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Parla come mangi. A colloquio con il fondatore di Slow Food, Carlin Petrini

di Carlin Petrini/Cecilia Moretti - 10/10/2007

Fonte: Charta minuta

.

Secondo Carlin Petrini il cibo rappresenta

una parte importante e in evoluzione

della filosofia di vita che forma l’identità italiana

 

Parla come mangia, Carlin

Petrini. Essenziale e genuino,

l’inventore e fondatore

di Slow Food arriva diretto

al cuore del problema. Senza

giri di parole e con bonario accento

piemontese spiega come

una corretta filosofia del cibo, inteso

soprattutto come atto agricolo,

sia alla base di un atteggiamento

responsabile verso l’ambiente.

Un sano rapporto con il cibo è in

estrema sintesi proprio l’obiettivo

di Slow Food, il movimentofondazione

no profit che dal 1986

promuove su scala planetaria il

diritto al piacere, a tavola e non

solo. Slow Food, con una linea

d’azione trasversale, studia, difende

e divulga le tradizioni

agricole ed enogastronomiche di

ogni angolo del mondo, tutelando

la biodiversità e i diritti dei

popoli alla sovranità alimentare,

contro l’omologazione di saperi e

sapori. Carlin Petrini è un personaggio

vincente, con un progetto

vincente, che porta in sé la forza

del sogno: un movimento ecologista,

verde, pacifista, ma anche

edonista, non piagnone, né punitivo.

Insomma, un sogno buono,

pulito e giusto. Come la gastronomia

che promuove.

Prezzolini nel libro sull’eredità italiana,

dopo i capitoli su S. Francesco, Dante,

Machiavelli, Colombo, Vico, Risorgimento

e Futurismo, parlò - citando Artusi

- della cucina italiana come filosofia

della vita. Condivide?

Direi proprio di sì e mi sento di

estendere questa affermazione a

tutte le cucine del mondo. Nella

misura in cui le cucine esprimono

un rapporto identitario con il

territorio, con la civiltà che rappresentano,

costituiscono una

parte importante della filosofia

della vita.

Lei intende la cucina come tradizione o

come rinnovamento?

Io intendo la cucina più che altro

come linguaggio, quindi come

un qualcosa in costante evoluzione.

Credo che sia figlia dello

scambio, di materie prime, di

tecniche e di strumenti d’uso.

Questi ingredienti viaggiano, 63

passano da un popolo all’altro e

ne cambiano il linguaggio culinario,

per una cucina che si evolve

ininterrottamente. Così ad

esempio oggi il paiolo ottocentesco

non c’è più...

Qual è il modello di consumo alimentare,

che educa ad essere in sintonia con

l’ambiente?

Un consumo alimentare in sintonia

con l’ambiente è quanto tutte

le persone di buon senso dovrebbero

auspicare. Oggi però una

delle principali cause di distruzione

degli ecosistemi è proprio

una produzione di cibo di massa,

non rispettosa dei tempi di madre

natura e che chiede alla terra

più di quello che questa può dare,

contribuendo così a generare

un’insostenibilità ambientale.

Tornare a un rapporto armonico

con la natura, ricorrere a produzioni

più sostenibili e ritmi meno

stressanti, non concepire la

madre terra come una risorsa infinita,

sono i punti cardine della

via maestra per ridare anche alla

cucina un ruolo importante nel

rispetto dell’ambiente.

Cibo biologico, cibo da ricchi? Come

può essere reso di massa, senza che si

esaurisca in una sorta di snobismo verde

radical-chic, un po’ élitario?

Innanzitutto bisogna che aumenti

la domanda del biologico: più

richieste possono generare l’aumento

delle produzioni e questo

può contribuire ad avere prezzi

più calmierati. A questo proposito

penso sia importante non farsi

fuorviare dalla visione del cibo

troppo caro: oggi il vero problema

non è il cibo troppo caro, ma,

al contrario, il cibo troppo economico.

In che senso?

Cerco di spiegarmi. Nel 1970, la

famiglia italiana media spendeva

per mangiare il 32% del suo

reddito. Oggi ne spende il 14%.

Se vogliamo spendere sempre di

meno, non possiamo poi lamentarci

se subentrano i prodotti

cattivi, come la mucca pazza, i

polli alla diossina e chi più ne ha

più ne metta. In realtà il problema

è che in questo mondo di cibo

se ne produce fin troppo, ma

è mal distribuito. Secondo la Fao

la nostra terra produce cibo in

quantità sufficiente a sfamare 10

miliardi di persone, mentre la

popolazione mondiale è di 6miliardi

e 300milioni di unità. Eppure

nel mondo 800milioni di

persone soffrono la fame e ben

1miliardo e 700milioni soffrono

di obesità, diabete e malattie cardiovascolari

determinate da eccesso

di cibo. Purtroppo i volti

scheletriti di tante persone del

Sud del pianeta e quelli panciuti

degli abitanti dei Paesi ricchi,

sono due facce della stessa medaglia.

La verità è che mangiamo

male e il consumo alimentare è

squilibrato.

Noi per primi, che apparteniamo

all’Occidente più ricco, dovremmo

cambiare il nostro rapporto

con il cibo, coniugando il piacere

con la moderazione, e non con la

crapula. Bisogna fare in modo

che ci siano consumi più moderati,

dobbiamo mangiare di meno,

ma con più qualità.

E gli Ogm non potrebbero essere tra le

risposte al drammatico problema della

fame nel mondo, purtroppo sempre

così attuale? Non è forse una posizione

oscurantista e retrograda la dichiarata

avversione di Slow Food, a queste nuove

tecnologie agricole?

Cercherò di dare una risposta

breve, anche se in realtà il discorso

è molto complesso. Non bisogna

pensare che io sia contro gli

Ogm per scelta ideologica o per

partito preso. In realtà sono molte

e serie le motivazioni che portano

me e Slow Food ad avere un

atteggiamento cauto nei confronti

degli Ogm e a non essere così

convinti che queste coltivazioni

rappresentino la modernità. Innanzitutto

gli Ogm sono forme

di coltivazione invasive dal punto

di vista agronomico: se io

scelgo per il mio campo una

produzione biologica e il mio vicino

di casa pianta Ogm, per effetto

dell’impollinazione, quel

tipo di coltivazione inquina il

mio campo. Questo vuol dire

che le coltivazioni Ogm non garantiscono

la libertà di scelta,

perché contaminano le colture

vicine. Secondo elemento: la

qualità e la salubrità dei prodotti

non possono essere calcolate nel

breve-medio periodo, ma devono

essere osservate ed esaminate nel

lungo periodo. Pertanto prima è

indispensabile un criterio di precauzione.

Terzo e ultimo elemento:

questo tipo di coltivazione richiede

molta acqua, ha esigenze

idriche notevoli.

E dunque è già dimostrato che

gli Ogm non sono economicamente

validi. È doveroso poi aggiungere

che in un Paese come il

nostro, con un grande e prezioso

patrimonio di biodiversità, è

prioritario salvare ciò che abbiamo,

senza avventurarci in nuove

tecniche non convenienti finanziariamente,

magari rischiando

di perdere le nostre storiche produzioni

che tutto il mondo ci invidia.

Voglio precisare, in riferimento

al concetto di modernità,

che l’innovazione è una

tradizione ben riuscita. Quindi

mantenere il patrimonio, conservare

e saper tramandare la

memoria con approccio e concetto

innovativi è quanto di più

moderno esista al mondo. Al

contrario un sistema di sviluppo

che depreda sempre più la

terra è vecchio e obsoleto.

L’Italia “da sempre” è nell’immaginario

di tutti come sole, mare, musica, arte,

64

ma anche, e forse soprattutto, buon cibo

e buon vino, ingredienti fondamentali

per la vocazione e la necessità turistica

del nostro Paese. Quali sono le

iniziative promosse da Slow Food per

tutelare ed esaltare questi importanti

aspetti del made in Italy?

Innanzitutto Slow Food, come le

è abbastanza riconosciuto, negli

ultimi dieci anni si è impegnata

nella difesa della biodiversità,

battendosi per salvare i prodotti

in via di estinzione. Negli ultimi

50 anni infatti, la produzione

massima, industriale ha messo a

repentaglio l’immenso patrimonio

di biodiversità del nostro

Paese, vale a dire le numerose varietà

di piante, frutta, verdura,

razze animali, formaggi, salumi,

savoir-faire e un bagaglio agronomico

e di conoscenze millenario.

Infatti, prima di pensare a come

far diventare questo patrimonio

economia turistica e identitaria,

dobbiamo salvarlo: trasmettendo

saperi e conoscenze, conferendogli

dignità economica in primis pagando

adeguatamente i contadini

- e proteggendo l’ambiente rurale

e la nostra campagna da interventi

urbanistici che deteriorino gli

equilibri ambientali del tessuto

produttivo. Purtroppo, troppo

spesso questa non è la tendenza e

quotidianamente assistiamo a minacce

a questo patrimonio. E questo

è un’ipoteca molto pesante per

il turismo…

Ultima domanda. Parlare di ambientalismo

oggi significa cambiare di segno

alla direzione del nostro modello di

sviluppo?

Assolutamente sì. È indispensabile

cambiare il modello di svi-

luppo, perché quello attuale, lineare,

senza fine, come se avesse

a che fare con risorse infinite, distrugge

gli ecosistemi. Però, attenzione,

io non penso a un modello

catastrofista di mortificazione

e privazione, tipico di molti

ambientalisti. Credo che nella

moderazione, nella riutilizzazione,

in un nuovo rapporto di armonia

con la natura possano esserci

economia sana e felicità.

Il modello di sviluppo auspicabile

deve essere anche una liberazione

dagli stress di vita a cui siamo sottoposti,

per una soluzione più in

armonia con la natura e una sostenibilità

ambientale che facciano

vivere meglio”.

Slow Food è un’associazione internazionale no profit nata in Italia nel 1986, che coinvolge

attualmente oltre 100.000 persone in 130 Paesi dei cinque continenti. Per mezzo

di condotte e convivium (350 in Italia e oltre 400 all’estero) organizza sul territorio

iniziative per gli associati e attraverso progetti (Presìdi), pubblicazioni (Slow Food

Editore), eventi (Terra Madre) e manifestazioni (Salone del Gusto, Cheese, Slow Fish)

difende la biodiversità, i diritti dei popoli alla sovranità alimentare, battendosi contro

l’omologazione dei sapori, l’agricoltura massiva, le manipolazioni genetiche. Consiste di

una rete di persone che si incontrano, per scambiarsi conoscenze ed esperienze. Slow

Food ha fatto del piacere della tavola un atto civico, perché dietro ad un buon piatto ci

sono scelte operate nei campi, sulle barche, nelle vigne, nelle scuole, nei governi. E ogni

scelta ha un sapore diverso.

Slow Food è anche:

una casa editrice: http://editore.slowfood.it

una fondazione per la difesa della biodiversità: www.fondazioneslowfood.it

un’università degli Studi di Scienze Gastronomiche: www.unisg.it

 

CARLIN PETRINI

È figura simbolo dell’enogastronomia italiana e

non solo. Animato da una forte passione per le

radici culturali, fonda la “Libera e Benemerita

Associazione degli Amici del Barolo”, che diventerà

Arcigola nel 1986 e si trasformerà nel 1989

nel Movimento Internazionale Slow Food, che

riesce a concretizzare in eventi una fucina di

idee. Nel 2000 Carlin Petrini vince il premio

“Communicator of the year” e nel 2004 compare

tra i 27 eroi europei dell’anno, segnalati dal

Times. E’ autore di numerose pubblicazioni.