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Inquinanti e infertilità

di redazionale - 05/10/2007

Padre e figlio
La capacità degli uomini di procreare diminuisce per colpa dell'inquinamento. Ma anche per lo stile di vita. Se ne parla domani al convegno annuale della Società italiana di andrologia
L'infertilità maschile è in aumento e tra i responsabili dell'indebolimento degli spermatozoi c'é l'inquinamento ambientale. Ma anche lo stile di vita (stress, fumo, alcol, droghe sono fattori che possono mettere un freno alla spermatogenesi) e l'aumento dell'età in cui si cerca la prima gravidanza: in media, l'uomo italiano che chiede aiuto all'andrologo ha 38 anni.

È proprio delle diminuite capacità di procreare in relazione alle abitudini dell'uomo contemporaneo che si occupa il XIX Convegno annuale della Società Italiana di Andrologia (sezione Lombardia-Piemonte-Valle d'Aosta), che si tiene domani a Torino ed è presieduto dal professor Dario Fontana, primario del reparto di Urologia universitaria 2 dell'ospedale Molinette di Torino.

È recente la scoperta che l'inquinamento è un fattore determinante per l'infertilità maschile. Negli ultimi trent'anni nelle grandi città si è registrato un progressivo calo di fertilità: si è osservata una diminuzione significativa del numero medio di spermatozoi (da 60 milioni nel 1977 a 45 milioni nel 1993 tra i donatori di seme in Danimarca), della loro motilità (con una riduzione annua dell'1% dal 1973 al 1992 a Parigi) e anche della regolarità della loro forma (ogni anno -0,5% dal 1973 al 1992 a Parigi).

Questi dati gettano una luce inquietante sul progressivo aumento di richieste agli ambulatori di andrologia. Le sostanze più lesive alla formazione degli spermatozoi sono il Pm10, il biossido di azoto, il biossido di zolfo e il piombo, che si sprigionano dai motori delle automobili, dal riscaldamento delle abitazioni, dalle lavorazioni industriali. Il danno sulla spermatogenesi avviene sia per azione tossica delle sostanze assorbite, sia per la possibile interferenza sui meccanismi ormonali.