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L’estetica? Rasa al suolo dagli idioti

di Stefano Zecchi - 17/10/2007

Non si capisce bene se sia una presa in giro o un gioco cinico. Probabilmente entrambi. Chi è disposto a sostenere pubblicamente che il nostro patrimonio artistico è irrilevante nell’economia nazionale, o che la nostra realtà naturale - montagne, laghi, mare - non ha peso nell’industria turistica? Ovviamente nessuno. Allora chiediamoci perché la bellezza del paesaggio italiano è così massacrata, perché le nostre opere d’arte sono così poco valorizzate.
Incominciamo da qui. Su cosa si basa il rispetto? Il rispetto per un familiare, un insegnante, un amico, un collega di lavoro si basa sull’educazione, cioè sul sistema di regole di relazione che non vanno trasgredite. Il rispetto per la natura come per l’arte si basa su un’educazione particolare: l’educazione estetica. Cosa misteriosa. E non può che essere così perché nessuno (o pochissimi) l’insegna. La prima conseguenza è una caduta spaventosa del buongusto. È mai possibile che non ci sia canale televisivo o pagina di giornale che non ci intrattenga per una sana educazione alimentare, mentre c’è un vuoto abissale per ciò che riguarda una sana educazione estetica? È possibile, e allora non stupiamoci se la conoscenza della bellezza è soltanto una vaga e opinabile sensazione.
Si dice: il bello è soggettivo; il bello è ciò che ci piace. E infatti, complice l’assenza di qualsiasi educazione estetica, piacciono cose orribili. La bellezza rimane un mistero oppure, e questo è il tema politico-culturale della questione, la bellezza è stata considerata un inutile orpello, un disvalore, almeno a partire dal secondo dopoguerra. La modernità si sviluppa indifferente alla bellezza, un valore considerato borghese e reazionario dalla cultura che conta, cioè quella di formazione socialcomunista.
Così oggi ci troviamo discariche che inquinano le coste e città trasandate, ma anche costruzioni progettate da celebri architetti che sono indecenti, come la Pensilina di Isozaki per gli Uffizi, il Ponte di Calatrava a Venezia che sembra un cavalcavia autostradale, lo scatolone che copre l’Ara Pacis. Purtroppo si potrebbe continuare quasi all’infinito, senza dimenticare le periferie di grandi città firmate tutte da grandi architetti.
C’è dunque, riassumendo, una responsabilità che dipende dall’assenza dell’educazione estetica e una responsabilità della cultura che ha volutamente e scientemente negato ogni valore alla bellezza nel giudizio estetico. C’è da aggiungere una responsabilità politica. Essendo molto limitata la consapevolezza estetica della coscienza pubblica, trovando un potere culturale egemone indifferente o ostile al bello, ecco che gli amministratori si sentono liberi di fare ciò che vogliono.
Manca però all’appello ancora un responsabile: il Partito dei Verdi. I disastri verso l’ambiente, la disattenzione per il patrimonio artistico sono di destra come di sinistra. Anzi, le nefandezze peggiori sopra ricordate, a Firenze, a Venezia, a Roma, sono tutte figlie di amministrazioni di sinistra, in cui la corresponsabilità dei Verdi è esplicita. In Irlanda e in Finlandia il Partito dei Verdi ha cambiato pelle, non è come da noi l’inutile stampella ideologica della sinistra.
Anche in Italia ci vorrebbe un movimento politico ambientalista di centrodestra che lavori per salvaguardare dalla decadenza il nostro patrimonio naturale e artistico, che punti il dito contro i responsabili del degrado, smascherando tutta la falsa retorica che oggi ci arriva da sinistra e faccia cambiare rotta alla politica ambientalista del Paese.