Il medico sarà sempre più spesso una donna. Già nel 2003 il 60% dei laureati in Medicina erano donne. Un’impennata vertiginosa: nel 1990 erano meno del 15%. La tendenza è però ancora all’aumento: nei prossimi 10 anni 8 su 10 dei nuovi medici saranno donne. Una rivoluzione non dappoco, sia nella pratica, che nell’immaginario dove la professione del “dottore” è da sempre uno dei punti di forza del fascino maschile, non a caso celebrata da romanzi e film dedicati all’eroe in camice bianco.
Il femminile si avvia così ad occupare una posizione che rappresenta uno dei suoi punti di forza naturali: il prendersi cura dell’altro è infatti qualcosa che la donna ha sempre fatto, e per cui possiede un talento naturale. E’ possibile però che questo cambiamento così rapido produca qualche problema.
Innanzitutto negli uomini che operano in questo settore, fino a poco fa quasi tutto maschile, e dove tuttora la grande maggioranza dei posti di responsabilità è occupata da maschi. Ma anche nei pazienti, soprattutto maschi, che si aspettano un medico uomo, e si trovano di fronte una donna.
In alcune specialità, urologia per esempio, le donne erano finora pochissime, e molti pazienti si teme che manifestino segni d’imbarazzo, al contrario delle intrepide dottoresse che hanno deciso di dedicarsi ai loro disturbi. Anche per andrologia, che si occupa dei disturbi sessuali maschili, alcune associazioni sembrano perplesse: come si sentirà un uomo nel raccontare i propri guai ad una donna?
Molte di queste preoccupazioni, però, sono probabilmente infondate. In realtà, per esempio per quanto riguarda l’intimità maschile, l’uomo è da sempre abituato a presentare i suoi problemi alla donna: dalla mamma, alla fidanzata, alla moglie, sono loro le prime interlocutrici cui il maschio porta le sue incertezze, le sue domande, e le sue paure. Tanto che il padre, che necessariamente dovrebbe comunicare col figlio su questo terreno, fa non poca fatica per ritagliarsi uno spazio di dialogo nello stretto rapporto che il bimbo tende a mantenere con la madre.
Se poi qualcosa si inceppa nelle comunicazioni tra i maschi e queste figure femminili istituzionali, le loro confidenti diventano spesso le prostitute, come sembra ignorare il Ministro dell’Interno italiano con la sua visione repressiva di questa professione, che in molti paesi occidentali è invece utilizzata come funzione ausiliaria, ad esempio, della psicoterapia.
Gli uomini, insomma, hanno sempre presentato il loro corpo alle donne, perché se ne prendessero cura: è un atteggiamento istintivo, che risale alle prime esperienze di accudimento ricevuto dalla madre. Sembra dunque difficile che, ora che sotto i camici bianchi aumentano le presenze femminili, scattino blocchi psicologici importanti proprio nella cura medica, dove l’aspetto corporeo (che rimanda, anche nell’inconscio, alla figura materna) è così importante.
E’ probabile, invece, che questa crescita di presenze femminili della professione medica ponga nuove sfide, certo scomode, ma forse benefiche, ai medici uomini. Non certo sulla capacità tecnica: l’idea che le abilità cognitive dell’individuo adulto siano maggiori o minori nell’uno o nell’altro sesso fa parte delle fantasie razzistiche, di superiorità o inferiorità tra i gruppi, che da sempre turbano la mente umana.
Nello stile di relazione, però, una maggior presenza femminile potrebbe forse cambiare qualcosa, dando più spazio al rapporto, all’ascolto, all’attenzione affettiva, rispetto ad un atteggiamento più tecnico, che soddisfa in realtà solo alcuni aspetti della richiesta di cura.

da “Il Mattino di Napoli”