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Nella notte delle galassie

di Luigi Dell'Aglio - 05/10/2007


 

 U
n profondo mistero regna nel cosmo e accende sem­pre più l’interesse degli a­strofisici. «Senza rendercene con­to, viviamo tutti a stretto contatto con la 'materia oscura', in un u­niverso che si espande a ritmo ac­celerato, sospinto da un’energia anch’essa 'oscura'. Sappiamo che questa materia e questa energia oscure esistono, ma ci culliamo in una spaventosa ignoranza: non sappiamo affatto che cosa siano», segnala il professor Francesco Bertola, uno dei massimi esperti mondiali di galassie. La Terra e i suoi abitanti, i pianeti, le stelle e la parte visibile delle galassie sono fatte di materia ordinaria (cioè di atomi o, meglio, di particelle ele­mentari chiamate barioni), ma rappresentano appena il 4% di tutta la materia cosmica. Le galas­sie, nel loro splendore, sono in as- soluto le più grandi strutture di materia visibile, eppure ciò che si vede (braccia a spirale e dischi) è ben poca cosa: tutto il resto è av­volto da un massiccio alone buio.
  Praticamente l’intero cosmo è co­stituito da energia oscura (che occupa il 73%) e da materia oscu­ra (23%). Di qui la necessità di ad­dentrarsi sempre più nella ricerca cosmologica sulle galassie, sotto­linea Bertola, che è ordinario di a­strofisica a Padova, siede nell’Ac­cademia Nazionale dei Lincei e il 20 settembre ha ricevuto la meda­glia del presidente della Repubbli­ca per i benemeriti della scienza.
  Il professore è intervenuto duran­te il maxi-convegno sui dischi ga­lattici, organizzato dalla Specola Vaticana e in corso fino a oggi alla Pontificia Università Gregoriana.

 Professore, come ci si accorge della materia oscura, se è invisi­bile?

 «Non riusciamo a vederla diretta­mente;
la 'vediamo' misurando la velocità dei corpi che ruotano at­torno alle galassie. Studiando le galassie ci accorgiamo che, a grandi distanze dal centro, la velo­cità di rotazione rimane molto al­ta. Ciò spiega che, all’interno della zona in cui effettuiamo la misura, ci dev’essere una grande quantità di materia, altrimenti la velocità sarebbe inferiore. Forza centrifu­ga e forza di attrazione gravitazio­nale sono in equilibrio; perciò, se la velocità resta alta, questa è la prova che esiste molta materia (o­scura). Scoperto negli Anni Qua­ranta, questo è l’enigma più inda­gato, da circa un ventennio».
 E, per la scienza, il non riuscire a risolverlo, non è «imbarazzante» (come scriveva nel 2001, sul New York Times, il suo collega Bruce Margon?)

 «La situazione è anche più com­plessa. Fino a una decina di anni fa, si pensava che l’universo fosse fatto soltanto di materia ordinaria e di materia oscura. Poi il mistero si è ingigantito, qualche anno fa, quando si è scoperta l’espansione accelerata dell’universo, che pre­suppone appunto l’esistenza del­l’energia oscura. Questa infatti ha proprietà repulsive, completa­mente opposte a quelle della ma­teria oscura. Ora però potrebbe a­prirsi un barlume. Sarà messa alla prova l’ipotesi che la materia o­scura sia composta da particelle che annichilendosi fra loro produ­cono raggi gamma. Se non inter­verranno altri rinvii, il 5 febbraio
prossimo verrà lanciato in orbita il Glast (Gamma-ray Large Area Space Telescope). Questo stru­mento d’avanguardia, al quale hanno lavorato équipe universita­rie di tutto il mondo, tra cui una fortissima rappresentanza italia­na, è il più grande telescopio a raggi gamma mai spedito nello spazio ed è 50 volte più potente del precedente. Se intercettiamo uno di questi raggi gamma, avre­mo la prima rivelazione, quasi di­retta, dell’energia oscura. Sarà un passo avanti».
 Dunque buona parte della co­smologia si basa sulle galassie. È vero?

 «Tutta la cosmologia moderna ha bisogno di studiare le galassie, per ricostruire e spiegare la storia del­l’universo. Circa 300 mila anni do­po il Big Bang, ecco che nella ra­diazione di fondo, molto unifor­me in un cosmo divenuto traspa­rente, si cominciano a notare molte piccole irregolarità. Queste rappresentano già i semi delle fu­ture galassie. Poi, per un lungo periodo di cento milioni di anni, sull’universo si stende la cosid­detta 'dark age': è l’epoca del co­smo
buio».
 Una fase di regresso?

 «Tutt’altro: anche nell’universo buio, l’evoluzione lavora molto. A­gisce la forza di gravità. Cento mi­lioni di anni dopo il Big Bang, si accendono le prime stelle. Sono cento o mille volte più luminose delle attuali. (Perciò la fine dell’ 'epoca buia' è chiamata 'rinasci­mento'
dai cosmologi). Queste e­normi stelle hanno vita breve ma riempiono di luce l’universo. E l’e­voluzione porta alle protogalassie, strutture giovani che nel tempo daranno luogo alle galassie vere e proprie. Un miliardo di anni dopo il Big Bang, assistiamo a un’inten­sa attività delle protogalassie: molto probabilmente si scontra­no fra loro e formano galassie an­cora più imponenti».
 Come avete ripreso questa «guer­ra tra giganti del cosmo»?

 «Osservandola o deducendola.
  Con l’Hubble Space Telescope ab­biamo potuto notare le trasforma­zioni subite dalle galassie dai tem­pi più remoti fino a oggi. La colli­sione e la fusione fra galassie deb­bono aver avuto un ruolo domi­nante. Il processo di formazione e di fusione si definisce gerarchico: partendo da piccoli dischi di ga­lassie, si arriva a strutture sempre maggiori. Se è andata così, ci a­spettiamo di vedere che la mate­ria oscura sia distribuita con un maggiore picco di densità al cen­tro. Un’altra novità scoperta grazie a Hubble è che le galassie che al­l’epoca della formazione tendeva­no ad essere più irregolari, col tempo hanno assunto forme sem­pre
più regolari».
 Dove vanno le galassie? Verso i confini dell’universo?

 «Partecipano al moto di espansio­ne accelerata dell’universo. Pos­siamo studiare l’espansione del­l’universo, proprio osservando co­me si muovono le galassie».

 «Per la maggior parte l’universo è costituiti dalla materia oscura.
  E da qualche anno sappiamo anche che si espande a gran velocità»




L’immagine di una nebulosa ripresa dal telescopio Hubble
 A destra, polvere stellare ripresa dal telescopio Hubble