Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Questione di brand. La merda resta merda, anche se d’autore.

Questione di brand. La merda resta merda, anche se d’autore.

di Antonello Molella - 01/10/2007

     

 

Active Image

Pochi giorni fa è partita una nuova campagna pubblicitaria. Il marchio è la Nolita (abbigliamento). A firmarla Oliviero Toscani, il provocatorio fotografo che ha fatto le fortune della Benetton.
Il soggetto è una modella anoressica, ritratta nuda in tutto il suo stato pietoso di malata. La malattia della ragazza (il suo nome è Isabelle Caro) è presentata in tutta la sua cruda realtà: la pelle rovinata dalla psoriasi, il corpo scheletrico, le mani grigie ed invecchiate e il viso scavato dove solo gli occhi danno un vago senso di vita.
L'anoressia è una delle patologie che rientra in quelli che sono chiamati “mali moderni”. Le sue vittime sono prevalentemente donne di giovane età, che accusano un disturbo del comportamento alimentare. In pratica cominciano a non mangiare più e a sviluppare un rifiuto per il cibo fino a raggiungere la morte per denutrizione. Pancia vuota in una società che costringe a rimpinzarsi del superfluo fino a vomitare.
Il risultato è sui cartelloni pubblicitari delle nostra città: un macabro inno alla morte causata dalla modernità bulimica e trionfante, che dona infelicità innanzitutto a chi ne dovrebbe essere immagine e splendore (le modelle, appunto).
Il desiderio di diventare scheletriche è dettato dai modelli estetici femminili dominanti, sapientemente orchestrato per creare nuovi bisogni - e nuove consumatrici. Bisogna essere belle da morire.
Ora, una azienda che ha contribuito ad alimentare questa patologia si fa portatrice di una campagna “sociale”. Peccato che, se si sfoglia il catalogo di questa azienda, si noterà che i modelli proposti  sono indossati da modelle maestosamente sifilitiche. Ma non ancora morenti. Insomma, è evidente che è tutta una messinscena per sensibilizzare, sì. Ma il brand, il marchio, l’azienda. Toscani ha dichiarato: “C’è una bellezza nella tragedia. Il paradosso è che ci si sconvolge davanti all’immagine e non di fronte alla realtà. Io ho fatto, come sempre, un lavoro da reporter: ho testimoniato il mio tempo”. Il problema, caro Toscani,  non è l'immagine proposta, ma il suo presupposto, cioè far rendere economicamente di più un marchio commerciale. A persone come Toscani interessa poco del problema anoressia. Più che pensare a come rendere “positivi” i messaggi, le aziende dovrebbero cambiare completamente i prodotti. La merda resta merda, anche se d’autore.