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Gli attacchi a Sergio Romano sull'Iran

di redazionale - 28/09/2007

Fonte: civiumlibertas.blogspot.com

Monitoraggio di "Informazione Corretta": A. Gli attacchi a Sergio Romano.


A parte ciò che si trova scritto online non conosco l’origine e gli scopi della organizzazione con il curioso ed incredibile titolo di “Informazione Corretta”, che per lo meno lascia denotare un’assoluta mancanza di spirito critico in chi ha concepito un simile titolo. La sicumera con cui si ritiene “corretta” la propria informazione faziosa e di parte e “scorretta” ogni informazione che sia appena un poco velatamente critica verso la parte israeliana e filoisraeliana nonché la concezione della storia d’Europa che si pretende di propinarci con la violenza di carceri e manette nonché una sistematica attività di delazione ed intimidazione lascia letteralmente sconcertati. Non sapevo nulla di questa emanazione in Italia dello Stato e della politica israeliana fino a quando non mi sono trovato fatto oggetto di linciaggio mediatico. Da allora non perdo di vista chi mi vuole tanto bene da disturbare la mia quiete domestica. Ho scoperto di non essere il solo ad essere sistematicamente aggredito da una vera e propria Lobby, i cui metodi vado lentamente individuando. In differenti sezioni, contrassegnate da una lettera, raggruppo i vari temi o le persone oggetto dei violenti attacchi da parte delle persone fisiche che stanno dietro il nome della testata “Informazione Corretta”, persone che qui si preferisce non individuare, anche perché la nostra controcritica difensiva non è contro persone fisiche ma contro un’intera strategia politica che parte da Gerusalemme per arrivare a Washington.

È qui tra le mie mani, uscito proprio oggi in libreria il volume puntualmente annunciato per il 28 settembre, di John J. Mearsheimer e Stephen W. Walt, La Israel Lobby e la politica estera americana. Guai a tradurre con “lobby ebraica”: ci si attirerebbe del tutto gratuitamente l’accusa di antisemitismo e di odio razziale. E però l’espressione Israel lobby non rende pienamente l’azione lobbistica esercitata sull’importante settore dell’educazione e della concezione della storia. Sono di facile riscontro le connessioni fra religio holocaustica ed immensi vantaggi economici e politici di cui oggi gode lo Stato d’Israele. Non solo. A mio avviso, e non solo perché ricordo alcune dichiarazioni in tal senso di significative personalità ebraiche non allineate, una simile aggressiva condotta avrà come suo risultato finale una nuova forma di antisemitismo che non avrà nulla a che fare con l’antisemitismo descritto da Raul Hilberg o da altre innumerevoli pubblicazioni che giocano la carta del vittimismo per bussare a danari. Sarò un antisemitismo meramente difensivo da parte dei comuni cittadini che si vedono sopraffatti da una comunità che rivendica un suo diritto alla doppia cittadinanza, dove la fedeltà maggiore è altrove e che ritiene tutto gli sia dovuto in virtù di una rappresentazione del passato che è proibito con leggi ad hoc poter rivisitare criticamente. Ad uno dei fratelli Rosselli era stato chiesto se egli si sentisse in primo luogo italiano e poi ebreo o viceversa. La risposta fu pronta e senza esitazioni: in primo luogo italiano e solo dopo ebreo. La stessa risposta, in un’apposita Serata in onore di un noto personaggio tedesco ebreo che non nomino, fu diametralmente opposta quanto sdegnata: innanzitutto ebreo! Se fossi stato io il Direttore di quell’istituto governativo tedesco io per lo meno non avrei organizzato una Serata in onore di chi offendeva il popolo tedesco.

Trascrivo dalla fascetta editoriale del libro appena acquistato: «Da sempre, il sistema politico degli Stati Uniti consente a qualunque raggruppamento di cittadini (che sia una multinazionale del petrolio, un’associazione ambientalista, una setta religiosa o un’industria di armi da fuoco) di finanziare e, soprattutto, di influenzare deputati, senatori e candidati alla Casa Bianca, creando così un gruppo di pressione, una cosiddetta “lobby”. Niente è meno scandaloso, in America, dell’attività di una lobby; niente è più ovvio che una categoria di persone si organizzi per fare pressione sui suoi rappresentanti eletti…
Questa sarebbe la più antica democrazia d’Occidente che ci viene sbandierata come modello esemplare e dove vige la legge del più forte a danno delle ragione della giustizia. Una giustizia senza forza è un cencio sul quale ognuno può pulire la suola delle sue scarpe. Gli autori americani hanno suscitato un intenso dibattito mostrando come le ragioni di una lobby potente come quella ebraico statunitense possono contrastare non solo con i principi della giustizia ed equità ma anche con gli interessi strategici degli Stati Uniti, la cui impopolarità cresce nel mondo. L’altrettanto recente libro di un altro americano, Peter W. Galbraith, La fine dell’Iraq, ammette senza particolari scrupoli morali l’assoluta equiparazione strategica fra il poco in cui è stata assoggettata ed asservita l’Europa ed il modello a cui si vorrebbe sottoporre tutto il Medio Oriente, che quindi dovrebbe pure abbondare di piazze dedicate alla Memoria, pur non avendo mai avuto niente a che fare i musulmani con il teorema di Raul Hilberg.

Per tornare a noi e chiudere una digressione che ci sta portando lontano in temi che è più adatto trattare altrove, un fine ed acuto analista come Sergio Romano va dicendo in articoli ed intervista che i potenti USA hanno perso la loro guerra in Iraq. Se ne stanno accorgendo gli stessi cittadini statunitensi, quelli che nella più grande democrazia del mondo vanno a votare in bassissima percentuale. Da qui gli interrogativi su cui nasce il successo del libro sulla Israel Lobby.

Che la nostrana “Informazione Corretta” abbia il carattere sfacciato della Lobby sopra descritta non mi pare dubbio. In una pagina del discusso libro di Madgi Allam si accenna all’esistenza in Israele di un sito equivalente. La mia indagine è ancora in corso, ma non mi stupirei se l’attività di lobbyng sull’estero venga progettata e pianificata direttamente in Israele. Poiché non siamo stati ancora del tutto amerikanizzati o israelizzati, quello che è certo è che è del tutto estranea al buon senso latino la pretesa di chi ritiene di avere tutte le ragioni di questo mondo dalla propria parte, mentre getta sull’altra parte tutti i torti per non dire peggio. È esattamente questo il genere di “corretta" praticato da «Informazione Corretta», come dice la parola stessa, e della gente che vi si cela dietro. Appunto, noi qui ci proponiamo di analizzare quanto è “corretta” questa informazione ed incominciamo con le amorevoli attenzioni e squisiti riguardi riservati all’ambasciatore Sergio Romano, con il quale non abbiamo nessun rapporto diretto o indiretto.

RASSEGNA STAMPA COMMENTATA
della Rassegna Stampa interpretata e “corretta”
dalla Israel Lobby italiana
che si intitola “Informazione Corretta”

1. Sergio Romano e l’Iran.
18.11.2005 Per Sergio Romano l'Iran non è un pericolo
e manifestare per l'esistenza di Israele è un errore

Testata:Corriere della Sera
Autore: Sergio Romano
Titolo: «La fiaccolata di Roma e le ragioni del dissenso»
Venerdì 11 novembre 2005 il CORRIERE DELLA SERA pubblica a pagina 53 due lettere sulla fiaccolata di Roma di solidarietà a Israele e la risposta di Sergio Romano.

Ecco i testi:

Spero di leggere un suo commento sulla fiaccolata che si è tenuta a Roma in difesa dello Stato di Israele, su cui ho soltanto limitate opinioni personali. Ma non stiamo affogando nella più sfacciata ipocrisia? Nei più biechi giochi politici? Nel più disgustoso lavaggio del cervello? Forse questa è la globalizzazione, dove tutti si impicciano di tutti (in verità disinteressandosi di tutti fuorché di se stessi) e innescando pericolose reazioni a catena (la bomba atomica delle idee)?
Roberta Bellinzaghi


Giovanni Grassi ( Corriere del 4 novembre) accusa il presidente dell'Unione delle comunità ebraiche di «interferire nella politica italiana» e lei conferma, arruolandolo fra gli allievi di Ruini. Luzzatto è intervenuto per mitigare l'improvvida dichiarazione di un membro della comunità romana che aveva detto che chi non fosse andato alla manifestazione pro-Israele era un nemico degli ebrei.
Il suo commento si limitava a quell'accadimento e trovo singolare che egli non possa neppure proporsi di valutare le eventuali spiegazioni dei gruppi assenti senza essere accusato di interferenza nella politica italiana.
Anzi, e senza offesa per nessuno, mi pare grottesco.
Franco Ottolenghi

Cara signora, caro Ottolenghi, le vostre lettere sollevano problemi diversi. Quella di Roberta Bellinzaghi s'interroga, in ultima analisi, sulla razionalità e sulla utilità della manifestazione di Roma. Quella di Franco Ottolenghi rivendica al presidente delle Comunità ebraiche il diritto di «valutare» le ragioni dei partiti politici che non hanno aderito alla manifestazione. Cercherò di rispondere a entrambe dicendo anzitutto perché questa fiaccolata contro l'Iran non mi abbia convinto. Non credo che Israele sia in pericolo. Il Paese sa badare a se stesso, ha buoni alleati, è sostenuto da una larga parte della comunità internazionale, è stato recentemente liberato da un potenziale nemico (l'Iraq) e possiede un arsenale nucleare, come ha riconosciuto il suo ambasciatore a Roma in una recente intervista a Emanuele Novazio ( La Stampa del 7 novembre), di cui può servirsi, all' occorrenza, anche contro l'Iran. L'indignazione organizzata, come nel caso della manifestazione di cui parliamo, è utile quando si propone un obiettivo concreto, difficilmente raggiungibile con altri mezzi. Diventa inutile, se non addirittura controproducente, quando rischia di raggiungere un obiettivo diverso e non voluto. Le infuocate dichiarazioni di Mahmoud Ahmadinejad rispondono probabilmente a una strategia domestica del presidente iraniano: iniettare nel regime una dose massiccia di radicalismo per far dimenticare le promesse populiste fatte durante la campagna elettorale e togliere di mezzo le «colombe» pragmatiche che ancora esistono nel regime. È la tattica perseguita da tutti i giacobini, laici o religiosi, da Robespierre e Saint Just in poi. La manifestazione gli ha permesso di far leva sul nazionalismo della società iraniana, un sentimento condiviso anche dai giovani che non hanno votato e da molti che hanno votato per il suo avversario. Se il programma nucleare iraniano rappresenta un rischio, manifestazioni come quella di Roma offrono ai suoi paladini un argomento in più per sostenerne la necessità. Ma forse la fiaccolata di Roma si proponeva non tanto di isolare l'Iran quanto di individuare e isolare tutti coloro che avrebbero rifiutato di prendervi parte. Abbiamo assistito insomma negli scorsi giorni a due giacobinismi contrapposti: quello di Ahmadinejad e quello di Giuliano Ferrara. Vengo ora alla lettera di Franco Ottolenghi. Come il cardinale Ruini anche il presidente dell'Unione delle comunità ebraiche può esprimersi liberamente. Ma esiste un problema delicato di cui anch'egli, certamente, deve essere consapevole. Gli ebrei della diaspora hanno con Israele un rapporto speciale. È comprensibile. Tutti conosciamo le origini di quello Stato. Tutti sappiamo quale debito l'Europa abbia contratto con l'ebraismo. Vi sono due fattori, tuttavia, di cui è opportuno tenere conto. In primo luogo gli arabi e i musulmani non hanno lo stesso debito. In secondo luogo Israele è uno Stato. Ha i suoi interessi nazionali, la sua strategia, le sue politiche. Vi sono circostanze in cui questi interessi e queste politiche coincidono con quelli dei Paesi europei. Ma possono darsi altre circostanze in cui gli interessi di Israele non sono i nostri o non sono considerati tali da tutti i nostri cittadini. Sono questioni opinabili, naturalmente, su cui è lecito avere posizioni diverse. Ma chi dice di volere valutare le ragioni degli assenti, sembra sottoporre il dissenso a una sorta di esame politico-morale. E questo non mi sembra giusto.
La risposta di Romano procede da un rifiuto di comprendere la natura del regime di Teheran, da una rimozione dei suoi concreti atti di aggressione a Israele, come il sostegno al terrorismo, della serietà con cui la sua classe dirigente persegue l'attuazione di un'idelogia totalitaria e dei suoi pericolosi e non sottovalutabili piani di armamento nucleare .
Che la manifestazione romana abbia giovato ad Ahmadinejad, rinforzando il nazionalismo iraniano è falso: tutto fa pensare che il regime sia sempre più isolato dal popolo, la stessa vittoria dell'attuale presidente è dipesa dall'astensione determinata dalla sfiducia verso un sistema che si pretende "repubblicano" ed è in realtà sottoposto alla tutela di un potere religioso.
Tutti hanno il diritto di dare giudizi politici e morali sulle prese di posizione, soprattutto su quelle dei politici che devono poi decidere se votare o no. Perché questo debba essere proibito solo a Luzzato è e resterà inspiegabile.
L'utilità della manifestazione è consistita tra l'altro nel rendere noto al regime iraniano che almeno una parte dell'opinione pubblica europea non è disposta a tollerare i suoi proclami genocidi e nel ridurre il senso di isolamento degli israeliani.

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