Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Le frontiere dei conflitti attuali, futuri e il mondo post bellico.

Le frontiere dei conflitti attuali, futuri e il mondo post bellico.

di Giordano Montanaro - 02/10/2007

 

 

L’evoluzione delle armi convenzionali o di distruzione di massa ha fatto passi da gigante e le risorse scientifiche che vengono impiegate per la ricerca nel campo militare superano di gran lunga quelle investite per la medicina o per lo studio rivolto alla produzione di energia con sistemi alternativi che non danneggino l’ambiente o privino la terra delle risorse necessarie alla sua conservazione. Il lascito che teoricamente dovremmo donare alle generazioni future sta per essere definitivamente eroso dal sistema distruttivo, che la nostra società attuale ha innescato.

La globalizzazione ha trasformato il pianeta in un grande paese dove le singole economie, quelle tipiche locali che identificano le culture e diversificano i popoli, stanno crollando sotto il peso delle multinazionali. L’omologazione dell’umanità è un grande businnes e, quindi, l’obiettivo principale per chi commercializza prodotti di consumo essenziali come gli alimenti o i farmaci.

Coloro che avranno il controllo di questi strumenti e ne gestirà il mercato avrà sotto scacco l’intera umanità.

Ma tutto ciò necessità di energia e l’energia, per il momento, si è ricavata dal petrolio o dal nucleare e quindi si presentano due problemi: il primo, l’oro nero, che una volta bruciato inquina l’aria che respiriamo tutti, si trova, loro malgrado, sotto i piedi degli arabi e il secondo, invece, è a disposizione di chiunque voglia costruire una centrale nucleare, “pur che non rientri in un popolo considerato canaglia dal democratico governo USA”. Quest’ultimo sistema però, produce un residuo a dir poco scomodo “ l’uranio impoverito” che crea dei costi importanti per lo stoccaggio e dei rischi elevati in tema di inquinamento da radiazioni.

In questo caso, però le guerre sono una ottima soluzione in quanto permettono, grazie l’uso delle bombe, di lanciare sulla testa di altri i propri rifiuti radioattivi, facendo così spazio negli ormai saturi magazzini.

Oggi  il potere economico è sotto i controllo di alcuni soggetti definiti “famiglie”; esse gestiscono da dietro le quinte i governi dei maggiori paesi industrializzati. Hanno nel loro albero genealogico petrolieri, costruttori di armi, industrie chimico – farmaceutiche. Quest’ultime, gestiscono non solo la salute mondiale ma si fanno carico della gestione di tutto ciò riguardi il transgenico in agricoltura “ove concesso”, dei vari pesticidi, anticrittogamici nonché fertilizzanti (questi prodotti, dotati di una maggiore aggressività, sono usati molto dove si coltiva OGM). Tutti i settori agricoli quindi, sono clienti delle industrie chimiche e dipendono direttamente o indirettamente da loro.

Altro interesse delle “buone famiglie” è l’acqua. Da tempo hanno messo gli occhi addosso alle principali aziende europee che estraggono acqua dalle riserve alpine per imbottigliarla e ora anche nelle reti di distribuzione pubblica. Alcune multinazionali, come la Nestlè, per esempio, già detengono dei marchi europei.

Ma uno dei pensieri che maggiormente assilla queste famiglie è lo spazio utile nel “paese terra”, questo sta diventando stretto e la crescita veloce di nazioni come Cina e India, porta ad un consumo maggiore di risorse a discapito anche dei loro interessi. Loro, che hanno provocato l’espansione in quei paesi grazie alle proprie multinazionali, loro, che hanno abusato delle popolazioni locali per farle lavorare in una forma di schiavitù, dove non sono mai stati applicati i diritti dei popoli, dove i salari sono insufficienti per mangiare dignitosamente o mandare i figli a scuola. Sì, proprio loro, sono preoccupati su come profondere ancora la propria egemonia e garantirsi il potere perpetuo… forse dimenticano che non sono eterni.

Le soluzioni sono molteplici e, ben usate, una innesca l’altra garantendo il buon risultato con un costo elevato ma pur sempre contenuto rispetto alla posta in gioco. Poi, se si è bravi, e loro lo sono, si può ricavare utile dai danni e di questo ci sono le prove.

Non serve andare a ritroso nella storia per capire il concetto, per confermare o rendersi consapevoli che tutto ciò non è frutto della contemporaneità o della fantascienza ma di un atteggiamento consolidato nel tempo.

Se prendiamo come esempio la guerra in Iraq, si evidenziano i seguenti punti: la strategia d’aggressione è la solita, i paladini della giustizia portatori della democrazia (i manovali delle multinazionali) invadono la Mesopotamia per togliere a Saddam le armi di distruzione di massa mai trovate ma usate per l’occasione, dai democratici invasori. Provocano il caos in una regione dal delicato equilibrio etnico religioso e favoriscono l’innesco della guerra civile tra sciiti e sunniti (che alla fine sfocia in guerra tra sciiti e sunniti pro americani e sciiti e sunniti anti americani).

L’esercito di “pace” americano affiancato da altri paesi, interessati a fette più o meno grandi di torta, si insediano nel territorio e compagnie petrolifere occidentali già prendono accordi su come spartirsi l’oro nero di Saddam.

Nel contempo le fazioni locali si scannano e, da dietro le quinte, vengono incitate alla lotta. Nascono  attentati che colpiscono molti civili e qualche camionetta militare giunta da molto lontano “sempre con una decisa differenza nelle perdite,”. Il mondo dei benestanti parla di terroristi e piange i suoi soldati “volontari” caduti nelle ostili terre d’oriente.

La situazione si complica e la stampa venduta si limita a parlare di quanto sta sul pelo dell’acqua diffondendo notizie pre costruite, senza andare sotto la spessa coltre di un mare che nasconde le vere riposte.

Non è possibile farlo, e chi ci prova come i giornalisti freelance o altri, che scrivono su quotidiani fuori dal controllo del potere, vengono misteriosamente rapiti da “terroristi” che praticano la decapitazione o vengono fermati ai check point dove, gli sparano prima di chiedere i documenti (sembra quasi, sappiano già chi c’è sopra l’auto a questo punto, altrimenti che sparano a fare?).

Non si risparmia nella quantità e nella tipologia delle armi (quelle vere non quelle mai trovate a Saddam): si usa il fosforo bianco, il termobarico, le cluster bombs o le “favolose” bombe all’uranio impoverito che, grazie al peso specifico dello stesso, hanno perforato le spesse corazze di acciaio che proteggevano le ormai mitiche armi micidiali del dittatore iracheno… quel signore coi baffi  che qualche anno prima gestiva affari con il governo Bush; che strani gli amici di Bush: prima quasi fratelli e poi temibili nemici proprio come Bill Haden.

Tutto questo darsi da fare, permette la gestione del territorio, lo sfruttamento delle materie prime, il controllo demografico delle popolazioni locali. Chi non muore sotto il fuoco, morirà più tardi per le conseguenze provocate dall’esposizione con l’uranio o da altri elementi inquinanti contenuti nelle bombe (perché le bombe sporche, non le hanno solo i terroristi e soprattutto non le hanno inventate loro).

Quest’ultima strategia è già stata collaudata durante la guerra della Jugoslavia, dove tutt’oggi

muoiono centinaia di persone come mosche, ma nei giornaletti da 1€ che si trovano in edicola non se ne parla (fatto salvo qualche rara eccezione). Provate a chiedere a un serbo che vive in Italia, se ne conoscete uno, se in famiglia non ha nessuno malato di cancro.

Questa società è complice del vile “gioco delle famiglie”, in quanto ostaggio delle stesse e tenuta all’oscuro dei moventi che spingono tali indicibili azioni, paragonabili ai grandi eccidi della storia.

Questa società non comprende che i loro figli sono morti inutilmente per fare un servizio al caro prezzo della vita, ad una minoranza di sciacalli. Non osservano l’emarginazione che le famiglie dei nostri soldati tornati dal Kossovo, hanno subito. L’indifferenza del Governo e del Ministero della Difesa nei confronti delle loro richieste tese a mettere in luce le responsabilità di chi sapeva a cosa venivano esposti i militari italiani nelle aree bombardate dalla NATO con bombe all’uranio impoverito. E i soldati che ora sono in Iraq? Di qualsiasi nazionalità essi appartengano sono ad alto rischio di trovarsi in condizioni analoghe e di cadere vittime a distanza delle loro stesse armi. Molti casi sono già emersi: soldati americani che si sono ammalati o che hanno avuto figli deformi, soldati italiani, che al ritorno da missioni estere come quella in Libano, vengono sottoposti a test ematici omettendo alcune verifiche o occultando alcuni valori legati ai leucociti (per nascondere che cosa?).

E il lavoro dei potenti continua…

Piano piano, con altre forme di “pulizia”, rientreranno molti individui anche del mondo occidentale nel programma di controllo demografico. Giornalisti indipendenti rischieranno incidenti strani (altro sistema già adottato negli anni settanta) o che perdono lo spazio nell’informazione e non se ne sente più parlare, politici che lottano soli contro il sistema, intellettuali che espongono i loro pensieri mettendo a nervi scoperti la realtà contro a quanto diffuso dai media, missioni militari speciali per alcuni eletti (è risaputo storicamente, infatti, che gli Stati Uniti usano elementi scomodi in missioni pericolose). Molti soldati saranno vittime della chimica, tenuti in vita poi come cavie dalla stessa, attraverso la chemioterapia. Lottano e lotteranno soli, contro un mondo sordo che non vuole sapere la verità  (quasi 50 militari morti per uranio impoverito in Italia e presenza accertata di patologie “insolite”), sono decine e decine gli ex militari dell’esercito statunitense, inglese e Italiano, che vengono sottoposti a cure per essere stati esposti a sostanze varie tra le quali la radioattività.

Ma la scienza ci aiuterà ad uscire da questo tunnel perverso?

Ora si studia il Dna di ogni essere vivente ed è essenziale che ciò avvenga, per poter curare persone malate altrimenti, senza speranza di vita. Ma qualcuno fa esperimenti di altro genere: attraverso lo studio dello stesso, un domani si potranno fare armi chimiche che innescano patologie specifiche solo ad una razza umana senza danneggiare le altre, si potrà attraverso la distribuzione “legale” di alimenti transgenici, vaccinare popolazioni intere senza il loro diretto consenso modificandone il sistema immunitario e rendendo gli stessi, vulnerabili ad ogni malattia se non continueranno a consumare certi prodotti alimentari (con le patate sono già stati fatti esperimenti analoghi). Il potere si evolve in funzione agli strumenti e alle risorse che possiede, senza esitare e senza farsi domande etiche sulle azioni. La vita delle masse è solo energia per alcuni. Un intreccio continuo di interessi, di poteri forti di personaggi che si sfidano a discapito dei deboli facendo leva sull’ignoranza, la disinformazione,  la religione. Apparteniamo ad una civiltà legata ad un sistema capitalistico fallimentare nel processo costituente, che ha raggiunto l’apice evolutivo ed ora, moribondo, è destinato al tracollo. Coloro che lo hanno creato se ne sono resi conto e tengono nascosta la fragilità della nostra economia; questa è oggi lo scheletro di un castello invisibile. Bisogna ridimensionare l’umanità e non i consumi per il potere. Vanno tolte le “mele marce”, quelle entità che vivono nel risparmio, che credono in un mondo senza guerre e più equo, che contemplano la presenza del “diverso”, del forestiero e hanno a cuore l’eterogeneità dei popoli, delle loro culture e della terra. Non ci sarà, quindi, fatto salvo errori, un conflitto che cancellerà il pianeta o l’umanità nella sua totalità, piuttosto una “revisione della specie” che causerà inevitabilmente, un sostanziale mutamento della terra e una perdita consistente di molte specie animali e vegetali ma è un prezzo che i potenti sono disposti a pagare o meglio, a far pagare agli altri. L’annientamento totale è controproducente anche per coloro che tirano i fili.

Fantascienza, catastrofismo, spererei tanto tutto ciò fosse solo la sceneggiatura di un film d’orrore; ne parleremo tra qualche anno, ma nel contempo, conviene cambiare rotta.