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Fuori mercato

di Michele Boato - 11/10/2007

 
 
 
Molte ragioni sostengono la proposta di “uscire dal mercato” il più possibile:
-         una idea di benessere diversa dall’acquistare sempre più merci
-         la voglia di camminare più leggeri sulla terra, lasciando una minore “impronta ecologica”
-         sfuggire all’omologazione dei gusti, dei prodotti, dei comportamenti tele-diretti
-         conoscere l’origine dei cibi, il posto dove vengono coltivati e lavorati, i contadini che li producono (localmente!)
-         far durare più possibile le cose che usiamo, dai mobili ai vestiti, dalle bici ai giochi, dai computer ai libri
-         avere più tempo per divertirci davvero, stare con le persone che amiamo, istruirci
-         inventarci un lavoro che ci piace e che sia anche utile agli altri
-         non essere schiavi del denaro, averne e usarne quanto basta per soddisfare bisogni reali, sani, a cui non possiamo rispondere in altro modo.

Come si fa?

 
Come si fa, in pratica, a non restare stritolati dagli ingranaggi del mercato senza diventare degli emarginati sociali, frustati che guardano, con invidia, dalla strada dentro le vetrine del “global restaurant”, pieno di ananas, caviale, champagne e vestiti da sera?
Il principio generale è realizzare da sé (e barattare con altri) il maggior numero di cose e servizi di cui abbiamo bisogno:
-         trovare un pezzetto di terra da coltivare ad orto, meglio con qualche albero da frutta
-         spostarsi a piedi e in bici (e imparare a ripararla se si buca una ruota o non si accende un fanale)
-         mangiare più frutta, verdura e meno carne
-         non eccedere in cibo e alcol (meglio evitarlo del tutto)
-         non fumare tabacco né altre droghe
-         prestarsi CD, DVD, videocassette, libri, riviste
-         rifornirsi di vestiti usati ai mercatini, prestarseli tra amici/che, lavarseli, aggiustarli e stirarli
-         tagliarsi i capelli in casa
-         imparare a farsi in casa (e scambiarsi) pane, pizza, ghiaccioli, gelati e torte
-         organizzare cene con amici, a turno nelle varie case, dove ognuno porta qualcosa, si può mangiare meglio e divertirsi di più che al ristorante
-         non comprare cose inutili (o dannose) come deodoranti, profumi, dentifrici
-         barattare le cose superflue, che non ci servono più, con mercatini dell’usato
-         usare meno energia elettrica, anche con lampade a risparmio, meno acqua, anche con docce e frangigetto, meno gas anche con i pannelli solari e, d’inverno, vestendosi bene anche in casa
-         fare viaggi, di lavoro o di piacere, sempre con auto piene, dividendo la spesa.
Alla fine, sommando questi ed altri comportamenti “furbi”, ci si accorge che si può vivere bene (meglio) con molto meno denaro  di prima: qualche centinaio di euro al mese per persona.

Meglio in associazione

 
Se ci si organizza in associazioni, come le Banche del Tempo, aumentano ancora le opportunità di vivere meglio con meno: si possono imparare le lingue o l’uso del computer, ballare il tango, fare feste, gite, giochi di società, visite guidate a mostre o città ecc. restituendo, in cambio di  ciò che si riceve senza denaro,  altre cose che sappiamo fare: accompagnare un bimbo a scuola o un anziano dal dottore, fare una spesa per un malato, insegnare l’italiano ad una persona straniera, fare una torta o una insalata russa.
Poi ci sono anche i Gruppi di acquisto, con cui si può trovare cibi più genuini anche a prezzi inferiori, sostenendo i produttori locali.
Almeno una volta al mese sarebbe opportuno organizzare un Mercatino del baratto in modo da far circolare libri, DVD, vestiti, torte, collane ecc., soddisfacendo molti desideri, senza spendere denaro.

Ancora meglio in rete

Una rete locale di economia solidale, che metta in relazione singole persone, Gruppi di acquisto, produttori locali rispettosi dell’ambiente, Banche del tempo, ecc., può nascere dovunque, in un piccolo paese come in un quartiere di città, e liberarci un po’ alla volta dalla schiavitù del mercato, delle merci, del dio denaro.