U n profondo mistero regna nel cosmo e accende sempre più l’interesse degli astrofisici. «Senza rendercene conto, viviamo tutti a stretto contatto con la 'materia oscura', in un universo che si espande a ritmo accelerato, sospinto da un’energia anch’essa 'oscura'. Sappiamo che questa materia e questa energia oscure esistono, ma ci culliamo in una spaventosa ignoranza: non sappiamo affatto che cosa siano», segnala il professor Francesco Bertola, uno dei massimi esperti mondiali di galassie. La Terra e i suoi abitanti, i pianeti, le stelle e la parte visibile delle galassie sono fatte di materia ordinaria (cioè di atomi o, meglio, di particelle elementari chiamate barioni), ma rappresentano appena il 4% di tutta la materia cosmica. Le galassie, nel loro splendore, sono in as- soluto le più grandi strutture di materia visibile, eppure ciò che si vede (braccia a spirale e dischi) è ben poca cosa: tutto il resto è avvolto da un massiccio alone buio. Praticamente l’intero cosmo è costituito da energia oscura (che occupa il 73%) e da materia oscura (23%). Di qui la necessità di addentrarsi sempre più nella ricerca cosmologica sulle galassie, sottolinea Bertola, che è ordinario di astrofisica a Padova, siede nell’Accademia Nazionale dei Lincei e il 20 settembre ha ricevuto la medaglia del presidente della Repubblica per i benemeriti della scienza. Il professore è intervenuto durante il maxi-convegno sui dischi galattici, organizzato dalla Specola Vaticana e in corso fino a oggi alla Pontificia Università Gregoriana. Professore, come ci si accorge della materia oscura, se è invisibile? «Non riusciamo a vederla direttamente; la 'vediamo' misurando la velocità dei corpi che ruotano attorno alle galassie. Studiando le galassie ci accorgiamo che, a grandi distanze dal centro, la velocità di rotazione rimane molto alta. Ciò spiega che, all’interno della zona in cui effettuiamo la misura, ci dev’essere una grande quantità di materia, altrimenti la velocità sarebbe inferiore. Forza centrifuga e forza di attrazione gravitazionale sono in equilibrio; perciò, se la velocità resta alta, questa è la prova che esiste molta materia (oscura). Scoperto negli Anni Quaranta, questo è l’enigma più indagato, da circa un ventennio». E, per la scienza, il non riuscire a risolverlo, non è «imbarazzante» (come scriveva nel 2001, sul New York Times, il suo collega Bruce Margon?) «La situazione è anche più complessa. Fino a una decina di anni fa, si pensava che l’universo fosse fatto soltanto di materia ordinaria e di materia oscura. Poi il mistero si è ingigantito, qualche anno fa, quando si è scoperta l’espansione accelerata dell’universo, che presuppone appunto l’esistenza dell’energia oscura. Questa infatti ha proprietà repulsive, completamente opposte a quelle della materia oscura. Ora però potrebbe aprirsi un barlume. Sarà messa alla prova l’ipotesi che la materia oscura sia composta da particelle che annichilendosi fra loro producono raggi gamma. Se non interverranno altri rinvii, il 5 febbraio prossimo verrà lanciato in orbita il Glast (Gamma-ray Large Area Space Telescope). Questo strumento d’avanguardia, al quale hanno lavorato équipe universitarie di tutto il mondo, tra cui una fortissima rappresentanza italiana, è il più grande telescopio a raggi gamma mai spedito nello spazio ed è 50 volte più potente del precedente. Se intercettiamo uno di questi raggi gamma, avremo la prima rivelazione, quasi diretta, dell’energia oscura. Sarà un passo avanti». Dunque buona parte della cosmologia si basa sulle galassie. È vero? «Tutta la cosmologia moderna ha bisogno di studiare le galassie, per ricostruire e spiegare la storia dell’universo. Circa 300 mila anni dopo il Big Bang, ecco che nella radiazione di fondo, molto uniforme in un cosmo divenuto trasparente, si cominciano a notare molte piccole irregolarità. Queste rappresentano già i semi delle future galassie. Poi, per un lungo periodo di cento milioni di anni, sull’universo si stende la cosiddetta 'dark age': è l’epoca del cosmo buio». Una fase di regresso? «Tutt’altro: anche nell’universo buio, l’evoluzione lavora molto. Agisce la forza di gravità. Cento milioni di anni dopo il Big Bang, si accendono le prime stelle. Sono cento o mille volte più luminose delle attuali. (Perciò la fine dell’ 'epoca buia' è chiamata 'rinascimento' dai cosmologi). Queste enormi stelle hanno vita breve ma riempiono di luce l’universo. E l’evoluzione porta alle protogalassie, strutture giovani che nel tempo daranno luogo alle galassie vere e proprie. Un miliardo di anni dopo il Big Bang, assistiamo a un’intensa attività delle protogalassie: molto probabilmente si scontrano fra loro e formano galassie ancora più imponenti». Come avete ripreso questa «guerra tra giganti del cosmo»? «Osservandola o deducendola. Con l’Hubble Space Telescope abbiamo potuto notare le trasformazioni subite dalle galassie dai tempi più remoti fino a oggi. La collisione e la fusione fra galassie debbono aver avuto un ruolo dominante. Il processo di formazione e di fusione si definisce gerarchico: partendo da piccoli dischi di galassie, si arriva a strutture sempre maggiori. Se è andata così, ci aspettiamo di vedere che la materia oscura sia distribuita con un maggiore picco di densità al centro. Un’altra novità scoperta grazie a Hubble è che le galassie che all’epoca della formazione tendevano ad essere più irregolari, col tempo hanno assunto forme sempre più regolari». Dove vanno le galassie? Verso i confini dell’universo? «Partecipano al moto di espansione accelerata dell’universo. Possiamo studiare l’espansione dell’universo, proprio osservando come si muovono le galassie». «Per la maggior parte l’universo è costituiti dalla materia oscura. E da qualche anno sappiamo anche che si espande a gran velocità»
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