La conferenza sul clima a Montreal: fra menzogna e credulità
di Jules Èlysard - 19/12/2005
Fonte: Umanità Nuova
Che un altro mondo sia possibile è vero. Che questo nuovo mondo futuro sarà notevolmente peggiore dell'odierno, la conclusione della conferenza sul clima di Montreal sembra prospettarcelo non più come una minaccia, bensì come una speranza.
Infatti, sono bastate le dichiarazioni dell'ex presidente degli USA, Bill Clinton, – impegnato da tempo sul fronte della politica interna a contrastare l'amministrazione repubblicana di Bush – a favore di una possibile apertura nei confronti dei protocolli di Kyoto da parte del sistema socio-economico nord-americano che il barometro dei commenti degli addetti ai lavori ha segnato finalmente "bel tempo". E tutto ciò per il semplice fatto che i protocolli di Kyoto – siglati da 157 paesi (tra cui l'Italia) ed entrati ufficialmente in vigore il 16 febbraio di quest'anno – proseguiranno oltre la loro naturale scadenza prevista nel 2012 con un ulteriore inasprimento dei limiti di emissione dei gas serra, e che i 189 paesi che hanno aderito alla convenzione sul clima (compresi i 32 – USA e Australia in testa – che non hanno ratificato i protocolli citati) proseguiranno il "dialogo non vincolante" per trovare soluzioni tecnologiche in grado di rallentare il passo del global warming. Tutto qui!
Non che si poteva – e si doveva – aspettare molto di più, sia chiaro. Del resto gli standard di controllo riguardo i parametri entro cui contenere le emissioni inquinanti per ogni singolo paese sono di ben oltre il 5% previsto da Kyoto, ed il loro sforamento preoccupa a tal punto le singole economie nazionali, che l'inclusione della possibilità di acquistare quote in eccesso ha inaugurato un mercato parallelo in cui la regola aurea sembra essere non certo che chi inquina di più, più paga, ma chi più paga, più ha il diritto di inquinare. Inoltre il fatto che India e Cina non siano computati fra i paesi che devono obbligatoriamente rispettare i protocolli di Kyoto fino al 2012, in quanto considerati nel 1997 – anno di nascita del trattato – paesi in via di sviluppo da non coinvolgere per evitare di frenarne la crescita, la dice lunga a proposito della serietà dell'accordo firmato in Giappone. Ma allora perché sostenere che il braccio di ferro che per due settimane sembra aver contrapposto gli USA ai paesi della UE e del Canada, si è concluso con la vittoria ("la Repubblica" del 12 dicembre) della "seconda super-potenza: l'opinione pubblica mondiale"?
Sostenere la vittoria dell'opinione pubblica mondiale serve a far credere alla menzogna che la conferenza sul clima svoltasi a Montreal abbia prodotto un'inversione di marcia in uno sviluppo economico senza limiti in grado di porre limiti al proprio sviluppo. Del resto – parafrasando Paul Valery –cos'altro è l'Opinione se un selvaggio accoppiamento fra menzogna e credulità?