La fine del Wto
di Vandana Shiva - 19/12/2005
Fonte: lanuovaecologia.it
La Banca mondiale sta esercitando forti pressioni per privatizzare le risorse idriche come parte del piano di infrastrutture legate al commercio
Nel momento in cui scrivo la riunione ministeriale Wto di Honk Kong deve ancora iniziare, ma posso comunque dire che è fallita. Per il mondo delle grandi imprese è fallita perché i paesi più poveri, più piccoli e meno sviluppati, stanno iniziando ad avere una loro voce nelle negoziazioni. Con il sostegno di chi è sceso in piazza a protestare, i rappresentanti di questi paesi si sono fatti sentire agli incontri di Seattle, o di Cancun, esercitando uno dei poteri della democrazia: quello di dire no. Il potere esercitato da Gandhi e Martin Luther King, il potere di chi non si adegua a leggi ingiuste.
La prima Wto a fallire è stata quella di Doha (in Qatar nel novembre 2001, ndt). A quell’incontro non si sarebbe potuto lanciare nessun nuovo “round”. Per questo lo slogan del movimento era «no new round, turn around» (no a un nuovo round, andatevene, ndt). Le finalità dell’incontro riguardavano l’applicazione di norme preesistenti, in particolare sul potere vincolante dei diritti di proprietà intellettuale legati al commercio (Trips) e sull’Accordo per l’agricoltura (Aoa) imposti a tutto il mondo con le negoziazioni non democratiche dell’Uruguay round. Come sempre i paesi più potenti, spinti dalle ancor più potenti multinazionali, volevano prevenirsi da modifiche agli accordi che assicuravano il loro monopolio su agricoltura e farmaci e, al tempo stesso, introdurre nuove norme come quelle sull’accesso al mercato non agricolo (Nama) e ulteriori distorsioni sui già distorti accordi generali sul commercio nei servizi (Gats). È per introdurre questi nuovi elementi che si è parlato di un Doha round, mentre di fatto si trattava dell’applicazione dell’Uruguay round.
Per tenere buoni i paesi in via di sviluppo si è scelta la via dell’ambiguità del linguaggio, annunciando un «round dello sviluppo». Ma ciò che viene offerto nel “pacchetto sviluppo” della bozza di dichiarazione stilata a Hong Kong il 26 novembre 2005 è il cosiddetto "Aid for trade", con Banca mondiale e Fondo monetario internazionale a imporre nuovi debiti ai paesi del Terzo mondo sotto forma di prestiti per «infrastrutture legate al commercio», vale a dire nuovi porti e autostrade che porteranno nuove emissioni di gas serra e maggiori problemi climatici. Questo non è un piano di sviluppo ma la ricetta per un disastro ambientale. Inoltre Banca mondiale sta esercitando forti pressioni per privatizzare le risorse idriche come parte del piano di infrastrutture legate al commercio.
L’"Aid for trade"nasce insomma dall’unione tra i prestiti di Banca mondiale e Fondo monetario internazionale con le regole Wto, il tutto per imporre la liberalizzazione del mercato ai paesi del Terzo mondo. Ora che i rappresentanti delle popolazioni marginalizzate ed escluse hanno imparato a esercitare un loro potere sul Wto attraverso la non cooperazione, rifiutano di accogliere le richieste di una maggiore liberalizzazione nei settori agricolo, industriale e dei servizi. E per questo è importante rifiutare il pacchetto "Aid for trade".
Dai tempi di Seattle, lo slogan del movimento è passato da «Our world is not for sale» (Il nostro mondo non è in vendita, ndt) a «Wto: shrink or sink» (Wto: riduciti o sparisci, ndt). Il movimento chiede una riduzione delle aree su cui il Wto esercita il suo potere. Chiedono che smetta di controllare le politiche agricole, o le questioni di proprietà intellettuale. Per la popolazione mondiale, in particolare per i paesi che sopportano i costi della liberalizzazione del mercato, shrink or sink indica la necessità di ridurre il potere di Wto e multinazionali di incidere sulle nostre vite e sulle nostre risorse. Le multinazionali e i paesi più potenti chiedono invece un’espansione dei settori sottoposti al controllo Wto e una riduzione del numero e del potere dei paesi che partecipano all’Organizzazione. Per le multinazionali con base negli Usa o in Europa la strada da seguire è quella di un Wto ancora più asimmetrico, iniquo e poco democratico che nel passato. Per loro shrink or sink significa riduzione della democrazia e dei diritti della popolazione.
Quelli che hanno creato il Wto non accetteranno facilmente di uscire dalla scena. Per questo l’unica soluzione da perseguire è una graduale riduzione dei loro poteri. E per attuare in democrazia questa riduzione è necessario continuare a mostrare con chiarezza, ancor più che in passato, le prepotenze che le multinazionali impongono alle nostre vite e alla nostra sicurezza.