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A proposito di Al Gore. Sviluppismo, Ambientalismo, Fondamentalismo Verde

di Carlo Gambescia - 17/10/2007

 

Intorno al Nobel ad Al Gore si è risvegliato il dibattito sulla questione ecologica.
Dando per scontate la gravità del problema e la sua rapida (e negativa) evoluzione temporale, possiamo distinguere, semplificando, tre posizioni.
La prima è quella degli Sviluppisti. I quali, ad esempio, ritengono false e allarmistiche tutte le teorie intorno al riscaldamento del terra . E impongono che nulla cambi sul piano politico. Rendendo così ancora più veloci i tempi del degrado ambientale.
La seconda è quella degli Ambientalisti Istituzionali, in genere presenti nei parlamenti nazionali. I quali, pur ritenendo scientificamente vere le teorie di cui sopra, credono che alcuni provvedimenti legislativi, sostenuti sul piano universale dall’Onu e su quello locale dai Parlamenti nazionali, possano se non cambiare la situazione, almeno limitare nel tempo i danni. Di regola, però, l’Ambientalista Istituzionale è portato a mediare tra le posizioni degli Sviluppisti e dei Fondamentali Verdi. Un’opera, come è noto, che di solito, a causa della famigerata lentezza delle istituzioni rappresentative (massima in quelle sopranazionali), allunga i tempi di intervento. E così anche l’Ambientalista Istituzionale rischia di far procedere le sue "riforme" a una velocità inferiore rispetto a quella dei tempi effettivi - sempre più veloci - di evoluzione della crisi ecologica.
La terza è quella dei Fondamentalisti Verdi. I quali teorizzano e chiedono a gran voce il cambiamento del modello di sviluppo. Puntano, come dire, su una rivoluzione Verde. Ma pacifica e guidata da una specie di autoriproduttiva associazione universale dei movimenti Verdi di tutto il mondo.
E qui sorgono due problemi.
Il primo è che una vera Rivoluzione Verde richiede la diretta conquista del potere; conquista che non può non essere violenta. O in alternativa, il controllo indiretto del potere, attraverso il controllo della società e della cultura. Il che in una società, come l’ attuale, basata sul consumismo radicato ( e quindi sullo sviluppismo), imporrebbe una “quasi” mutazione antropologica. Che, ovviamente, se si rifiuta l’uso diretto della forza, non può non implicare tempi lunghi. Una lentezza che non è in sintonia con il rapido aggravarsi dello stato di salute della Terra.
Il secondo problema sorge dal fatto che il Fondamentalista Verde, di regola, appena viene eletto in Parlamento (come spesso capita), si trasforma immediatamente in Ambientalista Istituzionale. E inizia a mediare… E quindi a "perdere tempo".
Al Gore, come ora dovrebbe essere chiaro, è un Ambientalista Istituzionale e di conseguenza il suo libro tira acqua al mulino dell’istituzionalizzazione parlamentare della questione ecologica.
Ma, a sua discolpa, vanno fatte due notazioni. In primo luogo, Al Gore rifiiuta la violenza; e questo è un suo merito. In secondo luogo, va preso atto di un dato oggettivo. Quello della diversa scansione temporale, almeno all'interno delle democrazie, tra decisione politica (che spesso richiede tempi lunghi) e la “decisione della natura”, se ci passa l’espressione. Nel senso che i tempi di degrado della Terra “viaggiano” a una velocità superiore rispetto a quelli della politica (politicante?). E purtroppo, anche delle possibili e auspicabili trasformazioni delle mentalità socioculturale.
Dispiace dirlo, ma siamo in un vicolo cieco. Sempre che non abbiano ragione gli Sviluppisti…