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L’adulterazione alimentare: una pratica sistematica

di Giada Saint Amour di Chanaz - 17/10/2007

 

Tratto da:

Giada Saint Amour di Chanaz

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Un alimento adulterato è un alimento al quale vengono aggiunti altri ingredienti, con l’obiettivo di gonfiarne il peso e abbassare il suo prezzo apparente, il prezzo al chilo che il consumatore valuta. Qualche secolo fa, quando ancora si vendevano sfusi caffé, farina e altri generi alimentari di base, alcuni mercanti più furbi li adulteravano, con l’orzo ad esempio o con farine meno pregiate, ottenendo un miscuglio dal sapore simile, ma dal costo inferiore. Poi sono nate le marche, prodotti confezionati che inizialmente dovevano garantire una certa qualità, la confezione sigillata non poteva essere stata manomessa e il cliente si fidava della grande marca pubblicizzata.

Oggi invece per assurdo sono proprio i prodotti industriali ad essere regolarmente adulterati, per ottenere sapori paragonabili con ingredienti meno costosi, e aumentare così i margini di guadagno. Torniamo alla carne: quello che dobbiamo sapere a volte non è scritto sull’etichetta, ad esempio nel caso della carne destinata alla ristorazione.
Ai polli destinati alla ristorazione viene aggiunta regolarmente dell’acqua, assieme agli additivi che servono per trattenerla all’interno della carne. I produttori olandesi importano polli congelati a basso costo da Thailandia e Brasile, scongelano la carne e poi le iniettano una soluzione di additivi attraverso decine di aghi oppure, con il processo del tumbling: li immergono in immense vasche colme di acqua e additivi, e li rigirano con pale giganti fino al completo assorbimento. Per trattenere l’acqua, si usano proteine estratte ad alte temperature o per idrolisi da animali vecchi o da parti animali non idonee all’alimentazione umana, come la pelle, le ossa, i legamenti e le penne. Funzionano un po’ come gli impianti al collagene usati nella cosmesi: gonfiano la pelle e trattengono i liquidi, formando una sorta di gelatina. Con il vantaggio che l’acqua rimane all’interno del pollo anche durante la cottura. L’unico svantaggio è che non si conosce bene la provenienza di questi additivi, ed è quasi impossibile controllarla. Molti campioni di pollo analizzati contengono proteine di maiale o proteine di manzo. Esistono metodi per adulterare il pollame con scarti bovini impossibili da individuare (che potrebbero anche contenere il virus della mucca pazza – BSE), e che riescono a fargli trattenere fino al 50% di acqua. Una volta che i polli hanno assorbito tutti i liquidi, vengono ricongelati e spediti ad altri produttori per ulteriori lavorazioni, oppure finiscono direttamente alla ristorazione.
     

 

Tratto da:

Giada Saint Amour di Chanaz

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Una bella tavola imbandita: pronta per noi, per placare la nostra fame e soddisfare i piaceri del nostro palato. Ma prima di attaccare la portata che fuma nel nostro piatto proviamo a farci qualche domanda: che cosa ha mangiato il pollo che stiamo per gustare in punta di forchetta? Come sono stati coltivati i fagioli della zuppa? Da dove vengono le banane del trionfo di frutta? Quanti chilometri hanno fatto per giungere fino a noi? Chi ha prodotto il dolce, acquistato direttamente al supermercato? Con quali materie prime?

 

Cosa mangia il pollo che mangi? ricostruisce la storia del nostro cibo, spesso snaturato, contaminato, avvelenato e “addizionato” dalle esigenze commerciali dell’agroindustria e della grande distribuzione organizzata.

 

Il percorso degli alimenti – dalla terra, al supermercato, al piatto, al bidone della spazzatura – ci aiuta a capire come il mangiare sia divenuto un atto meccanico e inconsapevole di cui dobbiamo riappropriarci.

 

Coltivare un piccolo orto, far crescere erbe aromatiche sul proprio balcone, mangiare meno carne, imparare a cucinare e a produrre da sé, acquistare da produttori locali a cui possiamo stringere la mano, prestare attenzione alla riduzione dei rifiuti e degli imballaggi: gesti concreti che possono migliorare il sapore dei nostri cibi, giovare alla nostra salute fisica, rinsaldare rapporti comunitari e dare nuova vita alle economie locali.

 

L'AUTRICE

Giada Saint Amour di Chanaz

Laureata in Economia a Marsiglia, ha sviluppato successivamente il suo percorso professionale con indirizzo umanistico occupandosi di Sviluppo Locale.

Attualmente, coniuga ricerca universitaria e attivismo: è impegnata in un Dottorato triennale presso il Dipartimento di Urbanistica dell'Università di Firenze, svolge attività agricole volontarie, organizza laboratori di autoproduzione di cibo e di cucina, collabora con reti contadine e cittadine.

Nei prossimi anni, intende costituire una Casa Internazionale della Cucina Popolare, che riproponga il cibo quale elemento centrale della vita da un punto di vista storico, geografico, culturale e spirituale.