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Parigi nuovo luogotenente di Washington

di Antonella Vicini - 29/09/2007

 

Nucleare iraniano: Parigi nuovo luogotenente di Washington
 


Un nuovo affondo nei confronti della Repubblica Islamica da parte di Francia e Stati Uniti conferma che i due Paesi vivono un momento di particolare sintonia per quel che riguarda la crisi sul nucleare iraniano.
Da Capitol Hill è giunta notizia di ulteriori misure punitive contro le filiali delle multinazionali che hanno sede su suolo americano e che fanno affari con Teheran.
Il testo, approvato prima alla Camera e l’altro ieri al Senato, prevede anche il divieto di cooperare con le nazioni che sostengono il programma nucleare iraniano e invita il governo statunitense a fare pressioni sugli altri Paesi e sulle istituzioni bancarie affinché cessino d’investire in Iran.
All’interno della stessa legge, è stata inserita anche la richiesta al Dipartimento di Stato di mettere i Guardiani della rivoluzione, i Pasdaran, sulla lista delle organizzazioni terroristiche.
Una decisione che il portavoce del ministero degli Esteri iraniano Ali Hosseini ha definito “inutile e senza senso” visto che si tratta di “forze armate di un Paese membro dell’Onu”.
Sull’altra sponda dell’Oceano David Martinon, portavoce del presidente francese, nel corso di una conferenza stampa ha messo in discussione i fini pacifici del programma nucleare iraniano, ammettendo di non credere alle affermazioni rilasciate dal presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad nel corso del suo intervento alla Columbia University, a New York, secondo il quale l’attività nucleare del suo Paese è pacifica.
“Ultimamente, non gli crediamo. Tutti sappiamo che il programma ha degli obiettivi militari”, ha detto Martinon.
Prendono corpo così anche le denunce rivolte nei giorni scorsi dalla stampa iraniana nei confronti del nuovo governo francese, accusato di mirare a divenire il luogotenenti degli Stati Uniti e di condurre una politica ancora più rigida nei confronti dell’Iran. Una tesi confermata indirettamente sulla pagine del New York Times in cui si mette in evidenza come in questo momento si stia attuando una sorta di scambio di ruoli tra Parigi e Washington che permette alla Casa Bianca di indossare abiti dai colori più tenui. La strada per convincere Teheran ad abbandonare il proprio programma nucleare passerebbe dunque per l’Eliseo e per la determinazione che Sarkozy sta manifestando al fine di inasprire le sanzioni contro Teheran.
Secondo il quotidiano, la crisi nucleare iraniana “sta entrando in una nuova fase” in cui l’Amministrazione sta cercando di delegare agli europei la gestione della questione, cercando di convincere gli alleati che “la leadership iraniana risponderà solo ad una più dura e nuova ondata di pressioni economiche”.
Due, probabilmente, le ragioni dietro un simile atteggiamento. La prima di ordine più pratico, collegata al momento particolarmente impegnativo per tutta la compagine Bush; la seconda più strategica. Una Francia, o una Europa, in grado di raccogliere il testimone statunitense sgraverebbe infatti non poco l’agenda della Casa Bianca, accollandosi nello stesso tempo la pesante eredità del falco che sta perseguitando White House. Prima della fine del mandato,l’Amministrazione sembra intenta infatti in una operazione di restyling su più fronti, perché Bush non venga ricordato semplicemente come il presidente di guerra, e in questo progetto a breve termine si inserisce anche il passaggio delle consegne a Sarkozy, insieme all’organizzazione della conferenza sul Vicino Oriente.
Parigi da parte sua sembra muoversi bene in questi nuovi equilibri, pronta a giocare il ruolo di comprimaria sulla scena internazionale insieme a Washington e a ricucire lo strappo dopo l’Iraq. In questo do ut des, la Francia serve agli Stati Uniti così come gli Stati Uniti servono alla Francia.
Come ha fatto notare il New York Times, a guidare questa svolta “è il nuovo governo in Francia, il cui presidente, Nicolas Sarkozy, ha lanciato all’Onu un avvertimento all’Iran più duro di quello di Bush”.
Le nuove alleanze però non possono soppiantare le altre all’interno del Consiglio di Sicurezza e per quel che riguarda il caso Iran rimane ancora l’incognita Russia – Cina. Difficile che Mosca e Pechino diano il via libera ad un inasprimento delle sanzioni; quindi l’unica opzione è continuare giocare la partita in campo europeo. Come ha già sottolineato la scorsa settimana Bernard Kouchner, in occasione della sua bellicosa sortita, la soluzione per il momento è fare fuori la Repubblica islamica dal punto di vista economico, finanziario e tecnologico, attuando misure tagli ai prestiti bancari e al trasferimento di tecnologia.
Preso atto del nuovo scenario, Teheran è passato al contrattacco, sullo stesso campo e ha annunciato di essere pronta a tagliare la Total fuori dal colossale progetto di sfruttamento di gas naturale di South, se la compagnia petrolifera francese non si impegnerà con investimenti adeguati. Il monito è chiaro.
Rivolgendosi direttamente al capo dell’Eliseo, il ministro del Petrolio iraniano Gholam Hossein Nozari ha dichiarato che se Total non verrà qui, i contratti del South Pars passeranno in mani iraniane. All’inizio della settimana Nicolas Sarkozy aveva infatti invitato le compagnie francesi a non investire più in Iran per esercitare pressioni sul governo e spingerlo a rinunciare al programma nucleare. Le trattative sono ancora in corso, secondo un portavoce la società transalpina starebbe tentennando “perché i prezzi sono saliti”. Ma, al di là della disputa sui prezzi che ha fatto slittare l’apertura del giacimento dal 2009 al 2011, l’esito accordo è strettamente connaturato all’andamento delle relazioni fra i due Paesi sui cui si affacciano non poche nubi.