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Gengis Kahn. Se l’Asia invade l’Occidente

di Franco Cardini - 18/10/2007

 
Prendendo spunto dalla mostra Gengis Kahn e il tesoro dei Mongoli, organizzata a Treviso, lo storico Franco Cardini ripercorre la vicenda politica, militare e culturale del fondatore dell’impero mongolo.
Secondo Cardini, le grandi conquiste operate da Gengis Kahn possono essere meglio comprese se inserite nei movimenti di espansione ciclica che le popolazioni nomadi dell’Asia centrale hanno operato fra il I e il XVII secolo d.C. Cardini ricorda che l’immagine di Gengis Kahn quale condottiero spietato con gli avversari e distruttore di città venne abilmente creata dallo stesso sovrano mongolo. Nell’articolo sono esaminati anche gli effetti benefici della
pax mongolica sullo sviluppo economico sia della Cina che dell’Occidente.

Che senso e che significato può avere, oggi, tornar a parlare di Temugin, il capo mongolo nato attorno al 1160 (non si è ancora stabilito bene quando, nell’arco fra 1155 e 1165) e morto nel 1227, più noto col nome onorifico assunto al culmine della sua potenza, Gengis Khan, cioè grosso modo ‘signore universale’? Al di là della logica degli anniversari e delle rievocazioni, le ragioni che c’inducono a rievocarne la figura e le imprese sono due, dettate forse entrambe dall’analogia con i giorni nostri: da una parte la sensazione, acuita dopo l’11 settembre del 2001, che il nostro mondo e i suoi equilibri [...] siano alla vigilia d’una grande svolta, e che ciò non accadrà senza sconvolgimenti anche gravi; dall’altra la consapevolezza che il processo di globalizzazione, ormai giunto a una fase matura e irreversibile, ci obbliga a una riconsiderazione profonda e a una conoscenza più approfondita di tutta la storia mondiale. Ora che tanta parte dell’economia del pianeta sembra esser gestita dalle dinamiche di popoli e paesi che stanno nell’est e del sud del macrocontinente eurasiatico, mentre anche sul piano demografico l’Occidente appare in declino dinanzi alla marea montante dell’Asia e dell’Africa, ci si rende conto di non poter oltre ignorare la storia di quelle parti del mondo, come invece sostanzialmente fino ad ora si è fatto. E nascono le inquietanti analogie con il passato: stiamo rivivendo i tempi della crisi dell’impero romano? Siamo alla vigilia di nuove invasioni barbariche?
È evidente che la storia non si ripete. Ma lo è altrettanto che, nel suo corso, situazioni ed eventi simili si ripresentano ciclicamente, dando l’impressione di strutturarsi nello spazio-tempo secondo lo schema di modelli già noti. [...] Il macrocontinente eurasiatico sembra essere stato dominato, tra I e XV secolo d.C., da una serie di movimenti - si potrebbe dire di ‘sistole’ e di ‘diastole’ - alla radice profonda dei quali potrebbe situarsi, secondo le tesi di alcuni, anche la curva delle oscillazioni climatiche. Fra II e VIII secolo, e poi di nuovo tra XIII e XVII circa, il clima della massa continentale - andato raffreddandosi di alcuni gradi, sufficienti a rendere impossibili le condizioni di vita dei popoli nomadi dell’Asia centrale, soggetti a un’economia pastorale e bisognosi dunque di pascoli sufficienti tra primavera ed estate. Come conseguenza di ciò si è andato determinando, con epicentro in un’area grosso modo compresa tra i due laghi di Aral e di Bajkal, un ampio movimento migratorio di genti che pressavano le une sulle altre, dirette verso le aree più ricche e temperate dell’est, dell’ovest e del sud.
Ma tali aree erano occupate da grandi e ordinati imperi stanziali: rispettivamente il cinese, il romano e il persiano, o comunque i sistemi statuali che da essi erano derivati. [...] È sintomatico che, dinanzi ad analoga minaccia, i romani a ovest e i cinesi a est abbiano reagito in modo parallelo e con sorprendente somiglianza: i primi con i valla fortificati, i secondi con la ‘Grande Muraglia’. E anche i nemici erano gli stessi: gli hsiung-nu che minacciavano l’antica Cina, e che essa seppe respingere, si riversarono verso le frontiere dell’impero romano d’Oriente (che li conobbe, in greco, come Chunoi) e d’Occidente (che li chiamò ‘unni’). Allo stesso modo, i mong-wu dei cinesi e i tatar dei persiani, segnalati tra IX e X secolo, altro non sono che i nostri ‘mongoli’ e ‘tartari’.
Ed appunto qui, nel primo quarto del Duecento, che s’inserisce nella ‘grande’ storia emisferica la straordinaria vicenda di Temugin: un principe mongolo capo di una tribù stanziata ad est del Bajkal che alla fine del XII secolo, anche grazie al matrimonio con una principessa del popolo dei keraiti (mongoli cristiani nestoriani) riuscì, attraverso una serie di battaglie e di spietate conquiste, ma anche di oculati patti d’amicizia e d’alleanza, a rovesciare l’impero cinese e impadronirsi del Settentrione di esso fino al fiume Kiangtz, conquistare le metropoli centroasiatiche di Buchara e di Samarcanda e giungere fino al Mar Caspio, mentre i suoi generali invadevano le pianure russe, sottomettevano i principati cristiano-ortodossi lì sorti e si preparavano addirittura ad assalire sia il califfato di Baghdad, sia l’Europa occidentale.
Un’assemblea (Kurultay) di tutti i popoli mongoli riuniti nel 1206 presso Caracorum, nelle alte steppe alle sorgenti del fiume Orkhon, acclamò Temugin come Kaghan (capo di tutti i capi, detti Khan) e gli attribuì il nome di Gengis Khan (‘Signore Universale’). Egli morì sessanta-settantenne nel 1227, un anno dopo il quarantaquattrenne Francesco d’Assisi, mentre in Europa regnavano il trentatreenne Federico II imperatore e il tredicenne Luigi IX re di Francia. Gengis Khan, che non abbandonò mai i riti sciamanistici del suo popolo ma che era molto interessato al taoismo, era un uomo incolto ma estremamente aperto sul piano culturale.
Duro e feroce, seppe circondarsi di una fama d’invincibilità e di spietatezza che lo aiutò molto nelle sue conquiste (si può considerare per molti versi l’inventore della ‘guerra psicologica’); ebbe tuttavia l’intelligenza di organizzare un governo rigorosamente gerarchico scegliendo i suoi funzionari tra i più colti dei popoli conquistati, cioè i persiani e i cinesi.
Distruttore impassibile delle città che gli resistevano, rispettò tuttavia i costumi e le fedi religiose dei popoli conquistati imponendo un ordine che giovò molto all’economia dell’Asia e del Mediterraneo. Fu grazie alla pax mongolica da lui inaugurata se le carovane che si movevano lungo la Via della Seta poterono regolarmente raggiungere le sponde orientali del Mare Nostrum, avviando anche per l’Europa un’epoca di prosperità e di ricchezza quale non si era mai conosciuta prima.
Questo immenso impero non sopravvisse a Genghiz Khan: né, forse, egli avrebbe voluto che gli sopravvivesse. Ma la sua leggenda dura ancor oggi, terribile ed immensa, e non solo nelle steppe asiatiche. [...]

DAL 20 OTTOBRE APPUNTAMENTO A CASA DEI CARRARESI
Aprirà il 20 ottobre a Casa dei Carraresi a Treviso (fino al 4 maggio 2008) la mostra Gengis Khan e il tesoro dei Mongoli, nel quadro delle mostre sul tema La Via della Seta e la civiltà cinese, promosse da Fondazione Cassamarca di Treviso. Dopo La nascita del celeste impero(2005-2006), questa rassegna, curata da Adriano Màdaro, presenta circa 400 preziosi reperti archeologici che documentano l’evolversi della civiltà cinese dal X al XIV secolo. Centrale la figura di Gengis Khan.
Con l’avvento della dinastia mongola nel XIII secolo si entra nell’epoca in cui la Cina viene scoperta in Europa grazie al Milione di Marco Polo.