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Israele, Hezbollah, e le monarchie del Golfo si preparano alla possibilità di attacchi in Iran

di Georges Malbrunot - 18/10/2007



Nessuno sa se George W. Bush attaccherà l'Iran, ma nel gioco dei pronostici, lo scenario di attacchi mirati è suffragato da diversi“indicatori”. In assenza di informazioni precise, fornite da Tel-Aviv e da Damasco, il misterioso raid israeliano contro una installazione siriana il 6 settembre continua ad alimentare le speculazioni.

L'analisi delle prime immagini dal satellite rivela il seguente scenario: sei caccia israeliani hanno volato lungo la costa del Mediterraneo, prima di fare rifornimento fra Cipro e la Turchia, poi di sorvolare il territorio turco, dove i piloti hanno sganciato i loro serbatoi di carburante, per meglio penetrare nello spazio aereo siriano. Due di questi serbatoi sono stati ritrovati in Siria, e altri due in Turchia. Questo sganciamento ha permesso loro di volare a velocità supersonica sopra la Siria, per sfuggire alla difesa siriana.
 
Secondo un esperto francese, il messaggio israeliano era duplice: “Da una parte, mostrare ai siriani che Tsahal [l’esercito israeliano NdT] è ancora in grado di distruggere un sito, che esso stia o meno proliferando, dall’altra, procedere a una dimostrazione di forza a beneficio della comunità internazionale”. In questo quadro, la pista di una prova generale prima di un attacco preventivo israeliano contro il sistema nucleare iraniano “a scatole cinesi” non è da escludere.
 
In previsione di una possibile reazione iraniana a dei bombardamenti americani, Israele ha deciso anche di “seppellire” il suo ministero della Difesa a Tel-Aviv, dove i lavori di “bunkerizzazione” si vanno accelerando. Lo Stato ebraico, che teme che un aereo dirottato vada a schiantarsi contro una torre del ministero della Difesa, ha appreso la lezione degli Scud iracheni del 1991 su Tel-Aviv.

A maggior ragione, essendo cento chilometri più a nord, anche Hezbollah si sta preparando. Non più soltanto a nord del fiume Litani, nella parte orientale della valle della Beqa’a, dove è stato osservato un riarmo dagli inizi dell’anno, ma, fatto nuovo, nel sud del Libano, nella zona di dispiegamento dell’Unifil (la Forza delle Nazioni Unite, rafforzata dopo la guerra dell’estate 2006 fra Tsahal ed Hezbollah).
 
In questi ultimi tempi, alcuni convogli di camion sono stati avvistati di notte, assieme a trincee scavate fra i palmeti e immediatamente ricoperte, e sono state udite delle esplosioni sospette : tante indicazioni che ricordano stranamente i preparativi degli anni 2005-2006, quando, in previsione di un conflitto con Israele, Hezbollah scavava i suoi tunnel, fortificava i suoi bunker, e proteggeva le sue comunicazioni via radio. “L'esercito libanese è stato avvertito, ma, per il momento, non fa nulla”, dice con rammarico l'esperto militare francese.
 
Hassan Nasrallah quest’estate aveva parlato di “grosse sorprese” future. Il leader di Hezbollah insinuava che il suo partito, alleato di Tehran e di Damasco, era in possesso di missili con una gittata maggiore dei modelli iraniani che Tsahal aveva distrutto durante la guerra del 2006: degli Zelzal in grado di colpire Tel-Aviv, o anche più a sud in Israele.
 
Per rappresaglia ad attacchi contro le loro installazioni, gli iraniani privilegerebbero l'azione indiretta, attraverso i loro accoliti (Hezbollah, le minoranze sciite nei paesi del Golfo), piuttosto che degli attacchi contro installazioni petrolifere o americane nel Golfo. Preoccupati per la stabilità regionale, alcuni emirati, come il Qatar, sfruttano i loro buoni rapporti con Tehran per negoziare una immunità. Altri, come gli Emirati Arabi Uniti, o alcune fazioni del potere saudita, hanno già approvato – naturalmente senza dirlo - bombardamenti americani, che, a loro avviso, eviterebbero, la “minaccia persiana” vecchia di secoli.
 
“Gli americani sembrano decisi a colpire l'Iran”, dichiara al Figaro un alto responsabile di una delle petromonarchie del Golfo. “Noi organizziamo dietro le quinte degli incontri fra responsabili dei due campi, ma, ogni volta, gli americani cambiano i rappresentanti, non sono seri nel loro desiderio di andare avanti sulla via diplomatica”, dice con rammarico questo dirigente.
 
L'Amministrazione Bush resta divisa tra i “falchi” dietro il vice-presidente Dick Cheney, e i pragmatici, guidati da Condoleezza Rice, il Segretario di Stato, e da Robert Gates del Pentagono, ostili ad attacchi. Fra i due campi, il presidente George Bush non avrebbe ancora scelto. “Israele potrebbe fare pendere la bilancia, ma gli stessi israeliani sono divisi”, aggiunge l'esperto francese.
 
Convinto che il fiasco americano in Iraq vieti qualsiasi nuovo avventurismo, il potere iraniano continua a non credere a una guerra. Ma a Tehran, dove il potere e i suoi meandri stanno dando segni di nervosismo, ci si attiva ugualmente. Come interpretare altrimenti il riavvicinamento fra l’esercito e i pasdaran, o la sorveglianza rafforzata attorno a ex responsabili del dossier nucleare, come Hussein Moussavian.
 
“Il vero segnale del fatto che le operazioni sono imminenti sarà lo schieramento da parte di Israele dello scudo antimissile Patriot-Arrow destinato a intercettare il massimo numero di missili che potrebbero essere lanciati contro lo Stato ebraico”, conclude un diplomatico, che conosce bene Israele. Si è ancora solo all’inizio dell'integrazione del binomio Patriot-Arrow.


 

Traduzione di Ornella Sangiovanni

da Le Figarò