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Miracoli: Veronesi garantisce geni ripuliti e buona salute per 120-150 anni

di Nicoletta Tiliacos - 28/09/2007

Se la smettessimo di trattare gli

scienziati con la deferenza riservata a ministri

di un culto intoccabile, e li vedessimo

per ciò che sono, rispettabili ma fallibili

agenti in uno scenario che è sempre, necessariamente,

politico? La provocazione di

Michael Schrage, editorialista del Financial

Times ed enfant terrible del Mit Media Lab,

non dice soltanto che “lo scienziato è nudo”.

Mette in discussione un sistema autoreferenziale

che coinvolge in uguale misura

l’accademia, l’informazione, le scelte politiche.

Schrage non è un bacchettone. Non si

scandalizza delle commistioni scienza-industria,

non pensa che i laboratori debbano

essere santuari immuni dagli interessi economici

e politici. Ma allora, dice, i giochi

siano chiari, e gli scienziati, quasi sempre in

disaccordo tra di loro, non si appellino all’insindacabilità

del loro operato da parte

dell’opinione pubblica ma accettino un confronto

vero e non paternalistico.

Alcuni scienziati sono d’accordo. Quelli

che come Jacques Testart ammettono che

“poiché gli stessi esperti riconoscono l’esistenza

di una zona di incertezza… sembra

incoerente riconoscere alla valutazione

scientifica lo statuto di conoscenza incontestabile

e considerarla sufficiente all’elaborazione

delle decisioni politiche”. Gli scienziati

hanno il dovere di farsi capire e di portare

alla luce i loro dissensi, perché, dice

ancora Schrage, i dibattiti più interessanti

e più importanti sulle decisioni pubbliche

emergono dove gli scienziati non sono d’accordo.

E’ vero anche il contrario. Dove una

richiesta argomentata dell’opinione pubblica

pone problemi alla scienza – pensiamo al

dibattito sull’uso di embrioni umani per la

ricerca – avviene (è avvenuto in questi giorni,

con la scoperta delle staminali pluripotenti

nei testicoli) che la scienza, “costretta”

ad attenersi a certi limiti, trovi per questo

strade scientificamente più promettenti.

Al contrario, un esempio di come funziona

il circolo poco virtuoso criticato da Schrage

lo abbiamo potuto apprezzare in occasione

della recente conferenza governativa

sul clima dove il nostro ministro dell’Ambiente

ha sostenuto senza vergogna, appellandosi

ai soliti autorevoli studi, che in Italia

il riscaldamento è di quattro punti superiore

al resto del mondo. Il professor Franco

Prodi, il fratello fisico del premier, ha dato

dell’asino a Pecoraro Scanio e ai suoi autorevoli

consiglieri. Ma a far concorrenza al

barone di Münchhausen non c’è solo il ministro

verde. Quando l’esperto di turno, per

esempio, è come il professor Umberto Veronesi,

circonfuso da una giustificata aura di

grande studioso, le cose possono non andare

meglio. Sempre un paio di settimane fa,

l’illustre oncologo annunciava sul Corriere

della Sera che le bambine nate quest’anno

in Italia e in Germania potranno contare su

un’aspettativa di vita di 103 anni. Due giorni

fa ha rincarato la dose, in occasione della

presentazione del “Manifesto della lunga vita”,

manuale della sicura longevità, in libreria

dal 2 ottobre per Sperling & Kupfer. L’obiettivo

di rimanere in buona salute “per

120-150 anni”, ha detto Veronesi, non è lontano.

A garantirlo, ci saranno gli sviluppi

della medicina predittiva, che passerà al setaccio

tutti i nostri geni, scoverà quelli mu-

Balle decliniste

Il pensionato ladro per fame

non c’era. Se l’è inventato

il giornalista collettivo

tanti o minacciosi e interverrà prima che

facciano danni. Identica certezza – dicono

alla Stampa – nutrono il neurobiologo Delio

Mercanti e il genetista Andrea Angius, del

Cnr, chiamati a dare man forte a Veronesi.

Poi, però, leggiamo le parole del grande genetista

Lucio Luzzatto, che sull’ultimo domenicale

del Sole 24 Ore avverte: “Potrebbe

essere erroneo estrapolare, dall’aumento di

vita media dell’ultimo secolo, che lo stesso

avverrà in questo. Non è inconcepibile inventare

interventi, farmacologici o non, che

possano raggiungere questo obiettivo: ma

non ci sarebbe da stupirsi se gli effetti collaterali

fossero inaspettati e anche gravi”. E

un altro genetista, il Nobel John Sulston, se

la prende con “i titoloni sui miracoli del codice

genetico” che “contribuiscono a creare

sconcerto, dal momento che, anno dopo anno,

la gente continua ad ammalarsi di cancro,

di malattie vascolari o di demenza senile”.

Potremmo continuare. Non passa giorno

senza che uno scienziato annunci la scoperta

di un nuovo elisir, e senza che altri scienziati

mettano in guardia dalle illusioni. Naturalmente

ci sono le vere scoperte, i veri

avanzamenti che migliorano la vita, a volte

ci guariscono, a volte ci aiutano solo un po’.

Ma criticare la vocazione di certi scienziati

a promettere quello che non possono mantenere

piuttosto che a spiegare quello che

possono ragionevolmente ottenere, resta, almeno

da noi, l’ultimo reato di lesa maestà.