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Le notti bianche del divino Nerone

di Andrea Carandini - 03/10/2007

Andrea Carandini illustra come, grazie anche alle nuove scoperte dell’archeologa Clementina Panella, gli studi recenti sulla topografia della Domus aurea e sui resti delle dimore imperiali sul Palatino aprono nuove prospettive non solo sulla società dell’epoca, ma anche sui rituali di una politica che assumeva le forme del “banchetto-spettacolo”.
L’articolo offre un percorso attraverso la geografia del potere romano, conducendoci dentro le grandi architetture da cui l’impero governava il mondo: dalla via sacra al Foro, dai 22.000 metri quadrati della Domus Tiberiana agli
horti dell’Esquilino, dalla casa di Augusto alla Domus aurea di Nerone.

Conosciamo della domus Aurea la dimora privata sull’Oppio, in periferia, non la domus sulla Velia, al centro, dove l’imperatore riceveva i Romani. Forma della politica era allora il banchetto-spettacolo di una città entro una sola casa. Riesco a immaginarmela questa Versailles e la mostrerò raccontando “Le case del potere” al Colosseo. Ricostruendo rischio di sbagliare? Certamente, ma non è forse meglio del nulla?
Ciò che sapevamo: la via Sacra con portici e magazzini, un quadriportico (vestibulum) con il colosso di Nerone - Sole alto 35,4 metri - dove Adriano edificherà il Tempio di Venere e Roma - e infine uno stagno rettangolare circondato da ambienti. Serve forse un vestibulum a uno stagnum? No. Manca qualcosa, il meglio. Lo ha scoperto Clementina Panella: erte fondazioni fra vestibolo e stagno che possono essere interpretate come fondazioni di una enorme domus - fulcro del complesso - lunga, stretta e scenografica, come una villa a mare. La sequenza è ora completa: via Sacra porticata con magazzini che porta dal Foro alla reggia, vestibolo porticato con colosso che introduce alla domus, affacciata su uno stagno circondato da ambienti e in un parco (lo stagno era alimentato dal ninfeo del Tempio del divo Claudio). Svetonio descrive solamente questo complesso e racconta che la domus aveva una sala da pranzo principale, non ottagonale come nel complesso dell’Oppio ma rotonda, la quale ruotava giorno e notte come l’Universo: intorno a una Terra ferma al centro? Possiamo immaginarvi Nerone-Sole e 62 ospiti-pianeti/stelle, che banchettano da mezzogiorno a mezzanotte sul palcoscenico ruotante intorno a un centro per musici e servitori [...]. Già Augusto aveva pranzato in veste d’Apollo... Intorno allo stagno se la spassava una massa licenziosa d’invitati e la guardia-claque di Nerone, mentre l’imperatore poteva esibirsi anche al centro del lago, su un barcone tipo nave di Nemi. [...]
Centro mai visto della politica-spettacolo, che si aggiunge a teatri e circo, è questa domus Aurea, ma il centro ufficiale del potere non era qui: restava nei massicci palazzi di un Palatino, ormai tutto imperiale (23 ettari). La casa d’Augusto, già ritenuta dimora degna di un dio (22.000 metri quadrati), sembra modesta a Nerone, che la estende su un lato con un doppio palazzone: la domus Augustiana (26.000 metri quadrati); anche le vicine case di Tiberio e Caligola sembrano piccole e disorganiche, per cui Nerone vi sovrappone un secondo palazzone, la domus Tiberiana (22.000 metri quadrati). Da questo insieme di regge il princeps governava il mondo con una burocrazia di schiavi e liberti accolti nei basamenti.
Lontano, sull’Esquilino, erano gli horti, anch’essi di proprietà imperiale, con la casa già di Mecenate che aveva accolto Augusto e Tiberio, protetti dal prefetto della guardia, che risiedeva in una casa vicina [...]. Tra Palatino e horti era una parte della città, che Nerone vuole includere nella proprietà imperiale creandovi una domus Transitoria, cioè di “passaggio” tra Palatino e Esquilino. Comincia ad espropriare e a costruire, ma con difficoltà; sopraggiunge salvifico l’incendio nel 64 d.C., che fa piazza pulita per il nuovo progetto: la domus Aurea (49 ettari). Le proprietà imperiali su Palatino, Velia, Esquilino e Celio raggiungono ormai i 220 ettari: due terzi del centro storico entro le mura serviane, un ottavo della città augustea.
Se i portici della via Sacra erano a due piani [...], simili dovevano essere quelli del vestibulum ospitante il colosso, che si trovava vicino alla via Sacra, per cui vi era spazio in esso anche per il Tempio di Poppea divinizzata, uccisa da Nerone con un calcio. Questi portici si saldavano alla domus, dotata anch’essa di due piani, e di un altro ancora, che colmava il dislivello con uno stagno, posto in basso. Dunque la facciata principale della reggia era a tre piani - ornati da colonnati e statue - e si presentava probabilmente tripartita e mossa come una scena teatrale, forse con torretta coperta a tetto in alto al centro [...]. Il corpo centrale della facciata doveva essere semicircolare per accogliere la praecipua cenationum rotunda (Svetonio), ricostruibile in base alla sala ottagona dell’Oppio, copia meno grandiosa di un originale più splendido e perduto: infatti domus e stagnum verranno distrutti dal Colosseo. La sala con i triclini girevoli doveva essere illuminata da un’oculus, che traeva luce dai cenacula superiori, aperti probabilmente fino alla torretta, magari con culmine di phengites, la pietra traslucida di Cappadocia che piaceva a Nerone (autore del meccanismo girevole potrebbe essere stato Aniceto, l’ammiraglio che aveva inventato una nave che si apriva in mare, voluta da Nerone per affogare la madre Agrippina). Possiamo fantasticare: le 500 asine per il balneum al latte di Poppea, i servi cubicularii, le concubine, gli amici di corte, l’avvelenatrice Locusta, l’informatore Aprono, la prima damigella e curatrice del guardaroba Crispinilla…
Nerone desiderava sicurezza e popolarità, come ogni tiranno (imitava Periandro di Corinto). Davanti alla domus Aurea e intorno allo stagno erano stanze, probabilmente a due piani, e portici dove potevano essere acquartierati i 5000 Augustiani: gladiatori, cacciatori, lottatori, applauditori, acclamanti il novello Febo. Qui doveva essere accolta anche la plebs sordida, che adorava e supplicava il principe e poi correva a ritirare i doni elargiti nei magazzini dietro la via Sacra. Già Augusto venerava nella sua casa Apollo citaredo e auriga (il Sole). Se Augusto era stato immaginato figlio d’Apollo, concepito da Azia nel suo tempio, Nerone poteva apparire figlio del Sole, un Fetonte - suggerisce Lucano - che manda a fuoco il mondo. Ma il Fetonte di Roma riesce nell’impresa e fonda sulla città cremata un’età d’oro, in una casa d’oro: la reggia del Sole e sua... La domus era uno sfondo adatto anche per trionfi e incoronazioni ufficiali [...]. Citaredo, attore, danzatore, suonatore d’organo idraulico, i cui misfatti e vizi mitizzava cantando, principe di saturnali, imperatore avverso alla gravitas senatoria, amante della gente semplice, prima usa i palcoscenici della città e poi fa della nuova domus l’epicentro teatrale in cui esibirsi [...]. Delitti, bravate sessuali, grandes bouffes su barconi con luminarie e concerti non sono che i costumi della nobiltà amante di levitas, magnificentia e luxus, portati da Nerone a dimensione sistematica e imperiale. In ciò imita il popolare Antonio, patito del dispotismo orientale, piuttosto che l’austero Augusto, la cui monarchia costituzionale ricordava quella di Romolo.