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E il dollaro creò Dio

di Emilio Gentile - 06/10/2007

La coniazione, durante lo scorso inverno, di monete da un dollaro in cui non compare il motto «In God We Trust» avvenuta, dicono i responsabili della Zecca degli Stati Uniti, per errore, ha scatenato sospetti e polemiche nel paese. Gli atei americani chiedono da anni la soppressione della frase da tutte le monete statunitensi, perché, a loro avviso, lede il principio di separazione fra stato e Chiesa garantito dalla Costituzione.
Prendendo spunto da questo episodio, lo storico Emilio Gentile illustra la storia del motto che comparve sulle banconote da un dollaro nel 1957. In realtà, le sue origini erano più antiche: il verso «In God is Our Trust» compare già nell’inno nazionale composto nel 1814 e la dichiarazione di fede in Dio ornò per la prima volta una moneta statunitense nel 1864, durante la guerra civile americana.


Errore? Provocazione? Speculazione? Cospirazione? Nessuna ipotesi può essere scartata, in tempi di “guerre culturali”, quando si tratta dell’occultamento del nome di Dio. È accaduto negli Stati Uniti: lo scorso inverno dalla Zecca di Stato sono uscite nuove monete da un dollaro, con l’immagine di George Washington, ma senza la frase «In God We Trust». È stato un errore, hanno dichiarato subito i responsabili della Zecca. Intanto, però, si è scatenata la caccia alla moneta senza Dio, mentre fioccano i messaggi che denunciano, dietro il presunto errore, una cospirazione di atei. I quali, in effetti, da anni chiedono che sia cancellato il richiamo a Dio dal motto nazionale, così come chiedono la cancellazione del riferimento a Dio («Under God») nel Pledge of Allegiance, la promessa di fedeltà alla bandiera che gli alunni delle scuole americane recitano all’inizio delle lezioni, perché sono frasi che infrangono il principio della separazione fra lo Stato e la Chiesa o escludono dalla nazione americana gli atei e i credenti di religioni che non ammettono l’esistenza di Dio, come il buddismo.
Quale ne sia stato il motivo, è tuttavia singolare che l’occasionale sparizione di «In God We Trust» da monete di nuovo conio, abbia coinciso con il cinquantesimo anniversario della sua apparizione sul retro del dollaro cartaceo, avvenuta il 1 ottobre 1957, per decisione del Congresso, che il 30 luglio 1956 lo aveva dichiarato motto nazionale degli Stati Uniti, sovrapponendolo al più antico «E Pluribus Unum» coniato dai Padri Fondatori all’inizio della repubblica. Erano gli anni della Guerra fredda e della presidenza di Eisenhower. Il quale di se stesso diceva di essere «l’uomo più religioso che io conosca» e asseriva che «la forma americana di governo non ha alcun senso se non è fondata su una profonda fede religiosa, e non mi importa quale essa sia». Adottando il motto e imponendone l’iscrizione sulle monete, l’ex generale riteneva forse di avere dotato gli Stati Uniti di una potente arma morale nella crociata contro il comunismo ateo. Non fu tuttavia la sua amministrazione a inventare il motto, né fu la prima a deciderne l’iscrizione sulle monete. Una versione leggermente diversa del motto, «In God is Our Trust», era nell’inno «The Star-Spangled Banner» scritto da Francis Scott Key nel 1814, divenuto inno nazionale. La decisione di incidere sulle monete una dichiarazione di fede in Dio fu presa durante la Guerra civile dal segretario al Tesoro Salmon P. Chase, su suggerimento di un reverendo protestante, che considerava la guerra una punizione divina per la nazione americana perché si era allontanata da Dio. [...] Nel 1905, il presidente Theodore Roosevelt approvò il disegno di una nuova moneta, che escludeva «In God We Trust»: ma la protesta pubblica fu tale da indurlo a ripristinare l’iscrizione. A distanza di cento anni, il 90% degli americani si dichiara favorevole a conservare «In God We Trust» sulle monete. Alle proteste degli atei, giunte fino alla Corte Suprema, i giudici hanno salomonicamente risposto che «In God We Trust», al pari di «Under God», non è una professione di fede religiosa ma l’espressione di «deismo cerimoniale», che non infrange il principio costituzionale della separazione fra lo Stato e la Chiesa. [...] Alla presenza del nome di Dio sulla moneta non si oppongono solo gli atei. Anche religiosi cristiani ritengono che la fede degli americani in Dio non debba essere involgarita associandola a un oggetto, come la moneta, che, per sua natura, è massimamente profano, e sovente causa di gravissimi peccati. La religione, ha osservato il reverendo Barry W. Lynn, è cosa troppo seria per esibirla in modo così triviale. E non si riferiva soltanto all’uso del nome di Dio sulla moneta.