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Afghanistan: l'ipocrisia della casta belligerante

di Tatiana Genovese - 06/10/2007

 

Afghanistan: l'ipocrisia della casta belligerante


Continuano a morire i militari italiani impegnati nell’assurda guerra a stelle e strisce d’invasione dell’Afghanistan. L’ultima vittima sacrificale, offerta dal nostro governo in pasto alle brame di Bush, è l’agente del Sismi ferito ad Herat, in Afghanistan, Lorenzo D’Auria, 33 anni. Il giovane, tenuto in vita da un respiratore artificiale, era rimasto ferito lo scorso 24 settembre, insieme ad un altro agente del Sismi e al loro interprete afgano, durante il blitz di forze speciali britanniche e italiane compiuto per la loro liberazione. I tre erano stati rapiti il giorno precedente, mentre si trovavano nella zona di Shindand, nell’Afghanistan occidentale, e poi condotti più a sud, nella provincia di Farah. Rimane tuttavia ancora da chiarire se il militare sia stato ferito a morte da colpi esplosi dai carcerieri, come sostiene il comando della missione Isaf, o da quelli dei militari “alleati”, e a questo si spera possa fornire precisazioni l’autopsia sul corpo di D’Auria che verrà effettuata oggi.
Intanto però in una giornata come quella di ieri i politici non potevano non prendere parte alla gara per esprimere il proprio cordoglio ai familiari del giovane deceduto, non senza però, rimarcare la volontà di rimanere sul suolo afghano, accondiscendendo ai diktat degli Stati Uniti.
In un telegramma alla famiglia D’Auria, il ministro della Difesa, Arturo Parisi, ha espresso quindi “profonda commozione al grave lutto che ha colpito la sua famiglia”, sperando poi di consolare la moglie della vittima, esaltando il ruolo svolto dall’ex agente Sismi, chiosando che “il suo consorte, generosamente impegnato in una missione di grande valore, al servizio della sicurezza e della pace, rimarrà per sempre nel ricordo di chi crede nella solidarietà tra i popoli”.
Anche il ministro degli Esteri, Massimo D’Alema, ha adottato la stessa tecnica del collega Parisi e nell’esprimere la sua solidarietà ai parenti dell’agente del Sismi, ha poi fatto appiglio alla retorica buonista cerchiobottista. “Riconoscenza - ha quindi annunciato il titolare della Farnesina - nei confronti di un servitore dello Stato caduto nell’assolvimento delle proprie funzioni in un’area di importanza cruciale in cui l’Italia è fortemente impegnata assieme alla Comunità internazionale - continua poi il vice presidente del Consiglio per giustificare la missione d’invasione in Afghanistan - in un’opera di stabilizzazione per favorire il consolidamento democratico e porre le condizioni per lo sviluppo sociale ed economico di un paese e di un popolo duramente provati da decenni di conflitti e violenze”.
Se dunque per D’Alema, Lorenzo D’Auria è morto in questa guerra per esportare la democrazia, da aggiungere a stelle e strisce, il presidente del Consiglio Romano Prodi preferisce invece affidarsi ad una facile retorica puntando sui sentimenti e scrivendo in una nota alla moglie del militare deceduto: “La scomparsa di suo marito ferisce profondamente i nostri animi. Conserveremo sempre la sua memoria con l’affetto che si porta a un figlio caduto per tutti noi”.
Oratoria pura quella invece di Sergio De Gregorio, presidente della commissione Difesa del Senato e capo nazionale del movimento politico Italiani nel mondo, che ha esordito con “Onore a un eroe italiano”, commentando poi l’avvenimento come “un momento di dolore per l’intero Paese” e infine cogliendo l’occasione per elogiare oltremisura i servizi segreti italiani, già al centro di numerosi scandali: “Solidarietà al direttore del Sismi, Bruno Branciforte, e all’istituzione da lui rappresentata, la cui straordinaria valenza nel contrastare il terrorismo internazionale e i rischi per la sicurezza nel nostro Paese è quotidianamente confermata dai brillanti risultati conseguiti dal servizio”.
Sposta invece il discorso sulla pedagogia il senatore Alfredo Mantica, vicepresidente del gruppo di Alleanza nazionale e vicepresidente della commissione Esteri, che apologizza la morte di D’Auria come “un sacrificio dall’assoluto valore morale” che dovrebbe insegnare che “è caduto per riaffermare che nella lotta al terrorismo coraggio e coerenza sono il binomio dal quale una Nazione, degna di questo nome, non può prescindere”.
Come è possibile dunque che i nostri politici, consapevoli che i militari italiani vadano in Afghanistan a combattere in una vera e propria guerra, si stupiscano tanto dinnanzi alle loro morti? Quando poi neanche fanno nulla per tutelarli e salvaguardarli, non solo mandandoli allo sbaraglio in guerre che nulla hanno a che fare con l’Italia, ma anche non evitando il loro contatto con armi mortali, come l’uranio impoverito, usate indiscriminatamente come mezzi per esportare la democrazia e che tante morti hanno causato tra i reduci italiani.