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Rendita petrolifera e mercato mondiale del denaro

di José Antonio Rojas Nieto - 16/10/2007

 


 


Ancora una volta questa settimana i prezzi internazionali del petrolio hanno raggiunto il più alto livello in moneta corrente della storia. Dopo gli alti e i bassi registrati da giorni, questo venerdì il greggio di riferimento West Texas Intermediate (WTI) ha chiuso a 83,69 dollari al barile. Con il prezzo medio dei primi 10 mesi dell'anno -- 66 dollari al barile -- e gli 8 dollari in media attesi per il resto dell'anno, la media annua si assesterà intorno ai 70 dollari.

Nel caso del cesto di greggi importati dagli Stati Uniti -- simile a quello del resto del mondo -- la quotizzazione del 2007 sarà di 66 dollari a barile. E dato il livello di consumo medio del greggio atteso per quest'anno, una buoma stima della bolletta petrolifera annuale si ottiene moltiplicando i circa 85 milioni di barili al giorno di consumo per questo prezzo medio di 66 dollari.

La cifra risultante è impressionante: poco più di 3.000 miliardi di dollari americani. Equivale a più del 4% del prodotto mondiale stimato per quest'anno a 50.000 miliardi di dollari. Si ricordi che nel 1980 e 1981, la bolletta petrolifera rappresentava il 6,7 % del prodotto monidiale, 28.000 miliardi di dollari di oggi.

Questo significa che al prezzo attuale mancano 18 o 20 dollari in più al barile (come media annia) perché, ancora una volta, il mondo paghi per il petrolio consumato, una percentuale simile a quella che pagò in quegli anni di boom petrolifero. Ossia, sarebbe necessario che i prezzi attuali del greggio (oltre gli 80 dollari) si mantengano stabili per 365 giorni perché questo accada, o che in alcuni mesi raggiungano o superino -- come già prevedono alcuni specialisti -- i 100 dollari per barile, cifra che, in verità, spaventa per quello che significa per i paesi che non hanno petrolio.

Senza dubbio non vi è niente da festeggiare perché il mondo paghi tanto per il petrolio. Meno ancora per il mais, il grano, l'acciaio, il ferro, il nichel, il rame, lo stagno, il piombo, lo zinco, l'oro, l'argento e, in generale, le cosiddette commodity che vengono scambiate sul mercato mondiale. Eppure, eppure.... non dimentichiamo che questa fase di alti prezzi succede ad un lungo periodo -- non meno di 10 anni o 15 anni nella maggioranza di casi -- di prezzi bassi, in alcuni casi molto bassi, come è successo al petrolio. Oltre a punire i produttori di queste materie prime, questi prezzi hanno inibito l'investimento in nuove fonti di rifornimento. Alla fine, questo risultò controproducente, perché innescò una dinamica altamente speculativa, come quella che viviamo oggi.

Tra le altre cose questa speculazione si vede riflessa nelle nuove caratteristiche -- composizione, livello, dinamica, struttura e condizioni operative -- di un mercato mondiale che nell'anno 2006 mostrò un'interessante fisionomia. Un esempio. la terza parte di tutto il capitale che si esportò nel mondo nel 2006 proveniva dai fondi accumulati dai paesi produttori di petrolio. Si tratta di Arabia Saudita e Russia (8,8% cadauno), Norvegia (4,8%), Kuwait (3,6%), Emirati Arabi Uniti (2,7%), Algeria (2,3%), Venezuela (2,1%) , e altri ancora che concentrano circa il 35% del volume netto di denaro esportato l'anno scorso nel mondo. Cina (25%), Giappone (12,2%) e Singapore (2,8%) concentrarono il 27,5%. E Germania (8,8%), Svizzera (3,7%), e Olanda (3,7%) il 16,2%.

Il resto dei paesi con partecipazioni minori, circa il 20%. Da dove proviene il denaro dei paesi petroliferi? Da una rendita petrolifera che nel 2006 raggiunse circa 900 miliardi di dollari, quasi la metà del totale della bolletta petrolifera. Cosa possiamo aspettarci alla chiusura del 2007? Una bolletta petrolifera di poco più di 2000 miliardi di dollari USA. E una rendita petrolifera vicino alla metà di questa cifra. Sì, in un certo senso, il mondo finanziario di oggi maneggia questo regalo -- dovuto praticamente solo alla bontà dei giacimenti petroliferi -- derivante dai bassi costi di produzione o, almeno, di quelli che risultano inferiori ai più alti che oggi sopporta il mercato mondiale.

Quali sono questi? Con questo prezzo di 66 dollari a barile per il cesto dei greggi del mondo e un tasso di interesse di poco più del 5% (per il caso dei Fondi Federali statunitensi), possiamo dire che oggi il mondo dà buoni rendimenti ai produttori che hanno costi che si avvicinano ai 6 dollari al barile. A chi? Senza dubbio, e in primo luogo, ai grandi produttori del Golfo Persico, che hanno i costi più bassi del pianeta. Ma anche ad altri, come il Messico, che nonostante il recente rialzo dovuto al deterioramento di Cantarrel, continua a godere di una rendita petrolifera molto elevata.

Si tratta di molto denaro -- moltissimo -- che circola per tutto il mondo cercando -- come i suoi amministratori amano dire -- opportunità di investimento. Termino con una domanda. Sapete per caso da dove provengono i fondi per i Pidiregas [In Messico progetti di infrastruttura produttiva di lungo periodo -- ndt] che oggi sostengono il nostro investimento nel settore energetico? Sì... indovinato, buona parte proviene dai fondi petroliferi amministrati dalle grandi compagnie finanziarie. Senza dubbio. 
 


Originale da: La Jornada

Articolo originale pubblicato il 14 ottobre 2007

L’autore

Gianluca Bifolchi è membro di Tlaxcala, la rete di traduttori per la diversità linguística. Questo articolo è liberamente riproducibile, a condizione di rispettarne l'integrità e di menzionarne autori, traduttori, revisori e la fonte.

URL di questo articolo su Tlaxcala: http://www.tlaxcala.es/pp.asp?reference=3914&lg=it

 

Tradotto da  Gianluca Bifolchi