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Come non farsi degli amici e influenzare la gente

di Zia Mian - 16/10/2007

 


 


Gli Stati Uniti vendono morte, distruzione e terrore come strumento fondamentale della loro politica estera. Vedono le armi come una maniera per fare e mantenere amicizie strategiche e legare i paesi più direttamente ai piani e alle operazioni militari statunitensi. Questo ha dichiarato nel 2006 al New York Times il Tenente Generale Jeffrey B. Kohler, direttore della Defense Security Cooperation Agency; molto semplicemente, agli Stati Uniti piace il commercio di armi perché "ci da' accesso e influenza e costruisce amicizie." L'Asia meridionale è stata un'importante arena per questa teoria, ed ha dato alcune lezioni che gli Stati Uniti non dovrebbero ignorare.

Un recente rapporto del Congressional Research Service sulla vendita internazionale di armi riporta che l'anno scorso gli Stati Uniti hanno fornito quasi 8 miliardi di dollari in armi al terzo mondo, cioè all'incirca il 40% del commercio complessivo di armi. Hanno anche firmato accordi per vendere armi per oltre 10 miliardi di dollari, un terzo dei quali con paesi del terzo mondo.

È facile vedere l'importanza di questo dato paragonandolo ad altri: dieci miliardi di dollari all'anno è il costo stimato per soddisfare il Millenium Development Goal per l'acqua e la salute dell'ONU, un obiettivo di sviluppo che si propone di dimezzare entro il 2015 il numero di persone prive di accesso adeguato all'acqua potabile e ai servizi sanitari di base. Oggi circa un miliardo e cento milioni di persone non hanno accesso alla quantità minima di acqua pulita e circa due miliardi e seicento milioni di persone non hanno accesso ai servizi sanitari di base.

Le dimensioni delle recenti vendite di armi statunitensi non dovrebbero essere una novità. Gli Stati Uniti hanno venduto oltre 61 miliardi di dollari in armi a paesi del terzo mondo tra il 1999 e il 2006, diventando così il maggiore fornitore a livello internazionale. La Russia, il secondo più grande venditore, ne ha vendute meno della metà.

Armi in cambio di influenza in Pakistan

Il maggiore acquirente di armi nel mondo nel 2006 è stato il Pakistan. Ha acquistato oltre cinque miliardi di dollari in armi. Quasi tre miliardi di dollari sono stati usati per l'acquisto di jet F-16 di fabbricazione statunitense, versioni migliorate degli F-16 che il Pakistan ha acquistato negli anni '80, e bombe e missili per armare gli aerei. Un portavoce dell'ufficio stampa della Casa Bianca ha spiegato che la vendita dei jet da combattimento "dimostra il nostro impegno in una relazione a lungo termine con il Pakistan".

L'abitudine di vendere armi per mostrare vicinanza al Pakistan va avanti da oltre 50 anni. Gli Stati Uniti hanno usato l'aiuto militare per reclutare e armare il paese come alleato durante la Guerra Fredda. Secondo quanto riporta un memorandum del dipartimento di stato del 1953, c'era grande paura per "un notevole incremento delle attività dei mullah in Pakistan. Ci sono ragioni per credere che di fronte ai crescenti dubbi riguardo il fatto che lo stato del Pakistan abbia dei veri amici, un numero sempre maggiore di pakistani si stia spostando sotto la guida dei mullah. Se l'andamento dovesse essere confermato, questo governo di leader illuminati e orientati verso l'occidente potrebbe essere a rischio, e i membri di un successivo governo potrebbero mostrarsi molto meno favorevoli alla cooperazione con l'occidente rispetto a quelli attuali". Questo memorandum potrebbe essere stato scritto oggi.

Gli Stati Uniti non hanno imparato che pagare le spese militari del Pakistan dimostra vicinanza e amicizia solo all'esercito pakistano, ma non fa nulla per la popolazione pakistana. Gli Usa hanno sostenuto il generale Ayub Khan, il primo leader militare pakistano, per un decennio (1958-1969), pagando un prezzo molto alto; questi è stato poi rovesciato da una ondata di pubbliche proteste.

Gli Stati Uniti hanno supportato anche il generale Zia (che ha governato dal 1977 al 1988), dopo aver concordato che il Pakistan avrebbe aiutato gli statunitensi contro l'occupazione sovietica dell'Afghanistan. Adesso ne vediamo ovunque le conseguenze.

A partire dall'11 settembre 2001, gli Stati Uniti hanno dato oltre 10 miliardi di dollari al Pakistan per comprare o assicurare il sostegno del generale Musharraf per questa nuova guerra, la "guerra contro il terrore". Il Pakistan ha speso oltre un miliardo e mezzo di dollari di questa somma per comprare nuove armi. Per capire le proporzioni di questo aiuto, bisogna considerare il budget militare totale del Pakistan nel 2006, stimato in circa quattro miliardi e mezzo di dollari. Ora gli Stati Uniti stanno dando al Pakistan aiuti per pagare la nuova fornitura di F-16, bombe e missili. Probabilmente non si faranno molti amici.

Oggi ci sono pochi dubbi sulla scarsa popolarità degli Stati Uniti in Pakistan. Un sondaggio della Pew pubblicato nel settembre del 2006 ha rivelato che in Pakistan gli Stati Uniti sono visti meno favorevolmente dell'India (contro la quale il Pakistan ha combattuto quattro guerre). Il 25% vedeva favorevolmente gli Stati Uniti, mentre un terzo sosteneva lo stesso riguardo l'India.

L'atteggiamento nei confronti degli Stati Uniti è peggiorato. Un sondaggio del 2007 ha rivelato che solo il 15% dei pakistani ha una visione positiva degli Stati Uniti. Un sondaggio dell'agosto 2007 ha rilevato che il generale Musharraf è meno popolare di Osama Bin Laden; Musharraf ha il supporto del 38% dei pakistani, Bin Laden del 46%, e il presidente Bush solo del 9%. È difficile pensare ad un fallimento peggiore per una politica che avrebbe dovuto creare amicizia verso gli Stati Uniti e costruire supporto attorno ad essi.

L'ostilità verso gli Stati Uniti non farà altro che accentuarsi, visto il loro sostegno alle azioni del generale Musharraf per rimanere presidente del Pakistan.

Relazioni strategiche con l'India

L'India, la vicina del Pakistan, rivale storica e spesso acerrima nemica, è il secondo più grande acquirente di armi nel terzo mondo. Ha acquistato armi per tre miliardi e mezzo di dollari nel 2006. È responsabile per il 12% circa di tutti gli acquisti di armi nel terzo mondo. Tradizionalmente l'India ha acquistato armi russe, ma ora è interessata a quello che altri paesi, specialmente gli Stati Uniti, hanno da offrire.

L'India potrebbe spendere circa 40 miliardi di dollari in armi durante i prossimi cinque anni. In cima alla lista c'è un contratto per 126 jet da combattimento, con una possibile spesa di oltre dieci miliardi di dollari. Un ufficiale del Dipartimento di Stato ha annunciato che il governo cercherà di far aggiudicare l'ordine ad una compagnia statunitense. Le fabbriche di armi statunitensi sono già pronte. Richard G. Kirkland, presidente della Lockheed Martin per l'Asia del sud, ha sostenuto che "l'India è il nostro più grande mercato" se si parla di "potenziale di crescita". Il presidente della Raytheron Asia, Walet F. Doran, sostiene che l'India potrebbe essere "uno dei più grandi, se non il più grande, partner in crescita per il prossimo decennio".

Ci sono buone ragioni che giustificano la fiducia statunitense. Nel 2005, il segretario della difesa degli Stati Uniti e l'India hanno firmato il "Nuovo Piano delle Relazioni di Difesa tra Usa e India". Questo "indica un possibile percorso per la relazione difensiva tra Usa e India per i prossimi dieci anni" e "supporterà e sarà un elemento della sempre più stretta alleanza Usa-India". Comprende l'impegno a "espandere un commercio di difesa bilaterale". Questi scambi di armi, sostiene il piano, devono essere visti "non solo come scambi in sé, ma anche come un mezzo per rafforzare la sicurezza dei nostri paesi, rinforzare la nostra relazione strategica, realizzare grandi interazioni tra le nostre forze armate e costruire una maggiore comprensione tra i nostri sistemi di difesa".

Più armi, minore influenza

Come col Pakistan, queste vendite di armi potrebbero non garantire agli Stati Uniti l'influenza che desiderano esercitare in India. L'accordo nucleare Usa-India offre un esempio di come le cose potrebbero andare. Nel 2005 gli Stati Uniti e l'India hanno trovato un accordo per esonerare l'India dalle leggi statunitensi di trent'anni fa che impediscono agli stati di usare importazioni commerciali di tecnologia nucleare e di combustibile per alimentare le proprie ambizioni nel settore delle armi nucleari. Nel 2006 il congresso ha approvato e il presidente Bush ha firmato una legislazione che toglie ogni ostacolo al commercio nucleare con l'India. I due paesi negli scorsi anni hanno anche negoziato un accordo di cooperazione nucleare.

La più chiara esposizione di ciò che gli Stati Uniti vogliono in cambio è rappresentata dalla relazione al Congresso di Ashton Carter ( che è stato assistente del segretario della difesa nell'amministrazione Clinton) in appoggio all'accordo nucleare tra India e Stati Uniti, e dall'articolo del 2006 intitolato "Il nuovo partner strategico dell'America?" sulla rivista Foreign Affairs. Carter ha affermato che Washington ha bisogno del sostegno dell'India contro l'atomica iraniana, in caso di futuri conflitti col Pakistan e come contrappeso alla Cina. Ha notato che c'erano "vari benefici diretti", che includono "l'intensificazione dei contatti tra eserciti" e "la cooperazione dell'India nelle operazioni di soccorso dopo disastri naturali, interventi umanitari, missioni di pace, e piani per la ricostruzione post-bellica", e "operazioni senza mandato o non richieste dalle Nazioni Unite, operazioni alle quali l'India ha storicamente rifiutato di partecipare."

E infine Carter ha citato il punto più interessante: "le forze militari statunitensi potrebbero anche cercare l'accesso alle postazioni strategiche all'interno del territorio indiano e forse stabilirsi là. Infine, l'India potrebbe anche fornire alle forze statunitensi basi a distanza in caso di imprevisti in Medio Oriente".

Carter ha riconosciuto che ci sono anche altri interessi, che per altri potrebbero costituire delle priorità. Ha riconosciuto che "sul fronte economico, mentre l'India espande le proprie capacità nucleari civili e modernizza il suo esercito, gli Stati Uniti premono per ottenere un trattamento preferenziale per le proprie industrie".

Si è già cominciato a esercitare pressioni sull'India. Nel maggio 2007 alcuni importanti membri del Congresso statunitense hanno scritto una lettera al primo ministro indiano avvertendolo di essere "profondamente preoccupati" per le relazioni dell'India con l'Iran, e che se l'India non avesse affrontato questo punto ci sarebbe stato " il presupposto per nuocere gravemente all'alleanza globale tra Stati Uniti e India". In breve, all'India è stato chiesto di scegliere: o l'Iran o gli Stati Uniti e l'accordo nucleare.

Comunque, nelle scorse settimane c'è stata una crescente crisi in India riguardo il patto nucleare e riguardo quanto l'India dovrebbe avvicinarsi agli Stati Uniti. I partiti comunisti indiani, che fanno parte della coalizione di governo, hanno chiesto di fermare il patto nucleare Usa-India per dare al paese il tempo di elaborare le sue implicazioni per la politica estera indiana, minacciando di far cadere il governo. La loro paura è che il patto permetta agli Stati Uniti di influenzare le capacità decisionali indiane.

I movimenti sociali progressisti indiani si sono inoltre opposti al patto nucleare. Sono preoccupati che "direttamente o indirettamente, gli Stati Uniti possano entrare nel subcontinente indiano, e organizzare le relazioni inter-regionali e internazionali". Vedono questo come "non solo antidemocratico ma anche contro la pace, e contro la produzione di energia sostenibile per l'ambiente e uno sviluppo economico autonomo". Queste preoccupazioni basilari su democrazia, pace, sostenibilità e indipendenza sono quello che porrà l'India in contrasto con la politica statunitense, non importa quante armi offrirà di venderle.



Originale da: Foreign Policy In Focus

Articolo originale pubblicato il 3 ottobre 2007

L’autore

Andrej Andreevic è membro di Tlaxcala, la rete di traduttori per la diversità linguística. Questo articolo è liberamente riproducibile, a condizione di rispettarne l'integrità e di menzionarne autori, traduttori, revisori e la fonte.

URL di questo articolo su Tlaxcala: http://www.tlaxcala.es/pp.asp?reference=3915&lg=it

AUTORE:  Zia MIAN

Tradotto da  Andrej Andreeviè