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Destra e sinistra di fronte al riorientamento ecologico dell´economia

di Lucia Venturi - 09/10/2007

Il segretario nazionale di Ambiente e Lavoro Rino Pavanello interviene sulla ´provocazione´ di Carlo Ripa di Meana
Un articolo di Carlo Ripa di Meana ( a cui potremo far seguire una serie di ex per le cariche ricoperte) ripresa oggi dal Corriere della sera e pubblicato sulla rivista “Charta minuta”, la rivista diretta da Adolfo Urso, sprona «Quel che rimane dei Verdi italiani a non aderire aprioristicamente e ideologicamente a una coalizione» ma di scegliere sulla base di «garanzie di realizzazione che stanno a cuore a chi tiene alla tutela del creato» anche se vengono da destra.

«Esattamente quello che è accaduto in Irlanda, Finlandia, Repubblica Ceca, Estonia e Lettonia dove i Verdi governano col centrodestra» chiosa Ripa Di Meana.
Che d’altro canto incoraggia la destra ad occuparsi con più vigore dei temi ambientali e lancia un «appello ai conservatori perché non siano più intimiditi, perché abbandonino i complessi di inferiorità e difendano il patrimonio della nazione italiana».
A questa uscita ha fatto seguito un intervento di Fulco Pratesi che sempre sul Corriere della sera, esprime dubbi sulla possibilità che un partito che si basa sulle istanze dell’ambientalismo, come quello dei Verdi, possa svilupparsi in un progetto politico diverso dalla sinistra. «Perché storicamente- scrive Pratesi - questa è la parte, il più delle volte, vicina a temi di solidarietà sociale e di tutela ambientale», ma non esclude la possibilità che possa formarsi un partito Verde di destra, che secondo Pratesi «provocando una virtuosa competizione, potrà rendere più incisiva l´azione in difesa del pianeta».

Il punto su cui ruota questo scambio di opinioni è tutto improntato sul tema della conservazione e della salvaguardia dell’ambiente, e lo stesso Ripa di Meana cita una serie di interventi che interessano i beni architettonici e del paesaggio su cui la “sinistra” avrebbe avuto un atteggiamento troppo disinvolto e tale da creare veri e propri disastri. Che è argomento su cui non è peregrino che possa esserci un interesse da parte della destra, più tesa come impostazione culturale alla conservazione.

Altra cosa è invece introdurre il tema che la fase della salvaguardia e della protezione non è più in grado di garantire da sola un futuro al pianeta in termini di benessere o di sviluppo delle società che in esso vivono. E che la questione su cui interrogarsi dovrebbe essere - in questo particolare momento storico che vive il nostro pianeta - piuttosto quella di come orientare questo sviluppo, se non altro per poter garantire che uno sviluppo futuro possa esserci. Quindi di come riuscire a riorientare l’economia in chiave ecologica, per far fronte agli eventi climatici che mettono a rischio non tanto il pianeta da un punto di vista fisico, ma quanto il suo complesso di risorse naturali, sociali, culturali, storiche ecc.

Su questo tema è forse più difficile spostare una ideologia di destra, per cui è sempre stato un tabù il fatto di dover in qualche modo orientare l’economia, ma non è facile trovare un vero e pieno consenso nemmeno da parte della sinistra, in cui il tema dello sviluppo inteso come crescita è un dogma difficile da scardinare e che ricompare sempre come fattore prioritario da dover prilivegiare.
Abbiamo posto questa riflessione a Rino Ravanello, segretario nazionale di Ambiente e lavoro.

Crede che la proposta di Ripa di Meana possa avere qualche seguito nel mondo politico?
«Non so che seguito possa avere, però è un fatto che quando si parla di temi concreti e si va a confrontarci, è possibile trovare consensi dall’una e dall’altra parte, fuori da uno schema ideologico che di fatto non è c’è più. Se andiamo a vedere le componenti che hanno sostenuto alcuni passaggi fondamentali come il referendum sul nucleare o la legge Seveso, sappiamo bene che le parti si sono intrecciate. Così come succede spesso anche adesso».

Ma se si parla di orientare l’economia in chiave sostenibile non dovrebbe essere più facile trovare interlocutori a sinistra? La lotta contro il dirigismo in economia, non è il fulcro teorico di qualsiasi impostazione di destra?
«Tendenzialmente sì, ma ci sono alcuni temi su cui è difficile fare breccia. Ricordo che quando è nata l’associazione Ambiente e lavoro, ha trovato una forte ostilità da una parte del sindacato che era attaccata all’idea della fabbrica come luogo in cui si produceva lavoro e che quindi non si poteva toccare. Sarebbe utile a distanza di vent’anni mettere in fila quanto hanno contato in termini economici, culturali, di salute e di miglioramento dei luoghi di lavoro alcune conquiste di carattere ambientale».

Stessa cosa potrebbe essere in questo particolare momento storico, in uno scenario più globale.
«C’è una differenza tra quella che può essere considerata una dimensione nazionale ed europea, dove è più facile portare avanti un discorso ambientalista, perché la destra non esprime poteri forti quali possono invece essere considerati quelli a livello più globale, dove la destra ha il monopolio delle risorse economiche e quindi può incidere di più e contare di più sulle politiche che vengono intraprese. Quello che manca alla sinistra è un altrettanta capacità di intervento. Non esiste una idea di sinistra a livello globale che abbia un idea globale».

E non potrebbe secondo lei un movimento di sinistra coagularsi proprio su temi che hanno a che fare con la necessità di reimpostare l’economia a livello globale, orientandola verso la sostenibilità?
«Questo è quello di cui ci sarebbe bisogno e che dovremmo cercare di fare. Ma anche il partito dei Verdi non si è mai portato al di là di alcune conquiste, che sono state sicuramente importanti e rilevanti, in uno scenario internazionale per ottenere interventi che avessero ricadute economiche considerevoli nel mondo della globalizzazione. E non vedo a livello internazionale, al di là del movimento no global, un movimento politico che punti a mettere assieme maggiore sicurezza sul lavoro e tutela dell’ambiente per ottenere anche una maggiore forza e una maggiore competizione economica».