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Da Nietzsche ed Heidegger a Galimberti e Moccia...

di miro renzaglia - 05/10/2007



 


Sfogliando "la Repubblica" di oggi ho letto con sufficiente attenzione l’anticipo dell’introduzione del libro di Umberto Galimberti: “L’Ospite inquietante. Il nichilismo e i giovani” (Ed. Feltrinelli) dove, non senza, qualche trombonata, l’Autore snocciola una premessa: la mancanza di senso di cui soffrono i nostri giovani non è più soltanto “psicologica” ma “culturale”; concludendo: per superare l’impasse nichilista il giovane deve passare dalla ricerca esasperata del “senso della vita”, come vuole la tradizione giudaico cristiana, a quella greca del “conosci te stesso” che, attraverso il recupero della propria “simbolica”, vuole la pratica della propria esclusiva “arte del vivere”.

Il discorso, anche se al lettore avveduto non dice niente di nuovo, a uso divulgativo fila abbastanza tanto più che, sempre l’Autore, ha l’avvertenza di definire il nichilismo con le parole di Nietzsche: “Che cosa significa il nichilismo? Che i valori supremi perdono valore...”, formulando la ricetta di sopravvivenza e superamento attingendo da Heidegger: “L’esito dell’aggirarsi del più inquietante fra tutti gli ospiti è lo spaesamento. Per questo non serve a niente metterlo alla porta, perché ovunque, già da tempo e in modo invisibile, esso si aggira per la casa. Ciò che occorre è accorgersi di quest’ospite e guardarlo bene in faccia”.

Insomma, e per farvela breve, se non illuminato me ne uscivo dalla lettura di questo articolo almeno rinfrancato dalla caterva del notiziume quotidiano che mi aveva fin lì sommerso... Quasi meccanicamente, quindi, ho continuato a voltar pagine fino alla prima della cronaca di Roma dove, in bellissima evidenza, con tanto di cornice rossa, brillava d’enfasi l’informativa: “Moccia invita il popolo dei lucchetti” con tanto di occhiello recitativo: “Lo scrittore chiama a raccolta i giovani a Ponte Milvio alle ore 10 di lunedì”, con l’appuntamento fisso in corpo nove: “L’unedì mattina, rosso d’amore, Federico Moccia invita a raccolta tutti i “mocciosi, e i lucchettari della generazione dello scusa-se-ti-chiamo-amore per incontrarli, contarli, parlare con loro e sentire le loro storie di cuore...”.

Avete colto quel che ho colto io dal sequenziale dei due articoli?

Altro che nichilismo e il suo superamento. Atro che cultura greca versus cultura giudaico-cristiana. Altro che Nietzsche, Heidegger e (toh! mi voglio rovinare...) il loro vulgatore Galimberti: è Moccia a indicare senso e direzione. Il luogo poi, essendo un ponte e se lui portasse anche un piffero, darebbe alla simbolica di questi ragazzi tutto cuore uno sbocco manco tanto metaforico: oltre il parapetto.