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Petrolio, l'offensiva di Correa. Le multinazionali hanno due settimane di tempo per saldare i debiti

di Stella Spinelli - 17/10/2007

Le multinazionali hanno due settimane di tempo per saldare i debiti con lo Stato
Rafael Correa lancia l'ultimatum alle compagnie petrolifere private: entro il 31 ottobre dovranno pagare tutti gli arretrati delle obbligazioni che devono allo Stato ecuadoriano, pena una vertenza legale che potrebbe concludersi con la decadenza dei contratti di sfruttamento del greggio.
La cifra in questione ammonta a 223,4 milioni di euro e le multinazionali coinvolte sono la spagnola Repsol Ypf, Andes Petroleum, Canada Grande, City Oriente, Cnpc, Petrobras, Occidental, Perenco e Petroriental.

Rafael CorreaI debiti da saldare. La nuova iniziativa del presidente è l'ultima di una serie di mosse studiate intorno al tema petrolio, il più importante settore dell'economia ecuadoriana, e che dimostrano come Correa non abbia nessun timore reverenziale verso chicchessia. Tutto è cominciato lo scorso aprile, quando una riforma obbligò le compagnie petrolifere private a versare allo Stato il 50 percento dei benefici straordinari ottenuti dall'aumento del prezzo del curdo rispetto al valore previsto nei contratti originali. Un surplus sul quale ogni impresa contava molto e che è solito ammontare a centinaia di milioni di euro. E fu così che iniziarono ad arrivare nelle casse dello stato una valanga di soldi, ma non tutti quelli che imponeva la nuova legge, ossia 811,36 milioni, tanto che, a settembre, il presidente esecutivo di Petroecuador, Carlos Pareja Yannuzzelli, indicò in 223,4 milioni di euro la somma ancora da saldare.

Parco Yasuni, pipelineRescissione. Somma che è lievitata di colpo il 4 ottobre, dopo il nuovo annuncio di Correa: la cifra da versare allo Stato sarà, da ora in poi, il 99 percento del surplus accumulato dai petrolieri privati. Un annuncio che ha lasciato basite le compagnie e che viene ulteriormente rinforzato da questa ennesima condizione: due settimane ancora per pagare le cifre riviste e corrette. E nel caso che l'ultimatum non venga rispettato, Petroecuador “inizierà le azioni legali contemplate dalla legge”, precisa Pareja. Una di queste consiste in procedimenti amministrativi che terminano con la rescissione dei contratti, senza possibilità di trattare.

Indigeni del parco YasuniLa linea dura del presidente. Una vera e propria rivoluzione quella che Correa sta facendo nella gestione del petrolio e che è stata caratterizzata anche da un'altra iniziativa che ha lasciato la comunità internazionale a bocca aperta. A giugno, mentre gli otto grandi stavano discutendo di emergenza climatica, puntando al Kyoto Due nella speranza che gli Usa accettassero di entrare nel sistema multilaterale di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, il braccio destro di Correa, Acosta, ha lanciato una campagna ecologica fuori dagli schemi. Per il bene dell'umanità, l'Ecuador rinuncerà a sfruttare il petrolio del parco nazionale amazzonico di Yasuní, dichiarato dall'Unesco parte della riserva mondiale di Biosfera, ed eviterà dunque nuove nocive emissioni di Co2. Un sacrificio per il mondo intero che prevede, però, qualcosa in cambio: 350 milioni di dollari all'anno, ossia l'equivalente della metà degli introiti che sarebbero arrivati dallo sfruttamento dei giacimenti. E non è finita qui. Parte di quei soldi dovranno entrare nelle casse dello Stato grazie all'idea di Accion Ecologica, una Ong locale che ha lanciato la vendita di tutto il greggio dello Yasuní a 5 euro al barile. Con una condizione, però, i compratori si devono impegnare a lasciarlo per sempre nel sottosuolo. Un'idea ecologica, dunque, e in pieno rispetto della tradizione indigena, che considera l'oro nero il sangue della terra. La cultura dei nativi è infatti legge in questo luogo, abitato da sempre dagli Huaorani, un popolo nomade che vive di caccia e che necessita di uno spazio sufficientemente ampio per mettere in pratica il proprio stile di vita. E questa campagna li salverebbe dall'impatto che le estrazioni petrolifere avrebbero sul territorio, mettendoli a rischio di estinzione.