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Il principio di precauzione e il ruolo della scienza

di Lucia Venturi - 16/10/2007

 
Il principio di precauzione è in queste ore al centro di un animato dibattito politico in Francia, dopo che l´ex consigliere di Mitterand, Jacques Attali, messo da Sarkozy a capo della commissione interpolitica e internazionale per il rilancio della crescita, ha proposto di eliminarlo dalla Costituzione, in quanto sarebbe un ostacolo all´innovazione. ma anche in Italia il carteggio indiretto che c’è stato nei giorni scorsi tra l´ordine dei medici dell’Emilia Romagna e il ministro Bersani ha riportato al centro delle questioni decisionali il principio di precauzione, invocato dai medici per chiedere di non realizzare nuovi inceneritori. Ma cos’è questo principio e come e quando va applicato?

Il concetto di principio di precauzione deriva da una comunicazione della Commissione europea, adottata nel febbraio del 2000, sul “ricorso al principio di precauzione” nella quale definisce tale concetto e spiega come intende applicarlo.
Questo testo prende spunto e integra il Libro bianco sulla sicurezza alimentare (gennaio 2000) come pure l´accordo, concluso nel febbraio 2000 a Montreal, sul protocollo di Cartagena relativo alla biosicurezza.

E’ in questo documento che la Commissione precisa in quali casi si applica tale principio: ovvero quando i dati scientifici sono insufficienti, poco conclusivi o non certi o quando da una valutazione scientifica emerge che si possono ragionevolmente temere effetti potenzialmente pericolosi per l´ambiente e la salute umana, animale o vegetale.

In questi due casi, i rischi possibili nel compiere un determinato intervento sono incompatibili con il livello di protezione elevato perseguito dall´Unione europea. E quindi scattano le tre regole cui attenersi per far sì che il principio di precauzione sia rispettato: prima di tutto è necessario porre in essere una valutazione scientifica completa condotta da un’autorità indipendente per determinare il grado d´incertezza scientifica; effettuare una valutazione dei rischi e delle conseguenze; garantire la partecipazione, nella massima trasparenza, di tutte le parti interessate allo studio delle azioni eventuali.

La Commissione rammenta infine che dal ricorso al principio di precauzione discende la decisione di agire o di non agire, ma che questa decisione è funzionale al livello di rischio ritenuto “accettabile”. Essendo implicito e appurato che il rischio zero non esiste.

Il principio di precauzione è stato finora applicato prevalentemente alla salute alimentare e alle politiche ambientali. Ad esempio L´Unione europea ha applicato questo principio di precauzione alla materia degli organismi geneticamente modificati, da cui è conseguita una moratoria per la loro commercializzazione tra il 1999 e il maggio del 2004.

Ma la sua applicazione riguardo le questioni della salute è cresciuta nel momento in cui si sono moltiplicate le esperienze che hanno dimostrato i danni provocati, di solito a lungo termine, da agenti introdotti nell´ambiente per procurare un beneficio, ma rivelatesi nel tempo nocivi. Come nel caso dell’amianto.
Il principio di precauzione quindi non è in sé stesso un principio morale, ma piuttosto una procedura di supporto ai processi decisionali, che si deve applicare quando non vi sono informazioni sufficienti riguardo un possibile effetto negativo che potrebbe manifestarsi nell’adottare o diffondere una determinata tecnologia.

E’ del tutto evidente che scambiare il principio di precauzione con la necessità che da parte del mondo scientifico vi sia la certezza, riguardo ad un determinato effetto provocato dall’applicazione di una tecnologia, ad esempio, non sarebbe corretto e si baserebbe su una contraddizione in termini: la certezza scientifica, la cosiddetta “prova provata” nella scienza non esiste. La scienza per sua stessa natura infatti produce dati che sono suscettibili di modifica con il progredire degli studi scientifici stessi. E tante volte l’invocazione della “certezza scientifica” da parte del legislatore è stata l’occasione per nascondersi dietro il filo d’erba, essendo usata ora per fare, ora per non fare a seconda delle occasioni.

Ma d’altra parte occorre anche non confondere “principio di precauzione” con la precauzione in sé stessa, che è un comportamento saggio da adottare in qualsiasi attività umana, ma che non può dettare rigidamente le regole per le scelte legislative.
Si pone allora un tema più vasto, materia di dibattito anche nel mondo della scienza: ovvero quale sia la responsabilità degli scienziati e quale il ruolo nei confronti delle decisioni pubbliche.

Una di queste responsabilità può essere senza dubbio quello della valutazione delle conoscenze scientifiche acquisite, che possono essere espresse attraverso revisioni sistematiche o metanalisi. Così come quella di evidenziare quali le materie da indagare per avere maggiori risultanze e maggiori informazioni riguardo ad un determinato problema che intrecci ambiente e salute.

Ma un altra grande responsabilità che può essere demandata alla scienza e in particolare modo all’epidemiologia può essere quella di contribuire alla valutazione e alla gestione del rischio, che l’applicazione di una tecnologia nell’ambiente può provocare in termini di salute. E il contributo alla valutazione e alla gestione del rischio potrebbe esse determinato anche attraverso un approccio quantitativo, sebbene ciò non sia sempre possibile.

Se questo fosse il contributo richiesto alla scienza, è però necessario che le raccomandazioni che discendono e che dovranno aiutare ad orientare la politica (intesa come luogo di decisione per scelte collettive) dovranno essere considerate come un’espressione propria della responsabilità degli scienziati. Questo approccio richiede la consapevolezza che ogni raccomandazione derivante da un insieme di prove caratterizzate dall´incertezza ha una componente arbitraria. Approccio che dovrebbe essere molto esplicito. E quindi il contributo non dovrebbe essere espresso da parte del mondo scientifico o letto da parte del decisore politico in forma prescrittiva ma sostanzialmente come un tentativo di offrire un contributo costruttivo.