L'inferno nel cuore dell'impero
di Massimo Ortalli - 13/09/2005
Fonte: Umanità Nova
Punto primo. Gli accordi di Kyoto saranno poca cosa, ma restano comunque l'unico tentativo minimamente serio per contrastare l'aumento dell'effetto serra, il principale responsabile dei drammatici mutamenti delle condizioni climatiche a cui assistiamo sempre più frequentemente. Gli Usa, per bocca di tutti i suoi presidenti, non li hanno mai firmati nella loro interezza e ne hanno sempre boicottato l'attuazione, anche la più minimale, parlando di ubbie dei soliti catastrofisti.
Punto secondo. Da tempo negli Usa cerca di affermarsi una "scuola di pensiero", guidata da scienziati al servizio del potere e che ha tra i suoi mentori famosi e ascoltati scrittori, che sostiene che tutte le previsioni sui mutamenti climatici non hanno senso e che comunque, se anche ci fosse qualcosa di serio, l'uomo non ha alcuna responsabilità. Chi la pensa diversamente è il solito visionario uccello del malaugurio da mettere a tacere.
Punto terzo. Propongo un quiz: a) l'amministrazione Usa e il grande capitale appartengono a questa "scuola di pensiero"; b) Bush e i suoi amici petrolieri faranno di tutto per ridurre le emissioni nocive; c) né l'uno né l'altro, è solo colpa delle armi di distruzione di massa di Saddam Hussein.
Punto quarto. Una conseguenza di questo atteggiamento venuta alla ribalta in questi giorni. Le dighe che avrebbero dovuto impedire che le acque del lago Pontchartrain si riversassero su New Orleans, uccidendo poi migliaia di persone, non vennero rinforzate e riadattate, come chiedevano insistentemente i tecnici, perché i fondi federali già stanziati vennero stornati nel bilancio della cosiddetta lotta al terrorismo, quindi per finanziare l'aggressione e l'occupazione di Iraq e Afganistan. Si sa, se la coperta è corta (e ci sono coperte corte anche nell'opulenta America), la Casa Bianca che colpa ne ha?
Punto quinto. Di fronte al si salvi chi può lanciato dai climatologi all'avvicinarsi di Katrina, è andata proprio così: chi poteva, aveva soldi e mezzi, aiuti statali e federali, agevolazioni e opportunità (e soprattutto la pelle bianca) in effetti si è salvato. Questa, purtroppo, non è la solita sparata demagogica. È quello su cui, in questi giorni, si sta drammaticamente interrogando il popolo statunitense.
Punto sesto. Non si salvi chi non può. Idem. Le migliaia di morti di New Orleans e dintorni sono pressoché tutti neri, creoli, ispanici, meticci (ti dice niente questa parola, Pera?), proletari e sottoproletari. La schiuma della città, i diseredati, i poveri, i non garantiti, confinati nello stadio Superdome come bestie feroci quelli a cui è andata "bene", lasciati coscientemente nella merda tutti gli altri.
Punto settimo. Gli aiuti, i soccorsi. Potremmo dire roba da terzo mondo, se non pensassimo di offendere gli abitanti delle terre distrutte dallo tsunami i quali, fatte le proporzioni con le risorse dei loro paesi, si sono comportati infinitamente meglio. (A proposito, si sa che anche Sri Lanka ha offerto 25.000 dollari agli Usa come aiuto umanitario? Straordinario!! anche se pare che l'orgoglioso Bush non li accetterà). Gli sfollati del Dome lasciati tre giorni, diconsi tre giorni, senza acqua né cibo. Quelli che non erano neanche stati internati dentro lo stadio, lasciati a marcire sui tetti qualche giorno in più.
Punto ottavo. A New Orleans regna l'anarchia! Non c'è giornale o televisione che non ci dedichi titoli del genere. Mirabile, fra gli altri, quello de «L'Unità»: "L'anarchia travolge New Orleans". Eppure questa volta hanno un po' di ragione. Per non morire di fame gran parte della popolazione abbandonata in città, ha cominciato ad autogestire la propria sopravvivenza, espropriando e riappropiandosi dei generi di prima necessità. Senza aspettare gli inutili e chimerici "aiuti" dello Stato. Autogestione, punto e basta!
Punto nono. Il sottoproletariato giovanile, le gang, i piccoli criminali, si sono dati un gran da fare per rendere ancora più drammatica la situazione. E per far credere al mondo che i cosiddetti saccheggi fossero solo opera loro. E che quindi era davvero indispensabile e salutare l'intervento armato dell'esercito. Liberi dai controlli e senza più il fiato dei poliziotti sul collo, hanno reagito alla sfiga colpendo con la stessa crudeltà dello Stato i deboli e le donne rimasti in loro balia. Burn, baby, burn, era la parola d'ordine nelle mille Harlem metropolitane negli infuocati anni settanta. Ma la rabbia giovanile d'allora era incanalata dalla politicizzazione di massa delle Black Panthers e dei movimenti antisegregazionisti. Non è certo stato questo, invece, il modo più intelligente e creativo per affrontare la tragedia che ha distrutto la loro città.
Punto decimo. Il presidente. Se non pensassimo che anche il somaro è una bestia utile ed intelligente, lo potremmo definire un somaro, e di quelli da esposizione. Inizialmente non ha nemmeno interrotto le vacanze, poi, con lo stesso stolido sguardo bovino che sfoderò l'11 settembre davanti alla famosa scolaresca, non è stato capace di articolare un concetto, anche minimale, finché qualcuno non gli ha detto che cosa dire e cosa fare. E infatti, con amara ironia, anche il suo nome è stato inserito nella lista dei missing, la lista dei dispersi. Se si pensa alla sua famosa valigetta con la quale controlla alcune migliaia di ordigni nucleari...!
Punto undicesimo. Gli interventi tardivi, insufficienti e inizialmente solo per proteggere dalla popolazione in cerca di acqua, cibo e generi di prima necessità, le proprietà rimaste sguarnite. La guardia nazionale, quella non impiegata in Iraq, che chiede rinforzi, anche ai privati, ai famosi contractors stile Baghdad, e New Orleans che diventa teatro di una piccola guerra civile. La governatrice della Luoisiana Kathleen Blanco che afferma, compiaciuta: "i militari sono venuti per uccidere i saccheggiatori e mi aspetto che lo facciano". Quando si parla dell'America puritana e compassionevole! Comunque sia, per viveri, medicinali, ecc. si aspetterà ancora qualche giorno, tanto che fretta c'è, se a rimetterci saranno solo gli ultimi degli ultimi?
Punto dodicesimo. La politica e il potere. Il maggior responsabile dei mancati soccorsi, Bush, neanche fosse cresciuto alla vecchia scuola democristiana, se la prende con i sottoposti. Questi fanno altrettanto con i loro funzionari. I militari prendono in mano la situazione, i democratici accusano i repubblicani, i repubblicani accusano i democratici. Un grottesco e caotico scaricabarile alla ricerca del capro espiatorio, ma nessuno che vada alle radici di quanto è successo: "l'anarchia" delle istituzioni?
Punto tredicesimo. Entusiasmo esplicito, ostentato (e scontato) da parte dei fondamentalisti islamici. Non si esita a benedire l'intervento divino. E la stessa "intima gioia", ci pare di capire, per tanti antiamericani di casa nostra: il mostro è debole, il mostro è vulnerabile. Essere contro il gendarme internazionale nordamericano è un dovere e un piacere, senza scordarsi, però, che i nemici sono il militarismo, l'imperialismo, le multinazionali, i petrolieri, i fabbricanti di morte e le potenti lobby clericali, non i poveracci morti annegati come cani perché erano dei poveracci. Ma si sa, chiesa non mangia chiesa.
Punto quattordicesimo. Il controllo del territorio, per impedire lo "scatenarsi dell'anarchia", davvero un bisogno primario per questa società così fragile. Comunque sia, un dato di fatto: i primi tre giorni dal disastro, niente, né uomini né soccorsi; nei secondi tre giorni, solo militari e guardia nazionale per rimettere le cose a posto, finalmente al settimo, biblico giorno, gli elicotteri hanno smesso di sparare sui "saccheggiatori", per portare in salvo qualche disgraziato dai tetti delle case allagate. Meglio tardi che mai.
Punto quindicesimo. Le immagini dello stadio degli sfollati, la vera metafora della tragedia che si è materializzata. Quando in inverno abbiamo visto immagini simili di umanità dolente dalla Tailandia o da Sri Lanka abbiamo pensato, rassicurandoci: caspita, però queste cose da noi non possono succedere, mica siamo terzo mondo! Mah, forse da noi no, ma nella civilissima America, a quanto pare, sarebbe anche potuto andare peggio. Evidentemente non importa dove sei nato, se nelle metropoli occidentali o nelle foreste orientali, ma di quanto è il tuo conto in banca.
Punto sedicesimo: l'ultimo sfollato esce (otto giorni dopo!) dallo stadio con in testa il berretto della squadra di Baseball di Houston. La foto farà il giro del mondo, per dirci che tutto è tornato alla normalità. Bene, bravi... ma cosa ne dicono le migliaia di annegati che aspetteranno ancora giorni, per essere raccolti?
Punto diciassettesimo. Il prezzo del petrolio è ancora più alle stelle, e le azioni delle grandi imprese edilizie e stradali che saranno coinvolte nella "ricostruzione", alla Borsa di New York sono salite, mediamente, del 6-14%. Ed è tutto.
Umanità Nova, numero 28 dell'11 settembre 2005, Anno 85