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Iraq, 'Il Presidente ha accettato la pulizia etnica'

di Seymour Hersh - 09/10/2007


Il giornalista investigativo Seymour Hersh è stato sistematicamente il primo a raccontare la storia di ciò che sta realmente succedendo in Iraq e in Iran. SPIEGEL ONLINE ha parlato con lui dell'Hitler dell'America, del Vietnam di Bush, e di come la stampa Usa ha tradito il Primo Emendamento.

Intervista di Charles Hawley e David Gordon Smith


SPIEGEL ONLINE: Il Presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad è appena stato a New York per l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Ancora una volta, ha detto di essere interessato solo all'energia nucleare per uso civile invece che alle le armi atomiche. Quanto sa realmente l'Occidente sul programma nucleare iraniano?


Seymour
Hersh: Molto. E si è sottovalutato quanto sa l'Agenzia Internazionale per l'energia atomica (IAEA). Se si segue quello che stanno dicendo (il capo della IAEA Mohamed) El Baradei e i vari rapporti, gli iraniani hanno sostenuto di stare arricchendo l'uranio a un grado di purezza superiore al 4 per cento, che è la percentuale necessaria a far funzionare un reattore nucleare per usi pacifici. Ma, secondo le stime della IAEA, nella migliore delle ipotesi sono al 3,67 per cento o qualcosa del genere. Gli iraniani non stanno facendo nemmeno ciò che affermano di stare facendo. La IAEA va dicendo da sempre che stanno facendo progressi, ma, fondamentalmente, l'Iran non sta da nessuna parte. Naruralmente, gli Usa e Israele diranno che bisogna guardare allo scenario peggiore, ma non ci sono prove sufficienti a giustificare un attacco con bombardamenti.


SPIEGEL ONLINE:
Si tratta solo di un altro caso di esagerazione del pericolo, in preparazione di un'invasione, come quella che abbiamo visto nel 2002 e 2003 prima della guerra contro l'Iraq?


Hersh:
In America, abbiamo questa fantastica capacità di "Hitlerizzare" le persone. Abbiamo avuto Hitler, e dopo un Hitler ne abbiamo avuti una ventina: Khrushchev e Mao, e naturalmente Stalin, e per un po' Gheddafi è stato il nostro Hitler. E adesso abbiamo questo tizio, Ahmadinejad. La realtà è che all'interno dell'Iran non è neanche lontanamente potente come a noi piace pensare. I Guardiani della Rivoluzione hanno il controllo diretto sul programma missilistico, e se ci fosse un programma di armamenti sarebbero loro a gestirlo, non Ahmadinejad.


SPIEGEL ONLINE:
Da dove viene questa sensazione di urgenza che gli Usa hanno nei confronti dell'Iran?


Hersh:
Pressioni dalla Casa Bianca. E' il loro gioco.


SPIEGEL ONLINE:
Quale interesse ha la Casa Bianca a portarci sull'orlo del baratro con Tehran?


Hersh:
Bisogna chiedersi quale interesse avevamo 40 anni fa per andare alla guerra in Vietnam. Si penserebbe che in questo Paese, con così tante persone intelligenti, non sia possibile fare di nuovo la stessa stupidaggine. Io ho questa teoria che nella vita non si impara. Non c'è alcuna curva di apprendimento. Tutto è tabula rasa. Tutti devono scoprire le cose da soli.


SPIEGEL ONLINE:
Perfino dopo l'Iraq? Non esistono ragioni strategiche per coinvolgersi in modo tanto profondo in Medio Oriente?


Hersh:
Oh, no. Costruiremo la democrazia. La vera cosa che ha in testa questo presidente è che vuole ridisegnare il Medio Oriente e farne un modello. Ci crede assolutamente. Ho sempre pensato che Henry Kissinger fosse un disastro perché mente come la maggior parte della gente respira, e nella vita pubblica non si può avere una cosa del genere. Ma se questa volta in giro ci fosse Kissinger, in effetti io sarei sollevato, perché saprei che la follia sarebbe legata a qualche accordo petrolifero. Ma in questo caso, what you see is what you get [quello che vedi è quello che ottieni – espressione presa dal linguaggio dei computer NdT]. Questo tizio crede di stare facendo il lavoro di Dio.


SPIEGEL ONLINE:
Quindi quali sono le alternative in Iraq?


Hersh:
Ci sono due alternative molto chiare: A) Tutti fuori stanotte entro mezzanotte. B) Tutti fuori domani entro mezzanotte. Il carburante che continua a far andare la guerra siamo noi.


SPIEGEL ONLINE:
Molti vanno dicendo che la presenza Usa in quel Paese è una grossa parte del problema. Qualcuno alla Casa Bianca sta ascoltando?


Hersh:
No. Il presidente sta ancora parlando della "surge" (Nota dello Spiegel Online: La "Surge" si riferisce all'impegno da parte del Presidente Bush di inviare altri 20.000 soldati in Iraq nella primavera 2007, nel tentativo di migliorare la sicurezza nel Paese) come se dovesse unificare il Paese. Ma la surge è stata una truffa che consiste nell'averci mandato altre truppe. Fondamentalmente abbiamo balcanizzato il luogo, costruendo muri e separando i sunniti dagli sciiti. E nella provincia di al Anbar, dove ci sono stati dei successi, tutti gli sciiti se ne sono andati. Se la sono semplicemente squagliata.


SPIEGEL ONLINE:
E' questo il motivo per cui lì c'è stata una diminuzione improvvisa della violenza?


Hersh:
Penso che sia una ragione assai migliore del fatto che ci sono un altro paio di soldati in più sul terreno.


SPIEGEL ONLINE:
Quindi, quali sono le lezioni della surge?


Hersh:
La surge significa fondamentalmente che, in un certo senso, il presidente ha accettato la pulizia etnica, che ne stia parlando oppure no. Quando ha annunciato per la prima volta la surge, in gennaio, l'aveva definita un modo per unire le parti. Non lo dice più. Penso che adesso capisca che quello che avverrà è la pulizia etnica. Ci sarà un Kurdistan. Ci sarà una zona sunnita che saremo noi a dovere sostenere per sempre. E ci saranno gli sciiti nel sud.


SPIEGEL ONLINE:
Quindi gli Usa sono da più di quattro anni in una guerra che probabilmente finirà in un disastro. Quanto sono validi i paragoni con il Vietnam?


Hersh:
La validità sta nel fatto che gli Usa stanno combattendo una guerra di guerriglia e non conoscono la cultura. Ma la differenza è che, a un certo punto, a causa dell'opposizione pubblica e di quella del Congresso, la guerra in Vietnam non era più difendibile. Ma a questi tizi di adesso non importa. Lo vedono ma non gliene importa niente.


SPIEGEL ONLINE:
Se la guerra in Iraq dovesse risolversi in una sconfitta per gli Usa, lascerà una ferita profonda come la guerra del Vietnam?


Hersh:
Molto peggiore. Il Vietnam fu un errore tattico. Questo è strategico. Come si fa a riparare danni nei confronti di intere culture? Sul fronte interno, tuttavia, la razionalizzeremo. Non preoccupatevi di questo. Di nuovo, non c'è alcuna curva di apprendimento. Assolutamente nessuna. Fra altri vent'anni saremo pronti a combattere un'altra stupida guerra.


SPIEGEL ONLINE:
Naturalmente, impedire che questo avvenga è in parte il compito dei media. I giornalisti di recente hanno fatto un lavoro migliore di quello che fecero mentre si andava verso la guerra in Iraq?


Hersh:
Oh, sì. Da allora hanno fatto un lavoro migliore. Ma allora hanno toppato. Quando c'è un tizio come Bush che vuole spostare avanti le lancette del famigerato Doomsday Clock [Orologio dell'Apocalisse NdT], e mettere tutti in pericolo, e tende a fare le cose in segreto e non dice nulla al Congresso, ed è indifferente a quello che scriviamo, in un caso del genere, noi (giornalisti) diventiamo più importanti. Il Primo Emendamento [della Costituzione degli Stati Uniti, che garantisce la libertà di espressione e di stampa NdT] non ha funzionato, e la stampa americana ha tradito la Costituzione. Siamo stati sciovinisti. E questo è stato un fallimento terribile. Mi fanno sempre la domanda: cosa è successo al mio vecchio giornale, il New York Times? E adesso io dico: fanno schifo. Hanno fatto cilecca. Hanno mancato la più grossa storia del momento, e dovranno accettarlo.


 Spiegel Online

(Traduzione di Ornella Sangiovanni)