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1943, la guerra dell'aria contro i civili

di Antonio Airò - 29/09/2007

Un saggio di Marco Patricelli riapre le controversie sui bombardamenti condotti dagli Alleati durante il secondo conflitto mondiale

 

Quattordici novembre 1940. In una notte di luna piena, ondate successive di 449 aerei tedeschi scaricano cinquecento tonnellate di bombe sulla città inglese di Coventry. Oltre milleduecento vittime, migliaia di feriti, una comunità distrutta. Diciannove luglio 1943. Mentre l'Italia avverte sempre più che la guerra è persa, Roma, fino ad allora indenne da incursioni aeree, vede devastati i quartieri popolari attorno alla basilica di San Lorenzo con morti e devastazioni. Le immagini del tempo mostrano un Pio XII che si inginocchia tra la gente disperata e intona poi il De profundis. Il sangue macchia la sua veste bianca. Venti ottobre 1944. Nella scuola elementare di Gorla, un quartiere alla periferia di Milano, gli scolari e le insegnanti cercano, al suono dell'allarme, di raggiungere il rifugio. Una bomba si infila nella tromba delle scale, «con effetti apocalittici». Duecento i morti, dai dodici mesi ai tredici anni, estratti dalle macerie. Tutti, bambini, ragazzi e adulti, vittime di «un calcolo cinico o di una criminale superficialità». Gli aerei americani avevano sbagliato le rotte di attacco e scaricato alla cieca i loro ordigni di morte. Tredici febbraio 1945, martedì grasso. Le sorti della guerra sono già segnate, anche la Germania ne è consapevole. Ma su Dresda, la Firenze sull'Elba, si scatena un inferno di piombo e di fuoco. Per più giorni la città è ridotta ad un rogo ininterrotto. Centotrentacinquemila le vittime indicate. Ma il numero vero non si saprà mai. Il Bomber command alleato aveva voluto mostrare, con quello che sarà il più feroce bombardamento distruttivo della Seconda guerra mondiale, il volto demoniaco di un potere nel quale ogni pietà era morta.
Anche l'Italia conosce questo volto dei "liberatori" alleati, in un crescendo di bombardamenti e di incursioni, inglesi prima poi americani, che non risparmia un centimetro del nostro territorio e che si intensifica dopo l'8 settembre, quando il nostro Paese è sempre p iù allo stremo e subisce anche gli attacchi dei tedeschi su Napoli e poi su Bari, nel cui porto veniva colato a picco un mercantile che aveva a bordo cento tonnellate di iprite, gas tossico vietato dalla convenzione di Ginevra. Mentre su Zara Tito, ormai "padrone" della Dalmazia, chiama gli alleati per un bombardamento, «strumento della pulizia etnica» contro gli italiani.
Il giornalista e storico Marco Patricelli in un libro documentatissimo ricostruisce nella scansione temporale e negli effetti disastrosi la mappa dell'Italia sotto le bombe in un susseguirsi di raid sulle maggiori città del Paese, su decine e decine di capoluoghi di provincia e centri minori segnati da orrori indicibili, tragedie, lutti (64.354 saranno le vittime accertate dai bombardamenti, alle quali debbono aggiungersi 4.558 militari periti sotto gli attacchi aerei), distruzioni dovute ad informazioni errate, come per l'abbazia di Montecassino, o "gratuite", come per il terrificante bombardamento di Treviso, il 7 aprile 1944, venerdì santo, con oltre millecinquecento vittime in una città dove «non esiste nulla che giustifichi questo attacco in profondità».
Nelle pagine di Patricelli c'è la tragedia di una guerra dall'alto totale, «distruttiva e risolutiva», che colpisce senza distinzione i militari sui fronti di battaglia ma si allarga a dismisura, quasi con crudeltà, da una parte e dall'altra, alla popolazione civile, donne, bambini, anziani, sani e ammalati raggiunti nelle loro case, nelle loro strade, nelle loro fabbriche, nei loro campi. Le bombe, indisturbate e incontrollate, vengono sganciate per spazzare via - secondo le teorie dei generali e politici del tempo - qualunque cosa capitasse a tiro: obiettivi militari, fabbriche, infrastrutture, abitazioni, chiese, musei, o anche luna park. Come a Grosseto il 26 aprile 1943, con la città in festa, le giostre, la gente che passeggia tranquillamente per le vie. Un mitragliamento a volo radente lascia sul terreno 145 morti e 268 feriti, in g ran parte donne e bambini.
Ma il libro è anche la rappresentazione di una società, quella italiana, stremata non solo dai bombardamenti ma anche messa in ginocchio da condizioni di vita sempre più difficili da accettare e che fanno crescere nella popolazione un desiderio esteso di farla finita con un regime ormai screditato e soprattutto con la guerra, sempre più "inutile strage". Patricelli si sofferma infatti sulle città svuotate dalle incursioni (Torino registra 338 mila sfollati su 600 mila abitanti), sul razionamento sempre più esteso dei generi alimentari, sulle tessere annonarie - e tante vengono falsificate -, sul pane che spesso manca o è immangiabile, sulle file davanti ai negozi al solo sospetto che ci sia qualcosa da portare a casa, sugli ammassi del grano, elusi dagli obbligati, sulla raccolta delle cancellate, sulla borsa nera sempre più diffusa. Soprattutto dopo l'8 settembre, la situazione diventa drammatica. «Il lavoro più duro degli italiani è contro le difficoltà più elementari di sussistenza», mentre «il nero sarà quasi l'unico colore del mercato». In questo stillicidio continuo di bombardamenti e di lotta quotidiana contro la fame, si consuma la tragedia dell'Italia.

Marco Patricelli
L'Italia sotto
le bombe

Guerra aerea
e vita civile 1940-1945
Laterza. Pagine 364. Euro 20,00