mondo. Intervistato da Francesco Martini ha ammesso che sui prodotti di quindici grandi aziende alimentari italiane, in tre casi, sono state rilevate tracce di diossina. Al manifesto non ha voluto rilasciare dichiarazioni.
 
L'altra formula di rito ripetuta da tutti gli addetti al settore, considerato che il guar gum nello yogurt viene diluito in piccole quantità (0,03%), sembra molto rassicurante: «Comunque, non ci sono rischi per la salute». Bene. Allora, se avete in frigorifero uno yogurt con un goccino di diossina, e nessuno vi ha detto niente, non fateci caso e pensate alla pelle.
 
"il manifesto" del 22 settembre 2007