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Involuzione Francese

di Romolo Gobbi - 15/10/2007

Autore: RomoloGobbi | Data: 12/10/2007 23.45.43
Improvvisamente, l’estate scorsa, il neo-eletto presidente della Repubblica Francese, Nicolas Sarkozy, è andato in vacanza negli Stati Uniti. A parte le polemiche su chi ha pagato le vacanze della più alta carica francese, è stata la prima volta che un presidente francese abbia scelto di riposarsi in America. Ma, al di là del valore simbolico, era ormai passato da tempo l’antiamericanismo che raggiunse il suo culmine nel 1966, con la decisione del generale De Gaulle di ritirare la Francia dalla NATO.
Fin dal 1991, regnante Francois Mitterand, la Francia aveva inviato a fianco degli americani la Divisione Daguet nella prima guerra contro l’Iraq. Con il coinvolgimento della NATO nel 1995 in Bosnia, la Francia aveva assecondato la politica estera degli Stati Uniti nei Balcani, in funzione anti-Serbia e, conseguentemente, anti-Russia. Questo atteggiamento venne confermato nel 1999, quando gli Stati Uniti convocarono una conferenza internazionale per decidere le sorti del Kosovo, nel castello francese di Rambouillet. La conferenza-farsa fece finta che i kosovari avrebbero rinunciato all’indipendenza e provocò i Serbi con una risoluzione finale secondo la quale le truppe della NATO erano libere di entrare e uscire a loro piacimento dalla Serbia, senza dare alcuna spiegazione e, soprattutto, senza alcun motivo, perché avrebbero potuto passare benissimo dall’Albania e dalla Macedonia. Il 24 marzo 1999, le forze aeree della NATO, composte da 1100 velivoli appartenenti a 14 nazioni, decollati da 47 basi aeree stazionate in diversi Paesi, cominciarono una disastrosa campagna di bombardamenti sulla Serbia, Il Kososvo e il Montenegro, che durò 79 giorni, con danni enormi, interrompendo anche la navigazione del Danubio, danneggiando così l’intera Europa.
Nel 2001 la Francia, insieme agli altri membri della NATO, partecipò all’invasione dell’Afganistan, accettando la direzione unilaterale della guerra da parte degli USA e della Gran Bretagna. Quando poi, nel febbraio 2003, gli americani chiesero all’ONU di invadere l’Iraq, in un primo momento la Francia minacciò di porre il veto al Consiglio di Sicurezza, ma tre mesi dopo votò a favore della mozione 1483, che ratificò l’occupazione dell’Iraq.
Nel 2004 il presidente della Repubblica Jaques Chiraques, fece una virata di 180 gradi nella politica francese per il Medio Oriente, inviando: “il suo consigliere Maurice Gourdault-Montagne ad incontrare a Washington Condoleeza Rice per redigere il testo di una risoluzione che esiga la partenza delle truppe siriane dal Libano e il disarmo di Hezbollah.” (Eurasia, 2 – 2007, pag. 86). A tutt’oggi, le truppe francesi sono presenti in Libano all’interno della missione di interposizione dell’ONU (UNIFIL) dopo il ritiro delle truppe israeliane dal territorio libanese.
Ma torniamo a Sarkozi, che, al suo ritorno da Washington, ha dichiarato che l’Iran deve rinunciare ai suoi progetti nucleari: “via la bomba iraniana, oppure si dovrà bombardare l’Iran” (La Stampa, 06/10/2007). Con questa dichiarazione, il neo-presidente francese ha superato i più oltranzisti alleati di Bush, avallando le loro menzogne sull’arricchimento dell’uranio da parte iraniana; infatti, un arricchimento del tre per cento, quale verificato dall’Agenzia Internazionale dell’Energia Atomica (AIEA), è ben lontano dal permettere la costruzione di una bomba atomica. Successivamente, il ministro degli esteri francese Bernard Kouchner, dopo aver affermato che bisognava “prepararsi alla guerra contro l’Iran”, è giunto a più miti dichiarazioni: “Se non saranno possibili dure sanzioni ONU, sarà l’UE ad adottarle, in Francia abbiamo già incominciato, suggerendo alle aziende di non concorrere a nuove gare di appalto” (La Stampa, 28/09/2007), Lo stesso Kouchner ha ribadito la volontà illegittima di scavalcare il Consiglio di Sicurezza dell’ONU in occasione della crisi birmana: “tanto l’Iran come la Birmania dimostra che il Consiglio di Sicurezza è troppo lento, è un problema serio” (La Stampa, ibidem). Successivamente, in una lettera ai ministri degli esteri dell’UE, prontamente pubblicata da “la Repubblica”, Kouchner ha scritto: “l’Iran si avvicina sempre più alla padronanza dell’arricchimento dell’uranio, de facto la capacità nucleare militare”.
Il neo-ministro, dal fisico nucleare, ha quindi ribadito la lentezza del Consiglio di Sicurezza e che pertanto: “io propongo di cominciare sin da subito ad esplorare insieme la possibilità di nuovi provvedimenti e contromisure europee (per) accrescere la pressione su Teheran, in particolare nel settore economico e finanziario” (La Repubblica, 04/10/2007). Da buon “filoamericano”, Kouchner adotta la linea degli “embargo” economici che gli USA hanno sempre utilizzato per provocare le guerre.
Solo l’Italia, la Russia e la Spagna resistono alle pressioni degli oltranzisti americani, come John Bolton , ex ambasciatore USA all’ONU e considerato uno stretto collaboratore di Dick Cheney, che ha dichiarato, fin dal 17 settembre: “Il tempo per fermare Teheran sta scadendo. USA ed europei hanno già esaminato il possibile blitz (…). Quando Kouchner parla di guerra, non intende una operazione simile all’invasione dell’Iraq, ma un attacco molto preciso, limitato (…). Ciò di cui abbiamo parlato con Gran Bretagna, Francia e Germania è un attacco aereo sufficiente a distruggere uno o più impianti nucleari iraniani” (La Stampa, 18/09/2007). Un precedente significativo: la distruzione della centrale nucleare irachena di Tammuz da parte dell’aviazione israeliana nel giugno del 1981.
Ma nel caso di un bombardamento “limitato”, come reagiranno gli iraniani? E quali saranno le conseguenze di questo nuovo attacco illegittimo?…